In realtà ne servono undici (il portiere dove lo metti?) però lì siamo: calcio, ragazze, Serie A femminile. Poco più di un anno fa, quasi per gioco e quasi per sfida, su questo sito iniziavamo a gettare le basi per un lavoro fitto e intenso sul calcio femminile. Non senza orgoglio.
Cronache, tabellini, manifestazioni nazionali e internazionali. La soddisfazione di aver contribuito, in qualche modo, a smuovere un sistema da sempre restio a dare spazio alle gesta calcistiche delle italiane. Che incarnano un movimento poco numeroso, se paragonato a quello di paesi come Inghilterra, Francia, Germania o Svezia, ma fatto di sudore, sacrifici, voglia di mettersi alla prova.
Dalla Supercoppa 2012 in poi, è stato un piacere, per il sottoscritto e gli altri redattori e collaboratori, raccontare della Torres schiacciasassi, della sorpresa Wolfsburg in finale di Champions League, della rincorsa del Tavagnacco poi vincitore della Coppa Italia.
O degli Europei, esperienza bellissima culminata nella folla che ha accolto il ritorno a casa delle campionesse tedesche, e non solo.
Chi più ne ha più ne metta allora, anche perché dopo un anno del genere siamo qui, ancora più vogliosi di calcio di prima, per raccontare una nuova Serie A Femminile, con stavolta le grandi città (l’Inter a Milano, la Res a Roma) pronte a fare da catalizzatore per l’intero movimento. Una bella scossa, se è vero che i maggiori campionati stranieri sono di livello più alto ma restano un esempio da imitare, per migliorarsi, crescere come italiani.
Tutto è allora pronto per il campionato 2013-2014, perché poi nel dettaglio è bene parlare del calcio femminile e non solo di calcio femminile. Ieri abbiamo intervistato, alla ricerca di un parere da esperto sui valori del torneo, l’amico Michele Pompilio di Olimpia Azzurra, e ci è stato confermato che ci sono giocatori interessantissime quest’anno, che le big restano tali ma le altre si mettono in gioco, che a tutto il sistema servirebbe il salto di qualità nel professionismo.
O il professionismo per il salto di qualità, perché è un po’ come con l’uovo e la gallina. Solo che stavolta non conta capire causa ed effetto, ma solo stabilire che c’è da lavorare e migliorare. Per non mortificare gli sforzi delle ragazze e degli staff della Serie A tutta, che peraltro ha nella Torres una regina ambiziosa e desiderosa di un exploit continentale.
Perché dunque interrompere, ogni tanto, la visione del calcio più classico e appassionarsi al femminile? Forse per i sacrifici che quotidianamente i club fanno, o per la crescita innegabile del livello medio. Più semplicemente, soprattutto, perché è un calcio meno corrotto dal dio denaro. Inutile sennò lamentarsi delle storture del calcio moderno.