Intervista ad Aldo Gallizzi, DS della Torres

La Torres, regina del calcio femminile in Italia, è una squdra dietro la quale si nascondono grande competenza calcistica e manageriale ma anche tanti sacrifici, spesso non ripagati. Di tutto questo e di molto altro parla Aldo Gallizzi, diesse rossoblù.

E una nuova stagione adesso è alle porte, con il quinto tricolore che andrebbe a ritoccare ulteriormente i tanti record già scritti. La Torres non può che partire con i favori del pronostico, ma gli stimoli sono sempre gli stessi?
Non sono totalmente d’accordo perché a mio avviso già l’anno scorso la Torres non partiva favorita, c’erano almeno altre due squadre, Brescia e Tavagnacco, che partivano con le stesse nostre credenziali. Quest’anno loro si sono ulteriormente rinforzate, più di tutti il Brescia, mentre il Tavagnacco è ancora in standy, ma so che a breve annunceranno alcuni grandi acquisti. Quest’anno vogliono vincere, perché negli ultimi anni hanno investito tanto ma portato a casa niente. Certo, la Torres giocherà sempre per vincere, ma gli altri hanno più obblighi di noi. Se Brescia e Tavagnacco non vincono nemmeno quest’anno si può parlare di fallimento, per noi invece no. Possiamo permetterci anche di non essere i primi, una volta ogni tanto. La squadra però parte con grandi ambizioni, come sempre. Abbiamo operato qualche piccola modifica, ma il valore complessivo della rosa è più o meno in linea con quello degli ultimi anni.

Nel complesso gli arrivi di quest’anno andranno a rappresentare l’ossatura del domani?
Sicuramente. Già noi da un paio di anni abbiamo iniziato a ringiovanire un po’ la squadra. I cicli finiscono e bisogna essere bravi a capire quando si deve iniziare a cambiare qualcosa se si vuole rimanere ai vertici. Non puoi aspettare la fine del ciclo e cambiare una squadra intera. Negli anni stiamo sostituendo le pedine. L’anno scorso con Piacezzi, Bartoli (oggi titolare inamovibile in nazionale), Pinna e Casula del vivaio. Quest’anno invece con il grande ritorno di Pamela Conti, una giocatrice fortissima, imprevedibile, di grandissima classe. Andò via da capitano e da leader indiscusso, adesso ha tanta voglia di riprendere da dove aveva interrotto. Su di lei puntiamo molto. Le altre arrivate, come dicevo, sono per lo più delle giovani destinate a una brillante carriera.

E allora parliamo di loro. Iniziamo con Aurora Galli.
Galli è una centrocampista di 16 anni, da tutti considerata la migliore in circolazione in Europa, ha un gran fisico ed è già pronta a disputare una stagione da protagonista per capacità tecniche, tattiche e per personalità. Chiaramente non va caricata di troppe responsabilità e non partirà titolare. E’ un interno di centrocampo che sa organizzare il gioco e allo stesso tempo è molto preziosa in fase di interdizione. Il suo ruolo prediletto è quello del vertice basso in una linea mediana a rombo.

Linda Tucceri Cimini.
Tucceri è un esterno sinistro. Ha ancora tutto da dimostrare, ma potrebbe partire da titolare, anche se Manuela Tesse vuole ancora studiare bene con che schema giocare quest’anno, perché potrebbe anche cambiare modulo. Gli ultimi anni siamo sempre partiti con il 4-3-3 ereditato da Arca, benché già lo scorso anno spesso Manuele cambiava in corsa a seconda delle esigenze. Le piace diversificare e non fossilizzarsi su un modulo preimpostato. La capacità di adattarsi alle circostanze è una grande qualità che tornerà utile soprattutto in Europa. Sappiamo che il 4-3-3 è un impianto collaudato, ma si potrebbe anche vedere una Torres schierata con il 3-5-2. Tornando alla Tucceri, sicuramente giocherebbe con la difesa a 4, ma qualora così non fosse, sono sicuro che riuscirà a ritagliarsi comunque i suoi spazi.

Sabrina Marchese.
Marchese è una prima punta con un gran fisico, che sa proteggere bene il pallone e altrettanto bene vede la porta. Potrebbe essere la sostituta della Panico quest’anno e in futuro, ma sono convinto non siano incompatibili e già quest’anno potremmo vederle duettare là davanti.

Proprio Panico era apparsa un po’ stanca e sfiduciata dopo l’Europeo…
E ne aveva tutto il diritto, aggiungo io. E’ stata sacrificata in un ruolo non suo, ed esposta a dure critiche. C’è rimasta male. Però in pochi sottolineano che non ha giocato nel suo ruolo. Non si può chiedere a una giocatrice di 38 anni questo, la classe va rispettata. Ribadisco che Panico non è stata esposta a una bella figura, ha tirato in porta due volte perché giocava lontanissimo dalla porta. Cabrini aveva una grande squadra a mio avviso, secondo me non ha capito bene le potenzialità delle singole giocatrici e difatti i risultati non gli hanno dato ragione. Quest’anno si poteva fare qualcosa di più, la semifinale era alla portata. Invece ha messo in campo una squadra con poco coraggio e poco propensa al gioco offensivo, lasciando peraltro a casa anche grandi giocatrici.

Ci saranno ulteriori nuovi arrivi, magari d’esperienza per migliorare i quarti di finale in Europa?
No, lo escludo. Non ci sono proprio le risorse. Abbiamo già fatto salti mortali quest’anno, non si può fare niente di più. Aspettiamo ancora i contributi della regione, una somma che se versataci otto mesi fa, come sarebbe dovuto essere, ci avrebbe permesso senz’altro di stare più tranquilli e di rinforzare la squadra con una giocatrice davvero importante per provare a fare un salto in Europa. Ad ogni modo, per le condizioni del calcio femminile italiano, arrivare sistematicamente a un quarto di finale è già un successone. La Torres al 100% può anche, con un po’ di fortuna, giocarsi l’accesso alle semifinali, ma le squadre che però andiamo a trovare, già ai quarti, sono molto più attrezzate, hanno giocatrici internazionali che noi oggi non possiamo permetterci.

Quali sono le dinamiche del mercato europeo nel calcio femminile?
Molto particolari! Diverse giocatrici viaggiano in coppia, ed è davvero difficile che una giocatrice si sposti da sola. Mi sono spesso sentito dire “io vengo se viene anche lei”. E questo è stato molto limitante, perché sino all’anno scorso potevamo prendere al massimo due straniere. Da quest’anno non c’è più limite, quindi teoricamente si potrebbero anche soddisfare queste richieste, ma ogni discorso cade perché, come dicevo prima, adesso non ci sono soldi. Essendo dilettanti noi non usufruiamo di premi per le vittorie o di sponsor pronti a gratificare adeguatamente i nostri trionfi. Negli altri Paesi invece non è così: più sponsor, più visibilità, più premi, più incentivi. Insomma, più risorse per allestire grandi squadre multietniche.

Parliamo di Romina Pinna, che nella recente WPSL, la Serie B americana, ha fatto sfracelli con la maglia del Seattle. Nello staff azzurro del Seattle, alcuni in lei hanno rivisto la nuova Patrizia Panico. Sei della stessa opinione?
Romina è un prospetto molto interessante, che mantenendo le promesse potrebbe trasformarsi in una grandissima giocatrice. Se lei acquisisce consapevolezza dei propri mezzi può arrivare anche in nazionale e rimanerci a lungo. Ma non è la nuova Panico, questo mi sento di escluderlo. Sono due giocatrici diverse, Patrizia è una prima punta d’area di rigore, Romina è prevalentemente una punta esterna che fa della velocità e della corsa palla al piede le sue armi migliori. Al massimo potrebbe assomigliare a Gabbiadini, se proprio vogliamo fare un paragone. Può giocare benissimo nell’attacco a 3, sia a destra che a sinistra, ma non escluderei un impiego come laterale offensivo in un centrocampo a 5.

Per lei si aprono le porte dell’undici titolare o sarà la prima delle riserve?
Questo è da verificare, valuteremo i progressi compiuti negli States. Sperando che sia maturata e che i due mesi americani l’abbiano convinta ulteriormente dei propri mezzi. Ora come ora, secondo me, se stanno bene, le punte saranno Fuselli e Panico. Vorrei ricordare che Silvia nasce come prima punta, anche se alla Torres si è trasformata in esterno, e da centravanti può fare tranquillamente 15 gol. Iannella invece potrebbe essere impiegata come esterna di centrocampo, così come la stessa Pinna. Insomma, quest’anno abbiamo abbondanza in avanti. Spetterà all’allenatrice decidere.

Il movimento del calcio femminile ha in Sardegna un presidio importante, eppure non sono tante le grandi giocatrici sarde. La costruzione di un settore giovanile all’avanguardia potrebbe permettere di abbattere anche tanti costi in sede di mercato…
Indubbiamente, ma abbiamo un grosso problema con il settore giovanile. Nonostante poi sia venuta fuori gente come Romina Pinna, appunto. Non avendo una struttura nostra di proprietà o in gestione esclusiva, viene difficile lavorare seriamente come vorremmo con le nostre giovani atlete. Siamo in attesa di risolvere il problema, per il momento affittiamo i campi per un paio d’ore a settimana perché anche altre società ne usufruiscono. In questo momento stiamo facendo il 20% di quello che abbiamo in mente. Però, mi ripeto, pur in una situazione d’emergenza, siamo riusciti ad allevare giocatrici del calibro di Giorgia Casula ed Eleonora De Palmas, centrocampista con i classici piedi buoni, quest’anno aggregata alla prima squadra. Il rischio quando si è così giovani, in uno sport dilettantistico, è che le atlete si perdano per strada. Ne ho viste tante gettare al vento talento e prospettive, mentre queste tre, bene o male, hanno capito che hanno una grande opportunità nel calcio.

Secondo te quanto tempo ci vorrà perché si possa finalmente parlare di professionismo anche in Italia?
Possono mancare 2 anni, come 20 anni. Il punto è che non c’è stata la volontà sino a questo momento. In fondo basterebbe anche solo quella. Le società hanno provato a prendere esempio dai paesi come Francia e Inghilterra, dove il calcio femminile ha dato i suoi frutti, ma sia la Figc ce la Lnd hanno sbarrato la strada. Non c’è volontà, né investimenti. Tempo fa si era parlato anche di un’altra proposta, che avrebbe però penalizzato non poco la Torres: obbligare le squadre maschili ad avere anche il settore femminile.

E’ tanta la differenza con le grandi europee?
Non puoi nemmeno immaginare. Prendi il Lyon, per esempio, che ha vinto due delle ultime tre Champions e lo scorso anno ha perso in finale contro il Wolsfburg. La migliore giocatrice, Lotta Schelin, guadagna più o meno quanto noi spendiamo per tutte le nostre giocatrici, trasferte comprese. Una squadra italiana non vincerà mai la Champions a queste condizioni, nonostante il calcio italiano abbia tutte le carte in regola per essere al top. Non smetterò mai di ripetere che non si deve chiedere troppo alla Torres, arrivare ai quarti è già una vittoria. Questo è il massimo al momento, e fa ben sperare però che pur fra mille difficoltà e con molti meno mezzi si riesca a essere tra le migliori 8 al mondo. Già due anni fa contro Lyon, dopo aver perso 3-0 in casa loro sbagliando anche un rigore, vincemmo 1-0 a Sassari. E sino al maggio scorso eravamo l’unica squadra ad aver battuto le francesi tra Europa e Campionato. Ricordo che l’allenatore francese era letteralmente infuriato.

Ma cosa si può fare allora per colmare questo gap?
Anzitutto ridurre notevolmente le partecipanti al campionato. Il numero giusto potrebbe essere 10 o 8 squadre. Perché così si giocano partite difficili ogni settimana e non allenamenti a senso unico. Serve un campionato più competitivo, così potrebbe partire la crescita, giocare ogni partita con la tensione agonistica giusta. Il Tavagnacco, qualche anno fa, venne eliminata malamente da una squadra svedese, eppure il livello era simile. Per adesso però non vedo segnali positivi per far crescere il movimento. La Torres potrebbe anche rischiare di uscire al primo turno, tanto che lo scorso anno contro le cipriote ci siamo andati vicini. Ci poniamo comunque anche quest’anno l’obbiettivo di arrivare ai quarti. Navighiamo a vista tra mille difficoltà, con la fortuna di avere un grande presidente. La Torres da fuori può sembrare una macchina perfetta, ma i problemi sono tanti e tutti noi facciamo contribuiamo facendo sostanzialmente volontariato, talvolta anche rimettendoci qualcosa.

I risultati però spesso fanno dimenticare i sacrifici…
Sì, noi siamo riusciti a toglierci tante soddisfazioni. Fare la Champions, per esempio, è impagabile, lì si respira l’aria del calcio vero, perché la manifestazione è organizzata dalla Uefa, come quella maschile. E poi la possibilità di viaggiare, conoscere nuove culture, giocare in stadi importanti.

Come si svolge il mercato del calcio femminile? Cosa spinge, al di là del blasone che una squadra può esprimere, una calciatrice ad andare lontano da casa? In fondo l’assenza di professionismo condiziona anche la vita delle giocatrici…
In un mercato povero come quello italiano a farla da padrona sono blasone, passione, ambizione e desiderio di mettersi in mostra. Fermo restando che ci sono società che pagano anche più di noi, ma noi non facciamo aste, e stiamo sempre nel nostro budget. Galli, per esempio, ora viene in prestito gratuito però tra un anno ci dovremo sedere e discutere dell’acquisto del cartellino con l’Inter, che speriamo chieda un premio di preparazione ragionevole, altrimenti a certe cifre – come quelle che stanno circolando nelle richieste dei dirigenti in questi ultimi anni – non discutiamo nemmeno. Il regolamento vigente è quello dei dilettanti e del calcio maschile giovanile, le ragazze sono vincolate sino ai 25 anni, gli accordi vanno rinnovati anno per anno e non di stipendi si tratta ma di rimborsi, che, alla Torres, possono variare da alcune migliaia di euro mensili alla semplice copertura delle spese del vitto e dell’alloggio.

In chiusura una domanda molto molto difficile. Chi è la giocatrice più forte che hai visto passare in questi anni a Sassari, considerato che tutte le migliori hanno indossato la maglia rossoblù?
Domanda veramente impegnativa, perché qua sono passate davvero tanti grandi giocatrici. Quando sono arrivato io c’era Rita Guarino, che era già nella fase finale della sua carriera, ma ancora fantastica in campo. Pamela Conti è sicuramente la numero uno tecnicamente parlando. Patrizia Panico la più professionista tra tutte: umilissima, leader del gruppo, dà sempre un esempio positivo. Poi, prima che io arrivassi, ci sono state anche Carolina Morace, che non ha bisogno di commenti, e Antonella Carta, che aveva una forza fisica impressionante, lanciava a 40 metri proprio come un uomo. Le ultime due io però non ho avuto modo di vederle giocare, perciò, senza stilare necessariamente un podio, dico Guarino, Conti, Panico.

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