Tutta colpa del calcio?

Sono passati alcuni giorni dalla fine dei Mondiali di atletica leggera 2013 che si sono tenuti in Russia, Mondiali che hanno viste stelle dell’atletica rifulgere (cito solo per dovere di cronaca Bolt, Fraser, Isinbayeva) e che hanno invece visto l’atletica italiana toccare uno dei suoi punti più bassi.

La squadra azzurra ha portato a casa il magro bottino di una sola medaglia (quella fantastica di Valeria Straneo nella maratona femminile) ed è finita 26ma nel medagliere, scavalcata da squadre con una tradizione sportiva ben inferiore rispetto a quella nostrana.

Posso già sentire le solite chimere dare la colpa al calcio che ha fagocitato l’interesse dei giovani e dei giovanissimi distogliendoli da discipline più “nobili”, distraendo i ragazzi con promesse di denaro facile a fronte di un percorso, quello atletico, più duro e faticoso ma non scevro di soddisfazioni. Posso già immaginare le pagine dei blog partire con mortali “j’accuse” verso tutto e tutti, in un fritto misto generalizzato che fa solo male senza cercare di porre rimedio alla situazione attuale. Ma quando i miei occhi hanno letto le dichiarazioni di Alfio Giomi, il Presidente della Fidal, sono rimasto di sale:

“C’è molto da lavorare, ancor più di quanto pensassi all’inizio. È vero, venivamo da un ciclo lunghissimo di due mesi di manifestazioni in giro per l’Europa, ma più cresce il livello dell’evento e più ci si rende conto che l’atletica italiana non è adeguata”.

Queste parole me le sarei aspettate da un commentatore, da un addetto ai lavori, da qualche tecnico esterno; ma quando a pronunciarle è il “capo della baracca” sorge quantomeno un dubbio, ovvero dove sia stato Giomi non in questi mesi ma in questi anni, anni in cui la politica che sostiene l’atletica e la forza politica del movimento atletico italiano stesso è andato perdendo via via pezzi, perso com’era tra gli scandali doping (Gibilisco e Schwazer) e la mancata candidatura di Roma per le prossime Olimpiadi.

E il bilancio è ancora peggiore se si leggono le parole del direttore tecnico Massimo Magnani:

“Alcune cose non sono andate come dovevano. Non è stato, come si pensava alla vigilia, il Mondiale degli assenti, ma una rassegna di grande qualità con generazioni emergenti di altri Paesi con i quali dovremo tutti fare presto i conti”.

Questo inciso genera il pericoloso sospetto che negli anni a venire dobbiamo abituarci a sconfitte e delusioni che porteranno altro disamore e altra disaffezione verso una disciplina che ci ha dato fiori di campioni (basti pensare a Mennea, Damilano, Bordin, Antibo, Mori, Simeoni, Di Martino) e che ora vede nelle nuove leve pochi ragazzi validi che sgomitano contro generazioni emergenti che hanno letteralmente fame di vittorie e di visibilità. Una situazione di emergenza a cui bisogna cercare di mettere la fantomatica pezza.

La Fidal, dal canto suo, sta cercando di correre ai ripari sia progettando di candidare Roma agli Europei del 2020 che cercando di organizzare in Italia un evento come il Golden Gala a Milano, per fare leva sulle opportunità offerte dall’Expo: io, purtroppo, non ho né la bacchetta magica né la soluzione pronto cassa, ma ho solamente la speranza che la coscienza sportiva degli Italiani cambi e che i ragazzi si innamorino dell’atletica e non se ne ricordino solo ogni tot anni in occasione dei Mondiali e delle Olimpiadi. Ma siamo sicuri che sia tutta colpa del calcio?

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Stefano Pellone