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Lo Shakhter Karagandy, le pecore sacrificate e il vate in panchina

Chi? Shakhter chi? Forse Shakhtar. Donetsk. No. Shakhter Karagandy. Da martedì scorso nome indigesto per il Celtic, nome nuovo per tutti gli addetti ai lavori. Comunque vada in Scozia, Viktor Kumikov, esperto allenatore nativo di Nalchik (Caucaso, Russia), entrerà nella storia, trascinando la prima squadra kazaka di sempre in una competizione europea fino a dicembre.

Dimenticatevi Mosca, Kazan, Baku, (per citarne alcune). Sono loro il club situato più a est tra tutti quelli che abbiano mai partecipato ad una fase a gironi di qualsivoglia torneo organizzato dalla UEFA. Tra Kazan, città più a oriente prima dell’arrivo dello Shakter, e Karagandy ci sono più di 2000 km. Il Celtic ha dovuto volare per quasi 7000 km. E all’arrivo ha trovato qualcosa di inimmaginabile: la sconfitta. E non solo, anche qualche rito propiziatorio quantomeno insolito….

Quelli dello Shakhter, infatti, hanno sacrificato una pecora prima della storica gara contro il Celtic Glasgow. Vedendo il risultato positivo, non vorremo essere nelle pecore che popolano le vicine greggi; qualcosa di magico può aver aiutato lo Shakhter, ma non è unicamente casuale la cavalcata del Karagandy in questi preliminari di Champions. Battere il BATE (una delle uniche tre squadre a sconfiggere il Bayern Monaco lo scorso anno) e il Celtic (giustiziere del Barcellona), sono due risultati non da poco. In mezzo l’unica gara che li vedeva favoriti, con gli albanesi dello Skenderbreu: ed è lì che l’inesperienza poteva costare cara, con un vantaggio di tre reti svanito in mezz’ora. Ma lo Shakhter è riuscito a metterci una pezza e ora non ha più nulla da perdere. Mal che vada, l’Europa League è assicurata. Un sogno. Che potrebbe essere ancora più bello in caso di eliminazione del Celtic. Chissà quale sarà il top club di prima fascia che dovrà volare (con poca voglia, infrasettimanale) fino in Kazakistan, con tutto da perdere.

A guidare questo bel gruppo c’è Viktor Kumikov, come detto: 50enne russo, poteva tornare a casa, allo Spartak Nalchik, dopo una vita passata tra Kazakistan e Uzbekistan, la scorsa estate. Il tecnico però non era convinto della bontà del progetto della squadra biancorossa, e ha deciso di rimanere a Karagandy. Una scelta che gli è valsa l’Europa, invece di trasferte chilometriche nella serie cadetta russa. Ci aveva visto giusto, perchè credeva nei suoi giocatori.

Smetto di fumare se passiamo. E non sarà facile per me, fumo da 35 anni…” ha affermato Kumikov. “Meglio lavorare qui che all’Amkar o in qualche squadra di secondo profilo in Russia…qua hai possibilità di qualificarti alle coppe europee, e il campionato è comunque di buon livello. Tetradze (ex allenatore Volga) dice che possiamo giocarcela con chiunque? Non è vero, però possiamo diventare una realtà importante in Europa. Mi piacerebbe incontrare squadre inglesi e italiane, che hanno caratteristiche simili, piuttosto che le spagnole. Il sacrificio della pecora? Non voglio che le nostre usanze prima delle partite importanti vengano strumentalizzate”

Contro il Celtic si è vista una squadra che sputava sangue per un sogno. Trascinati da Andrei Finonchenko (nello scorso turno con l’Astana ha messo a segno il 95esimo gol nel campionato kazako), capitano e bandiera della squadra, sul neutro di Astana lo Shakhter Karagandy ha meritato di vincere. Abbiamo potuto ammirare una prova convincente del giovane mediano colombiano classe 90 Roger Canas, già abituato a queste longitudini (debuttò col Sibir proprio nel derby siberiano col Tom) e all’atmosfera europea (sempre con la squadra di Novosibirsk disputò due gare ad eliminazione diretta nel 2010), le rimesse straordinarie del lituano  Gediminas Vicius, costante minaccia per la retroguardia scozzese; e attenzione anche a Sergey Kizhnichenko, centravanti classe 1991, autore del raddoppio (secondo con Roman Shirokov dello Zenit nella classifica marcatori di questa Champions League). Quel secondo gol che da ancora più fiducia allo Shakhter Karagandy.

Ma è ancora presto per gioire, come ha affermato a mente fredda Igor Zenkovic. La forza dello Shakhter risiede però nel fatto che in quel di Karagandy non c’è nulla da perdere. L’Europa League, la sfida coi grandi è assicurati. E nessuno vieta loro di continuare a sognare, di far sì che questi grandi avversari possano diventare ancor più grandi…