Il Tom Tomsk e la cura Baskakov, torna a respirare il calcio in Siberia (parte prima)

Dopo un inizio di campionato sconcertante (sette sconfitte su sette) il club neopromosso del Tom Tomsk ha deciso di cacciare Anatoly Davydov e di chiamare Baskakov. I risultati si sono visti, e in soli 10 giorni la squadra siberiana è tornata a respirare, tenendo in gioco l’estensione del movimento calcistico russo verso est.

Luogo ignoto, misterioso, ostile, la Siberia nel corso della storia ha rappresentato sempre l’inferno nella mente degli abitanti del nostro pianeta. Un posto da evitare, soprattutto nei secoli diciannove e venti, a causa dei noti Gulag, campi di lavoro estenuante dedicati agli oppositori del partito, costretti a faticare molte ore al giorno in condizioni fisiche, psicologiche e climatiche oltre ogni limite.

Come ogni zona della Russia, anche la Siberia ha le sue storie, calcistiche e non, da raccontare. La nostra trattazione si limiterà alle prime, esaltando le gesta dei club più importanti di questa vasta ragione. Perchè, è giusto ricordarlo, la bellezze del calcio russo sta nella sua multiculturalità (e, a specchio, anche quella del paese stesso), dettata da geografia e storia, e nell’esagerato numero di interessanti storie da raccontare.

La squadra siberiana più conosciuta è sicuramente il Tom Tomsk, che dopo un anno di purgatorio è tornato di prepotenza nella massima serie russa. La promozione del club con sede, appunto, a Tomsk, centro relativamente piccolo (mezzo milione di abitanti, un terzo di quelli di Novosibirsk) ha avuto un impatto importante per il movimento: dopo un anno di assenza di squadre dell’est (l’avamposto più orientale era quello di Perm, sui monti Urali) si è tornati ad avere un campionato russo…più russo!

Nel 2010 la promozione del Sibir Novosibirsk permise addirittura di gustare un sontuoso derby (del quale tratteremo nelle prossime puntate), e fino al 2008 il Luch Energiya Vladivostok sanciva la totale estensione (sul piano geografico) del torneo, con la trasferta più lunga della storia, a Kaliningrad per una sfida di coppa di Russia. Lascio ai lettori il compito di vedere su google maps la distanza tra le due città.

Detto questo, il Tom aveva iniziato in maniera catastrofica il campionato in corso: Anatoly Davydov, ex allenatore della primavera dello Zenit, aveva conquistato la bellezza di sette sconfitte su sette. Nonostante alcune partite ben giocate contro avversari di livello inferiore, l’esperienza del tecnico sanpietroburghese, complice la contestazione dei tifosi, non poteva perdurare. Ecco così la scelta di affidare la panchina a un traghettatore come Vasily Baskakov, uomo all’interno del club da dieci anni, non nuovo a prendere in mano la squadra in queste situazioni. Con lui la situazione è completamente mutata: 8 punti in 4 partite, e zona retrocessione abbandonata.

Dopo un doppio vantaggio sprecato con l’Anzhi, il suo Tom ha battuto fuori casa il Rubin Kazan e allo stadio Trud il Volga. E nell’ultimo turno ha gelato le velleità della Lokomotiv, pareggiando a Mosca e vedendosi annullare un gol regolarissimo (vedi foto)

E domenica, prima delle soste per le nazionali arriva lo Zenit, squadra con cui il Tom ha lavorato molto sul mercato negli ultimi anni; i casi più eclatanti di questa “partnership” sono Kornilenko e Pogrebnyak, ma anche lo stesso Davydov, che probabilmente in Siberia non vogliono più vedere.

Il Tom vanta una rosa di tutto rispetto: in difesa può contare sull’esperienza del ceco Martin Jiranek, ex Spartak Mosca e Terek Grozny, del capitano Sergey Omelyanchuk e di Kornel Salata, arrivato in prestito dal Rostov. Meno ricca invece la zona mediana, con giocatori in là con l’età (vedi Astafjev) che si alternano a calciatori di prospettiva, come Ignatovich. In attacco invece ci sono molti uomini di qualità: Kirill Panchenko, che ha sorpreso tutti lo scorso anno col Mordoviya, il goleador ceco Jan Holenda, il giovane inesploso Portnyagin, Nikita Bazhenov, che vanta presenza in Champions League con lo Spartak Mosca (e un gol a Stamford Bridge) e Pavel Golyshev. Una squadra, insomma, che non meritava di certo di retrocedere già dopo un terzo di campionato.

Ma non è tutto, molti giocatori di livello hanno vestito la casacca biancoverde in carriera, giusto citarne alcuni: l’ingobbito Denis Boyarintsev, esperto giocatore offensivo ora alla Torpedo Mosca, Artem Dzyuba, che come a Rostov anche in Siberia segnava a valanghe, il forte portiere estone Sergey Pareiko, il mediano moldavo Katynsus, l’eclettico trequartista Kharitonov, il sopracitato Pavel Pogrebnyak, l’esperto mediano coreano Kim Nam Il e l’attaccante scozzese Garry O’Connor. Su quest’ultimo bisognerebbe fare un discorso a parte: la sua esperienza si concluse ben presto a causa del suo carattere vulcanico e della sua vita “alticcia” fuori dal campo e il suo esordio fu macchiato da un’espulsione, tanto per comprendere il personaggio.

Ecco perchè il Tom deve essere considerato un patrimonio del calcio russo e la cura Baskakov non solo ha fatto piacere ai tifosi locali, ma a tutti gli appassionati. La grandezza della Russia in questo caso è un pregio, e squadre come il Tom permettono a tante persone di vedere grande calcio nella loro città.

Domani, nella prossima puntata, parleremo invece del Sibir Novosibirsk, del derby siberiano del 2010 e della vittoria del Sibir contro gli olandesi del PSV.