Ce lo doveva venire a dire Mourinho che esiste una “cultura del tuffo”?
Lo Special One ha puntato il dito contro Balotelli e Neymar, colpevoli in Champions di aver simulato voli plastici con abilità da trampolino, per ottenere l’indebito vantaggio di un rigore il primo e di un’espulsione procurata, il secondo.
Per la verità, il tecnico dell’Ajax, Frank De Boer, per descrivere il gesto di Balotelli aveva già fatto riferimento ad un’altra prestazione ad alto contenuto aerobico, dichiarando senza mezzi termini “Balotelli ha fatto un ippon”. Non dev’essere andata giù facilmente ai lancieri di Amsterdam, sfavoriti dalla concorrenza nel girone, aver dovuto rinunciare ad una vittoria fondamentale per il proprio percorso.
Su Neymar invece si era già espresso chiaramente il grande Josè Altafini quest’estate, durante le telecronache della Confederations Cup. “Neymar è forte, ma dovrebbe imparare a tenersi in piedi” è il succo delle critiche mosse dal telecronista degli enfatici “golassi”, ma anche ex grandissimo attaccante. Doveva tornare lui, a dircelo.
Ora, quanto alle critiche di Mourinho, sarebbe facile liquidarle rivolgendogli l’invito a curarsi il proprio giardino, magari rintracciando, abbastanza facilmente, uno o due motivi per i quali segnalare al tecnico portoghese i propri limiti caratteriali e passare sopra la questione.
Certo, quando ad avvantaggiarsi della messa in scena è la nostra squadra, è più facile convincersi intimamente che certi episodi alla fine si compensino nell’equilibrio cosmico, che comunque alla fine la squadra avrebbe meritato ai punti per aver suonato sul campo quell’avversario sfavorito che, come il primo Rocky comunque non era voluto cadere, o magari ricordare che c’era un episodio precedente – anche di anni – sul quale invocare un conto aperto e via così, non senza una punta di compiacente ipocrisia. E per sostanziare il discorso, si può sempre aggiungere che è stato un “pollo” il difensore a cascarci, no?
Senza contare poi, l’ausilio della moviola. Se Zenone aveva potuto dimostrare il paradosso di Achille e la tartaruga, ipotizzando che, scomponendo all’infinito l’intervallo di tempo in cui avveniva la rincorsa, si poteva dimostrare che il piè veloce non avrebbe mai raggiunto la testuggine in quanto il movimento è illusione, figuriamoci se sotto gli zoom scomponibili delle telecamere non si possa riuscire a trovare una mano sulla spalla, un intralcio procurato o uno spazio di luce negato: “Il regolamento parla chiaro”, possono sempre giustificarsi, come se fossimo in pretura. E poco importa se sia frutto di una consapevole mossa della disperazione di fronte ad un risultato bloccato mentre finiscono i minuti di recupero o se il contatto nasca da un piede pigramente strascinato alla ricerca di una gamba che in allenamento avrebbe saltato anche un ragazzino degli allievi. Se il tuffo è fatto bene, se è soddisfatta la regola aurea di Boskov, per cui “rigore è quando arbitro fischia”, tutto il resto poi finirà presto in cavalleria. La storia, da sempre, la scrivono i vincitori.
Ma davvero, siamo convinti che questo sia il calcio che ci piace? Mourinho ha ragione, qualunque siano le sue motivazioni.
I tuffatori andrebbero fischiati, magari anche dai propri tifosi, gli allenatori dovrebbero uscire in sala stampa a fine partita per dire “non mi piace vincere così”, i tifosi dovrebbero lamentarsi perché la propria squadra non riesce a segnare su azione, gli attaccanti magari preferire il brivido di andare in gol rimanendo in piedi dopo una spallata e i giornalisti dovrebbero esporsi criticando gli arbitri che sbagliano, facendo il coro alla federazione, finalmente non più muta. I simulatori andrebbero ammoniti più facilmente e i moviolisti dovrebbero poter tornare a dire – come accadeva tempo fa – “Sì, il contatto c’è, ma diciamocelo, non gli ha fatto niente”. O meglio ancora, per quanto possibile, educhiamo gli arbitri a centellinare i rigori negli ultimi venti minuti. Altrimenti al posto delle partite in tv, mostrateci pure delle gigantografie del regolamento in HD, ci divertiremo guardando quelle. O magari, la Cagnotto.