La Sghimberla del lunedì – Il mondo della F1
Devo confessarvi una cosa: sono molti mesi che commetto lo stesso errore. Mi metto la sveglia a orari improponibili la domenica mattina per seguire il Gran Premio di Formula 1 pur sapendo che sarà una specie di calvario messo a metà strada fra la noia più totale e l’impotenza del tifoso. Già, perché io lo faccio tifando per la Ferrari, ovvero una macchina che da molte stagioni è nettamente inferiore a quel mostro a quattro ruote (forse addirittura otto) che è la Red Bull.
Ma la Formula 1 è un rito. Fondamentalmente sarebbe l’affare più noioso del mondo, ancora più del ciclismo. Nel ciclismo c’è quantomeno l’atto eroico, c’è il panorama sempre nuovo. Quantomeno hai la soddisfazione di veder sudare l’atleta e soffrire un po’ con lui. Nell’automobilismo c’è solo la partenza, dove bene che vada vedrai frullare piccoli pezzi di carbonio come stelle filanti che piacciono tanto ai bambini. Ma per il resto sono 24 ricchissimi pirla che sfrecciano a velocità improponibili in un cerchio d’asfalto, per di più con lo stesso rumore delle zanzare d’agosto.
Eppure io faccio da mesi lo stesso errore, nonostante la Ferrari faccia da mesi la stessa pena, sempre sperando che a Vettel venga la varicella a metà del 25esimo giro e affondi nelle ghiaie mobili nel tentativo di grattarsi il casco con le unghie dei guanti. Cosa che, stranamente, non accade tanto spesso. Quest’anno, poi, il campionato mondiale di Formula Uno è un vero inghippo, perché s’affrontano almeno cinque scuderie potenzialmente vincenti, ognuna con la propria storia, i propri sogni, i propri piloti e i propri problemi. Nel caso di Felipe Massa, le ultime due opzioni coincidono.
LA RED BULL
La Red Bull nasce un giorno di pioggia energetica del 2005, rilevando le quote della vecchia Jaguar F1, scuderia che aveva fatto pietà in lungo e in largo. La prima mossa che fa la Red Bull non è quella di risparmiare qualche spicciolo per comprare pezzi decenti di qualche vettura di tre anni prima e fare almeno 10 punti nei costruttori, come farebbe qualsiasi piccola casa esordiente. La prima mossa della Red Bull è quella di acquistare un’altra scuderia: la Minardi, che grazie alla proverbiale fantasia degli austriaci prenderà il nome di Toro Rosso. Con questa furbata, la lattina con le ruote ha già messo in totale crisi il regolamento senza che nessuno se ne sia accorto. Potrà disporre di 4 macchine anziché 2, parcheggiare piloti in attesa di contratto e cominciare a estendere i propri tentacoli sulla F1 dopo nemmeno pochi mesi dal proprio ingresso in questo sport.
Ma i poteri forti della F1 non dimostrano grande acume e per arginare l’azione della nuova arrivata si limitano a vietare l’uso di taurina nei carburanti, credendo così di aver risolto il problema. Quando, nel 2009, un bambino di undici anni di nome Vettel comincia a vincere sempre, qualcuno si accorge di aver lievemente sottovalutato la Red Bull. E’ l’inizio di una grande storia: quando eravamo piccoli, una delle cose più divertenti da fare era, dopo aver vuotato una lattina, piazzarla a terra e spiacciacarla con il piede. La Red Bull sovverte leggeremente questo principio: trattasi infatti della prima lattina indistruttibile mai creata da mente umana.
Mentre le Ferrari si sbriciolano come tanti cracker al solo contatto con la pelle di daino, rendendo oltretutto i daini molto più spavaldi, una Red Bull può venire centrata da un treno merci in corsa senza riportare danni apparenti. La storia automobilistica recente è piena di vicende di Red Bull che continuano a girare come se nulla fosse senza pezzi apparentemente fondamentali come alettoni, appendici aerodinamiche, in rari casi ruote o motore. Mentre Alonso una volta s’è dovuto ritirare perché il meccanico col lecca-lecca ha starnutito durante il pit-stop.
Un’altra caratteristica particolare delle Red Bull è che si ri-gommano durante la gara. Vettel si ferma solo perché lo vede fare agli avversari. Per emulazione. Ma quando cambia le gomme, queste sono molto più nuove di quando le aveva montate. Un’auto del genere non ha grosse difficoltà a vincere un Gran Premio. Anche perché, come vedremo, gli avversari hanno ben altri problemi.
LA MERCEDES
Nata chiaramente per uccidere i ciclisti puntandoli col famoso mirino a tre punte, che simula una dolorosa supposta puntata verso il prossimo nella proverbiale spavalderia di marca tedesca, la Mercedes è un’auto da passeggio che s’è riciclata in F1 per garantire a Michael Schumacher un sedile caldo su cui svernare e arrotondare lo stipendio. Dopo essere riuscita a liberarsi del suo ingaggio, però, la scuderia tedesca ha avuto una tale impennata nel budget che ha provato perfino a produrre una macchina decente, la quale ha il grosso vantaggio di divorare i rettilinei con velocità simili a quelle dello Space Shuttle.
Unico piccolo particolare: la Mercedes paga questa prorompente spavalderia sulle gomme, che si sfaldano come burro dopo pochi istanti dalla partenza. Il che garantisce a Hamilton e Rosberg prestazioni ottimali fino alla sesta, settima curva del primo giro, dopodiché sono costretti a girare sui cerchioni come il Frecciarossa delle nove e un quarto. Dato che le due Mercedes sparano trucioli di gomma come una pialla da falegname, può essere pericoloso stare dietro di loro: molti piloti che non sono riusciti a sorpassare per tempo una Mercedes hanno concluso la gara senza più sponsor sul casco. Vai poi a spiegare alla Santander che te l’hanno cancellato trentamila proiettili gommati…
LA MCLAREN
Ribattezzata McLadren da alcuni buontemponi, la scuderia inglese è stata per anni composta dai più cattivi e sleali soggetti della Formula Uno. Storie di spionaggio, subdoli accordi sottobanco, piloti di altre scuderie pagati per fermarsi all’ultima curva… Inoltre sulla macchina di Hamilton erano stati montati serbatoi di puntine da disegno, fumoni alla James Bond, supercolla, olio extravergine d’oliva a volontà e due missili Scud che potevano partire dalle pance laterali con la semplice pressione di un tasto rosso installato sul volante.
Quest’anno la scuderia britannica ha ridimensionato molto il proprio budget, e infatti le prestazioni ne hanno risentito parecchio. Inoltre ha lasciato andare l’esperto pilota Hamilton per accaparrarsi il talento messicano Perez, l’unico uomo al mondo che durante il sorpasso ama penetrare le lamiere delle auto avversarie per vedere di che colore sono gli interni.
LA LOTUS
Nato dalle ceneri della vecchia Renault, che tanto vinse sotto la monarchia del simpatico e modesto (nonché parco e frugale) Flavio Briatore, il Team Lotus ha quest’anno raggiunto risultati eccellenti sfruttando un’idea geniale dei propri manager. Per risparmiare denaro, non paga gli stipendi ai piloti e ai meccanici da quindici mesi. Questa efficacissima tattica ha fatto sì che i poveri Grosjean e Raikkonen debbano alzarsi 3 ore prima per avvitare bulloni, lucidare la carrozzeria, controllare la pressione delle gomme e fare il pieno alla Agip prima della gara, ma ha reso la Lotus una delle più rapide vetture del circuito. Tende però a perdere molto tempo ai pit-stop, quando i piloti devono scendere dall’auto e trovare una banconota bella stirata per utilizzare l’iperself.
LA FERRARI
Ultima, ma non meno importante, la scuderia di Maranello è l’unica che negli anni precedenti ha sfiorato la vittoria col proprio pilota di punta Alonso. Il vero punto debole della Rossa è la gestione tattica dei propri Gran Premi, che secondo una radicata tradizione del Cavallino Rampante viene affidata al polpo Paul, quello che vaticinava la vittoria mondiale di una nazionale abbarbicandosi sulla rispettiva bandiera.
Intermedie o Heavy Rain? Il polpo Paul sceglie le intermedie proprio mentre Noè raccoglie gli ultimi conigli nella foresta del Nurburgring. Marchiamo Vettel o Petrov? Il polpo Paul si fionda sulla bandiera russa, mentre il tedesco vince il proprio secondo mondiale consecutivo. Usciamo per le qualifiche mentre diluvia o mentre c’è il sole? Il polpo Paul si getta a capofitto sull’ombrello e Alonso tenta di raggiungere a nuoto i box… e così via.
E io ancora mi alzo alle sette e un quarto…