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Dalle emozioni del derby d’Italia a quelle di un derby … Vero. Sì, perché mi sono sempre trovato a disagio dinnanzi alla formula “derby d’Italia”, nobilitante ma sempre un po’ artificiosa. E allora Inter-Juventus è un quasi derby, diciamo.

Per intenderci, mi sta storcere il naso sentire tale termine abbinato a Liverpool-Manchester United, o siffatte sfide. Il derby è per definizione cittadino, è una famiglia che si divide, è il tram che la settimana della partita è perfettamente diviso in due.

Vero che ci sono rivalità che vanno oltre la dimensione cittadina, e che titoli vinti e diatribe dentro e fuori dal campo accendono gli animi, però nell’anno delle stracittadine è bello godersi innanzi tutto quelle che tali sono. A partire da questo Sampdoria-Genoa, con calcio d’inizio alle 20.45 a Marassi.

Stadio antico, stadio “all’inglese”, come va di moda dire. Nella città pioniera del football nostrano, a partire dalla vivace voglia di quei ragazzi che fondarono il Genoa cricket and football club. Dicitura che rimanda all’altrove, all’antico, al vecchio ma sempre sano calcio di una volta.

È peraltro l’anno delle stracittadine, dal ritrovato e certo bizzarro derby veronese alle vecchie classiche, che magari sfociano in una finale di coppa nazionale. Ed è bello viverle, magari allo stadio (sempre che si trovino i biglietti), queste partite: è la storia che si fa, è il nuovo che scrive sul vecchio.

Come stanno le squadre? Ne abbiamo parlato diffusamente, presentando gli stadi d’animi degli allenatori e l’attesa della vigilia. Genova è una città che di pallone vive, lontana dai fasti di un tempo però vogliosa di notti magiche.

Senza entrare nelle valutazioni tecniche, perché i tifosi blucerchiati e rossoblù ne avranno sentito sin troppe, conteranno soprattutto carattere e attitudine. Incanalare al meglio lo stimolo, che non manca e anzi è intensissimo: dall’esasperazione allo spezzatino di falli e fischi arbitrali il passo è breve.

E dunque chiederei a Sampdoria e Genoa di sfruttare la voglia di derby che c’è sugli spalti. Domanderei ai calciatori di pensare a quella sensazione provata al momento della firma sul primo contratto genovese in carriera, captare il nesso fra calcio e appartenenza, in una dimensione che rimane un po’ nello sportivo ma va oltre.

È come ha detto il nostro Giorgio Crico, nell’editoriale di ieri: “Un tritacarne emozionale in due frazioni da 90 minuti che dà senso a una stagione intera“.

Buon derby a tutti allora, anche a chi non ce l’ha e vorrebbe averlo.