L’amore a Londra e in altri luoghi

Questo sabato, prendo in prestito il titolo di un (bellissimo) libro scritto da un mio conterraneo, Flavio Soriga. Perché Londra è in qualche modo il fulcro del ragionamento disilluso che vorrei fare in questo agosto dal caldo appiccicaticcio e già col sapore del nuovo: si dovrà pure ripartire, i campionati bussano alla nostra porta.

Quando si è ragazzini, il calciomercato eccita a dismisura: se tifi Juventus e Inter aspetti con ansia il colpo memorabile (un po’ meno che in passato, ha ragione il nostro Alessandro Lelli), in generale trattative e rumours ti piacciono eccome. La sensazione di benessere diventa però ansia per la durata di scambi e operazioni: ci vorrebbe che fossero brevi e fulminee come un’asta di fantacalcio. Tutto in una sera, tutto di fila e in un sol fiato: fantascienza, ripartiamo senza passare dal via.

E allora Londra ed altri luoghi: mi riferisco al triangolo formato da Liverpool, Manchester e la capitale del Regno Unito. I protagonisti? Un po’ di dirigenti, qualche giornalista ben informato e 3 super stelle della Premier League (e del calcio mondiale): Suàrez, Rooney, Bale. Tutti li vogliono, nessuno se li piglia: forse, perché è un po’ più complicato.

Parto dal Pistolero, e non solo per l’affetto che mi lega alla squadra col Liver bird sul petto: calciatore tecnico e abile per antonomasia, imprevedibile nella giocata sullo stretto, irrazionale quanto a comportamenti. Vale tanto, specie se ragioniamo con le cifre girate in questa finestra di scambi e trasferimenti. Tempo fa il rinnovo con il Liverpool, ora il giallo di una clausola più o meno vera nel contratto circa la garanzia di cessione in caso di mancata Champions League, poi il sogno del Real Madrid, ora quello dell’Arsenal. In una lotta senza esclusioni di colpi fra calciatore, manager e dirigenza, coi tifosi un tempo capaci (anche oltre il dovuto) di difendere Suàrez nei casi Evra-Ivanovic e ora traditi, offesi, arrabbiati.

Chi vincerà è difficile dirlo, anche perché per il Liverpool sarebbe illogico cedere la sua stella al club potenzialmente avversario per quel quarto posto economicamente e sportivamente così vitale, necessario, ineludibile: incasserebbe una bella sommetta, ma rischierebbe di perderla in prospettiva, cedendo ai ragazzi del nord di Londra una bella ipoteca sull’accesso alla prossima Champions.

Londra, vero: l’intreccio e il ragionamento passano anche attraverso Rooney e Bale. L’ex giocatore dell’Everton, protagonista sul campo con gol straordinari ma invero un bel rompicapo circa il mercato (specialmente dopo l’addio di Ferguson, va detto), pare voglia andar via. Non si sa come finirà, perché qui pure si tratta di avvantaggiare una concorrente, stavolta per il titolo nazionale. Ve lo immaginate uno con l’attitudine e i colpi di Wazza alla corte di Mourinho? Anche perché il punto debole del Chelsea attuale sembra proprio il reparto offensivo.

Londra è anche Tottenham, che non casualmente fa il derby con l’Arsenal e quel quarto posto se lo sogna la notte. Dopo l’esperienza in Europa League e con un Villas Boas nel motore e ora ben insediato, gli Spurs non sanno che fare con Bale. Gallese volante, calciatore completo, l’unico secondo me che fa così tanto la differenza pur non giocando da punta né da trequartista. Tempo fa lo definii postmoderno, per deformazione professionale tuttavia realistica: le cifre che girano sono folli ma è il mercato a farle. È il calcio folle di oggi e pure a White Hart Lane è braccio di ferro fra presidenza, dirigenza e giocatore.

Chi conta di più allora, nel calcio moderno? I contratti valgono ancora qualcosa, o assomigliano a formalità inutili e anzi cavillose? La sensazione è che a Londra e in altri luoghi convivano il footie di una volta e questo mix di soldi e risentimenti che tanto piacevole non è. Alla fine, dovunque vadano Suàrez, Rooney e Bale, a prescindere dai ragionamenti sulle cifre messe in campo, provo un discreto disgusto per chi un giorno segna e bacia lo stemma del club e poi vuole scappare via, lamentando non so quale mancanza di diritti.

Un consiglio ai tifosi, di qualunque squadra essi siano: se acquistate una maglia, attenzione al nome da mettere dietro. Lasciate la schiena libera così com’è: il club viene prima di tutto, il resto non si sa mai.

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Matteo Portoghese