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Napoli è da sempre una città che brucia di passione per il calcio e dove il calcio non va mai in vacanza, anche quando lo sport più popolare del mondo lascia gli stadi e si trasferisce sotto l’ombrellone.

E nel capoluogo campano l’azzurro partenopeo ha lasciato spesso il posto a quello nazionale, tranne quella volta che il San Paolo ha sentito l’obbligo morale di sostenere quel campione argentino (che chiamano D10S) che dopo decenni era riuscito a trasformare i suoi sogni in realtà. Finì come tutti sappiamo, era la semifinale di Italia ’90, perdemmo ai rigori e le notti magiche andarono a sbattere sui guantoni di Goycochea.

Quella semifinale fu caratterizzata dall’attesa e dalla tensione? L’impianto di Fuorigrotta era già abituato a quel clima, perché nell’Europeo del ’68 la semifinale tra Italia e Unione Sovietica fu decisa dal famoso lancio della monetina. Dopo la paura il blocco azzurro corse ad abbracciare Facchetti (unico presente al “testa o croce”, per regolamento)  e Napoli portò ancora fortuna allo storico terzino sinistro, visto che in maglia azzurra era sempre uscito dal San Paolo con un sorriso. Fortuna che accompagnò il gigante di Treviglio anche nell’ultima apparizione in nazionale alle pendici del Vesuvio, quella del gol in tuffo di Gigi Riva alla DDR (Germania Est):per “Rombo di Tuono” fu il sedicesimo sigillo in Nazionale.

Se lo scialbo 0-0 con la Turchia fu un anticipo della deludente partecipazione alla decima Coppa del Mondo (in Germania Ovest nel 1974), agli Europei del 1980 non andò benissimo, nella “finalina” per il terzo posto gli azzurri furono battuti ai rigori dalla Cecoslovacchia. Dagli undici metri sbagliò Collovati, ma lo stopper friulano si riscattò un anno dopo, quando realizzò la rete decisiva nell’uno a zero contro il modesto Lussemburgo, suo terzo centro con la maglia azzurra.

Quindici mesi dopo il trionfo “mundial” (nell’ottobre del 1983)   lo stadio di Fuorigrotta non portò bene agli uomini di Bearzot, bruscamente sconfitti dalla Svezia (0-3) quando la qualificazione agli Europei in Francia era già un miraggio. Passarono quattro anni per pareggiare il conto con gli scandinavi, sconfitti al San Paolo da una doppietta di Vialli (2-1).

L’Italia tornò a Napoli sette anni dopo la semifinale di Italia ’90 e, alla quarta partita ufficiale di Fabio Cannavaro in maglia azzurra.  sconfisse 3-0 la Polonia grazie alle reti di Maldini, Di Matteo e Roberto Baggio. Fu una notte speciale per il “divin codino”, tornato in Nazionale dopo un anno e mezzo.

Dopo quella gara con l’Argentina sembrava che il feeling tra l’Italia e il capoluogo partenopeo fosse scemato, ma certi amori che sembrano ormai passati ritornano prepotentemente: 15 novembre 1997, stadio San Paolo, match di ritorno dello spareggio con la Russia per l’accesso a France ’98. Fuorigrotta accolse con grande affetto la squadra di Cesare Maldini e Pierluigi Casiraghi firmò la lettera di ringraziamento timbrando il tredicesimo gol in azzurro e l’ 1-0 che portò gli azzurri ai Mondiali.

Dopo la sconfitta patita dalla Danimarca nella gara di qualificazione agli Europei del 2000, nel post mondiale asiatico il San Paolo abbracciò il neo capitano Cannavaro come un figlio che tornava a casa dopo tanti anni, anche se con la valigia vuota. C’era ancora una Coppa del Mondo da conquistare, per esibirla ai fratelli partenopei e a mamma Napoli, cosa che fece nel settembre del 2006 nella gara contro la Lituania (1-1), valevole per le qualificazioni all’Europeo 2008. Quel trofeo tanto sognato da ragazzino, quando Fabio si affacciava alla finestra e vedeva il suo stadio così vicino. Da Cannavaro a Insigne, dalla Lituania all’Armenia. Napoli è pronta ad accogliere un altro figlio.

 

Si ringraziano Antonio Capotosto e Luca Baiera per la collaborazione.