Il successo di Greg Louganis
Archiviata l’ultima pausa (per noi) per le qualificazioni mondiali: incapaci di avere ragione dell’Armenia, ci siamo condannati a non essere testa di serie. Può essere un problema, può essere uno stimolo (per fare di più tra qualche mese, in Brasile). Però una soddisfazione se n’è andata: 2-2 contro la Danimarca, e i nordici che perdono anche il treno per essere la migliore seconda. Insomma, abbiamo restituito un favore lungo nove anni. (Poi, continuando con le ironie, sentire Benzema dire che «I playoff non ci fanno paura» fa pericolosamente pensare a Thierry Henry.)
Detto questo, si torna alla routine di sempre; e non è detto che sia un male. Che poi, tanto routine non sarà, ora che il passaggio di consegne nella proprietà interista è stato portato a termine (ne avevamo parlato già in estate, su queste stesse colonne, e lo abbiamo ribadito ieri).
Forse, però, prima di tornare alla carica sul campionato (che comunque si fermerà di nuovo tra un mese, per l’amichevole di lusso Italia-Germania), possiamo permetterci di svariare fuori dal calcio. C’è un tempo per ogni cosa, e il ritorno dei campionati può aspettare fino a domani. Specie quando la notizia viene da Greg Louganis.
Tuffatore cinque volte campione del mondo e con quattro ori olimpici: accoppiata di trampolino e piattaforma sia a Los Angeles che a Seul, e a Mosca non poté andare per ovvi motivi, impedendogli qualche altra probabile vittoria. Ma, oltre al campione, l’uomo senza compromessi: il nome (Gregory Efthimios Louganis) parla di una famiglia greca, ma la realtà è ancora più complessa: adottato a nove anni da una famiglia di immigrati, il suo sangue è un incrocio che viene dalle isole Samoa e dalla Svezia. Argento olimpico a 16 anni (Montréal) dietro al nostro Klaus Dibiasi, poi furono solo successi.
Un uomo invincibile, si potrebbe pensare. E invece si pensi alla vita di chi vince tutto, regolarmente, sapendo di essere destinati a un certo tipo di fine. Negli anni Ottanta, essere sieropositivo non era qualcosa da sbandierare (ancor di più quando, oggettivamente, l’HIV era molto meno conosciuto di oggi). Perché Louganis è omosessuale, e ha contratto l’HIV. (A uso del lettore: le due cose non sono necessariamente legate.) E ne ha parlato apertamente solo dalla fine degli anni Ottanta in poi.
Per assurdo, forse, il punto di maggior notorietà di Louganis si è avuto dopo la sua ammissione di essere sieropositivo (nel salotto di Oprah Winfrey, nel 1995): e non tanto per il fatto in sé, quanto perché lo aveva scoperto sei mesi prima dell’Olimpiade coreana, nella quale aveva avuto un brutto contrattempo: durante un tuffo dal trampolino, sbatte la testa e comincia a sanguinare. Interviene il medico, ordinaria amministrazione, si pensò al momento. Senza sapere dell’HIV. Dieci minuti per intervenire, Louganis poi si ripresenta al trampolino: triplo avvitamento, e fa il singolo punteggio più alto delle qualificazioni.
Ora, tanto per cominciare: la cute non ha ricettori per l’HIV, quindi il rischio non c’era (ci sarebbe stato nel caso che anche il medico avesse una ferita aperta); rischio zero anche per i colleghi, per gli stessi motivi (aggiunti all’estrema diluizione nell’acqua). Però non sempre si riesce a razionalizzare così, chiaro. Ancora: al momento di chiudere la carriera, proprio a Seul, vince chiudendo con il Tuffo della Morte: triplo e mezzo rovesciato raggruppato, salto perfetto, e oro riacciuffato per poco più di un punto. E quello era lo stesso tuffo con cui aveva visto morire, alle Universiadi di Edmonton (1983), il georgiano Sergei Chalibashvili.
Non so voi, ma la notizia che Louganis si sia sposato non mi stupisce né colpisce in modo particolare. Nel senso che, al mondo d’oggi, dovrebbe essere normale. E invece voglio pensare che una persona che già ha passato di tutto (inclusi tentativi di suicidio e una violenza sessuale, da ragazzo), che ha vinto di tutto, che è stato sulle copertine dei giornali, ha partecipato a svariati film e ha avuto tutto il successo possibile, già sa come morirà, e comunque programma il suo futuro con la persona che preferisce. Pensatela come volete, sull’AIDS e sull’omosessualità: la lezione, in ogni caso, mi pare autoevidente.