I 60 anni di Paulo Roberto Falcão

Paulo Roberto Falcão festeggia oggi sessant’anni. Al fuoriclasse brasiliano, la Roma giallorossa è legata da un filo indissolubile di ricordi. Il ‘Divino’ Falcão, l’’Ottavo Re di Roma’, questi gli appellativi che si guadagnò nei suoi cinque anni di permanenza giallorossa, coronati dallo storico scudetto della stagione 1982-83, atteso dalla città intera per quarant’anni e soltanto sfiorato due stagioni prima.

Stella dell’Internacional di Porto Alegre, Falcão si era già distinto in patria vincendo più scudetti e figurando come miglior giocatore del campionato brasiliano. Già nel giro della nazionale, mancò ai mondiali del ’78 in Argentina per aver dichiarato di non voler fare la riserva.

Falcão arrivò alla Roma nel 1980, dopola riapertura delle frontiere con l’estero, voluto dal presidente Dino Viola. Per la verità, la piazza stava attendendo un altro asso brasiliano, Zico, (che qualche anno dopo militò nell’Udinese) la cui fama all’estero era superiore a quella di Falcão. Ma ben presto, tutti si resero conto della grandezza assoluta di quel giocatore biondo e riccioluto e nessuno ebbe mai un rimpianto.

Dopo un periodo di ambientamento, ‘Paulo Roberto’ iniziò a dimostrare tutto il suo immenso talento. Centrocampista di intelligenza notevole, tra i migliori di sempre per capacità tattica, repertorio completo in fase difensiva ed offensiva, divenne il “todocampista” della Roma di Liedholm, l’uomo con le redini del centrocampo. Gran tocco di prima, orchestrava il gioco indossando un numero di maglia che in Italia vestivano solo gli stopper: il 5, da allora, rimasto legato al mito di Falcão. In breve, i radiocronisti prima e poi i tifosi tutti, mentre si meravigliavano per le prodezze tecniche di quel giocatore, iniziarono a chiedersi come si pronunciava quel cognome dallo strano accento circonflesso: così fu “Falcòn”, “Falcau”, finchè la pronuncia non si assestò su una lettura aderente alla scrittura, anche se a Roma la “l” mediana restò comunque una “r”.

In molti si ricordano bene le sue prodezze: quando durante una partita, probabilmente con l’Inter, stava inciampando sul pallone e restò in piedi semplicemente percorrendo alcuni passi in equilibrio sopra il pallone. O la volta in cui salvò un gol sulla linea di porta e nel ribaltamento di campo andò a concludere in rete la stessa azione. Oppure un assist di tacco volante a Pruzzo, durante un Roma–Fiorentina.

Celebre anche l’episodio della sua espulsione contro l’Inter per una durissima entrata frontale a piedi uniti su Beppe Baresi. Un gesto che in realtà per il brasiliano era assolutamente legittimo e che in Brasile era noto come “carrinho”. Ma l’allora arbitro Agnolin non volle ascoltare la spiegazione e nell’accompagnarlo fuori, gli slogò addirittura una spalla.
Il trionfo, ovviamente, coincise con l’anno dello scudetto. Negli annali, un suo gol decisivo per la vittoria in trasferta a Pisa, coronamento di una prestazione sontuosa. Di lui, Nils Liedholm diceva che aveva nei piedi la stessa abilità delle mani.

Una serie di infortuni al ginocchio, ne condizionarono il rendimento negli anni successivi allo scudetto. E proprio ad un ginocchio dolorante, pare sia stato dovuto il “gran rifiuto” di tirare un calcio di rigore, nella finale di Coppa dei Campioni dell’84, giocata all’Olimpico contro il Liverpool.
Per Falcão, pare si sia scomodato anche Giulio Andreotti, quando intervenne personalmente per evitare un trasferimento all’Inter ormai dato per concluso, intercedendo con il presidente nerazzurro Fraizzoli.

Anche fuori dal campo, Falcão dimostrava di avere la città di Roma ai propri piedi. Molte le “memorabilia” che possono essere citate, per ricordare il clima di un’epoca. Testimonial della Barilla – allora sponsor della Roma – con lui spesso si vedeva il “fratello di latte” Pato, estroverso giornalista che per molti anni ha poi caratterizzato le trasmissioni radiofoniche e televisive locali.
Nel primo “Vacanze di Natale”, del 1983, due tifosi romanisti (uno dei quali interpretato da Claudio Amendola) lo citano mentre stanno commentando una ragazza:

“ Si è discreta, un 7 e mezzo, quasi 8”.
“ No, no io je dò pure 9”.
“ Errore, 9 in pagella, si dà solo a Falcão”.
“ Errore tuo, a Falcão io je dò 10!”

Come fu per Maradona, anche Falcão rimase coinvolto in una vicenda giudiziaria, per il riconoscimento di un figlio naturale. E Moana Pozzi, nelle sue memorie, scriveva di aver avuto un flirt con Falcão.
Del resto era un bell’uomo, e ci piace ricordare anche una canzoncina semplice, simile ad una filastrocca, nota in quegli anni a Roma e cantata in un improbabile italiano ‘portoguesizado’ da George Ben, che faceva anche il verso alle varie storpiature delle radiocronache nella pronuncia del nome del campione brasiliano: “In Italia c’è un bello uomo che vive in Roma che vive in Roma, un simpatico calciatore che gioca con anima e il cuore, che chiama il pallone amore mio e il gol tesoro mio. Questo uomo, questo principe, questo genio, questo mago, questa meraviglia, questo artista, questo bravo, questo umano si chiama: Falcão, Falcão, Falcone, Farsao, Falcou, Farsou, Falcone, Falsao, Farcao, Farson. Ciao ciao, ciao ciao, Ciao ciao, Falcão”.

Per chi volesse concedersi qualche minuto di allegria, ripensando ai tempi di Falcão, ecco di seguito il video:

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Paolo Chichierchia