La sindrome del Triplete
Nei mesi scorsi abbiamo assistito al capolavoro del Bayern Monaco di Jupp Heynckes: vincere in successione Bundesliga, Champions League e Coppa di Germania realizzando così il famigerato Triplete solo sfiorato nel 2010.
Qualche settimana fa è stato invece il Borussia Dortmund a spezzare i sogni di Esaplete bavaresi: la Supercoppa di Germania è infatti andata alle Api di Dortmund che si sono imposte per 4-2 sulla nuova incarnazione dei Roten, non più sotto l’egida del pensionato Heynckes ma adesso guidato da un altro che di Triplette se ne intende e cioè Pep Guardiola. Il tecnico iberico è stato chiamato a raccogliere la pesante eredità del suo predecessore per rilanciare la prima squadra di Monaco a un nuovo periodo di successi e splendore.
Come conviene sempre precisare, una rondine non fa primavera e non è detto assolutamente che la prossima stagione sia fallimentare solo perché il Bayern ha mancato l’appuntamento con il primo trofeo stagionale: pazzo, anzi, chi azzardi un giudizio così grave solo alla luce di questi primi 90′.
Certo è che il primo tonfo guardiolano del nuovo Bayern München porta alla mente un’analogia con un’altra squadra che ha compiuto, recentemente, la stessa impresa primaverile dei Rossi di Baviera: quella stessa Inter che nel 2010 rubò alla squadra di Robben e Ribéry il trono d’Europa. Com’è arcinoto, José Mourinho, dopo aver condotto la Beneamata a un successo senza precedenti entro i confini italiani, la lasciò per accasarsi al Real Madrid. Al suo posto venne chiamato Rafa Benítez, all’epoca la scelta che appariva più logica per la società di Moratti.
Curiosamente, sia l’attuale mister del Napoli che Pep Guardiola sono spagnoli (per quanto questo aggettivo sia mal sopportato dai catalani purosangue come l’ex giocatore di Brescia e Roma) ed entrambi si sono insediati nel loro nuovo e già più che vincente club con l’ambizione di renderlo ancora migliore. Quale strategia hanno scelto allora per conseguire l’obiettivo di perfezionare i meccanismi già oliati e perfettamente in salute di Inter prima e Bayern poi? Cambiare tutto.
Ancor più curiosamente, entrambi i tecnici iberici hanno cercato di impostare le loro nuove compagini introducendo più possesso di palla e una difesa molto più alta rispetto alla precedente: i risultati ottenuti da Benítez a Milano si conoscono bene, quelli di Guardiola potrebbero essere simili giacché l’inizio non è stato proprio incoraggiante (meglio in campionato, poi: tre vittorie, prima del pareggio di Friburgo). Ma la domanda sorge spontanea: perché voler rivoluzionare per forza l’impianto di gioco di una squadra che ha già vinto tutto e, possibilmente, vorrebbe continuare a farlo?
Le risposte possono essere tante: voglia di dare la propria impronta a una squadra che ha vinto tanto sì, ma non con un altro in panchina e dunque non far rimpiangere l’allenatore precedente. Oppure essere convinti che l’unico modo per migliorare ulteriormente un meccanismo già eccezionale sia proprio applicando un controllo ancora maggiore sulle partite (ed ecco dunque il possesso palla). O ancora: rivoluzionare il modo di stare in campo della compagine per spingerla a sviluppare una manovra più offensiva e dunque vincere in modo ancor più spettacolare.
In realtà, il responso finale a queste domande non lo avremo mai. L’unica certezza è che, nel malaugurato caso in cui una squadra faccia Tripletta e l’allenatore di tale squadra non sia confermato, per un motivo o per l’altro, bisogna pensarci bene prima di accettare l’incarico di sostituirlo e non solo perché si rischia solo di fare peggio. Ma anche (e, forse, soprattutto) perché si rischia di contrarre quella strana “malattia” che può portare a decidere di stravolgere il gioiello che si ha per le mani, una malattia che ormai si conosce come Sindrome del Triplete.