Qualificata ai prossimi Mondiali brasiliani con due turni d’anticipo come l’Italia, anche la Nazionale olandese potrà sfruttare i prossimi due incontri per fare quei famosi “esperimenti” che tanto piacciono ai selezionatori delle varie rappresentative.
D’altra parte il lavoro di Luois van Gaal era già perfettamente incanalato nella giusta direzione: i due impegni dei giorni scorsi contro Estonia e Andorra parevano più che altro una mera formalità da espletare per ufficializzare l’avvenuta qualificazione. Forse proprio a causa della sensazione di superiorità dato dallo strapotere dimostrato fin qui, i giocatori oranje hanno rischiato di sottovalutare l’impegno, visto lo scarso livello dei loro avversari.
Venerdì è infatti arrivato il primo pareggio in assoluto della loro avventura nel girone eliminatorio (ottenuto in Estonia) e l’altro ieri la vittoria decisiva in Andorra è stata conseguita senza la goleada auspicabile alla vigilia, anzi. Solo una doppietta di Robin van Persie, peraltro nel secondo tempo, ha permesso ai Tulipani di strappare il biglietto per la nazione verdeoro.
Certamente ha giocato un ruolo di primo piano anche la scarsa esperienza internazionale complessiva di gran parte dei convocati, tra i quali solo otto su ventitré avevano disputato più di dieci sfide con la casacca arancione (non erano stati chiamati da van Gaal elementi stabilmente nel giro della Nazionale come Robben, Huntelaar, Nigel de Jong, Heitinga o van der Vaart). Un rischio che il selezionatore oranje ha corso volentieri, vista la bassa caratura degli avversari: tutto sommato bastavano quattro punti e quelli sono puntualmente arrivati.
Ciò posto, può senz’altro essere interessante osservare proprio come van Gaal sta affrontando un netto ricambio generazionale: accanto agli higlander di lungo corso Sneijder, Robben, van Persie, Kuijt e Robben, ancora imprescindibili, l’allenatore dei Paesi Bassi sta via via facendo ruotare tanti giovanotti di belle speranze che provengono dall’Under 21 o che sono pronti al definitivo salto di qualità. Il denominatore comune di tutti questi elementi è che giocano (o hanno giocato fino a pochissimo tempo fa) in Eredivisie. La notizia ha dell’incredibile se si pensa che il gruppo vicecampione del Mondo di tre anni fa contava appena sei giocatori militanti nel massimo campionato olandese. Di questi, tre erano i portieri e altri due erano i “cavalli di ritorno” van Bronckhorst e Ooijer, da poco rientrati sul suolo patrio dopo una carriera spesa altrove e ormai sul finire della propria attività agonistica. Tra gli ultimi convocati del Ct olandese, invece, contiamo ben nove elementi di Eredivisie, dei quali cinque hanno giocato da titolari: un bel cambiamento, non c’è che dire.
Quest’evoluzione che ha portato a “guardare in casa” di più van Gaal è anche e soprattutto dovuta a due fattori: primo e più importante, una nuova nidiata di campioncini di cui Strootman è solo l’esempio più noto (e anziano) ma che vede anche Maher, van Ginkel, Narsingh, Willems, de Vrij, Martins Indi, van Rhijn, Ola John o Wijnaldum. Il secondo è invece la crisi economica: sempre meno club stranieri cercano di strappare i ventenni olandesi alla loro terra natale investendo su di loro le cospicue somme che chiedono i club di appartenenza, anche se qualche eccezione c’è sempre (il citato van Ginkel, per esempio). In pratica, ora i talenti oranje vengono acquistati solo verso i 23/24 anni, quando, anni fa, erano già pronti a spiccare il volo verso Germania, Inghilterra, Spagna o Italia già a 20 o 21.
Ecco spiegata, allora, l’inversione di tendenza che ha colpito i Paesi Bassi. Gioverà o non gioverà alla Nazionale olandese? La risposta spetta van Gaal e ai Mondiali brasiliani, a questo punto.