Thohir e gli innaMoratti della Beneamata

«Non ci posso credere!» Dopo il Napoli, l’Inter: finalmente Rolando dovrebbe approdare sulla sponda nerazzurra dei navigli, oltre quindici anni dopo l’annuncio. (La cosa buffa è che la maglia mimetica, poi, a farla per davvero è stato il Napoli, con cui nell’ultima stagione ha messo a segno sette presenze per 390 minuti complessivi.)

In questa estate tutt’altro che torrida (sì, ci preoccupiamo che fa caldo… ma è pur sempre estate, vorremmo anche vedere), a scaldarci sono due cose: il calciomercato, e il mercato delle squadre. Meglio: i nomi in arrivo (per la prima volta da qualche tempo in qua, qualche pezzo da novanta scende in Italia: Higuaín, Tévez, Gómez, Llorente, Strootman, Callejón) sono migliori che in altri periodi (anche se le spagnole e il Bayern rimangono di un altro pianeta; ma sarà così finché non faremo qualcosa per rendere produttivi gli stadi, fermi ormai a Italia90, cioè al medioevo). E poi c’è la notizia che tutti attendiamo: cosa succederà all’Inter?

Prima di tutto occorre guardare al lato tecnico. Nuovo allenatore: Mazzarri, carattere à la Mourinho, con qualche limite in più (c’è chi ha vinto tutto, e chi solo una Coppa Italia: qualche differenza ci sarà). Progetto tecnico sempre improntato a lanciare giocatori di talento, relativamente giovani, ma non primissime scelte (come poteva essere uno Júlio César, ai tempi, rispetto a un Carrizo). Rientra alla base (da svincolato) Andreolli, arriva Campagnaro, pretoriano di Mazzarri, in attacco spazio a Icardi (buon colpo). Profilo alto, ma non altissimo: con Stramaccioni, alla fine, non ha funzionato, adesso potremmo scoprire se il difetto fosse nel manico o meno.

Poi bisogna pensare anche un’altra cosa: che le storie devono finire. Le storie d’amore, di lavoro, di famiglie, di sport. Il ciclismo sarebbe un incubo se Indurain continuasse a correre (e magari anche a vincere) in æternum. L’orizzonte degli eventi, per fortuna, è sconfinato; e prima o poi, volenti o nolenti, dobbiamo passare la mano. E qui veniamo alla cessione societaria: l’indonesiano Thohir non molla l’osso, e Moratti ancora non si decide.

Storia di Erick Thorir: magnate dell’informazione nel suo paese (ma allora dovrebbe comprare il Milan), procede ad acquisizioni sportive al ritmo di una all’anno: nel 2011 entra nel consorzio che acquisterà i Philadelphia 76ers (diventando il primo asiatico (co)proprietario di una franchigia NBA), l’anno successivo partecipa all’acquisto della D.C. United Holdings, società che controlla la franchigia calcistica più nota degli Stati Uniti: i tetracampioni del D.C. United; e l’obbiettivo dichiarato è aumentare il profilo globale della squadra. Chiara la sinergia: comprare lo sport, e usare i media (sul mercato indonesiano, vicino ai 250 milioni di persone, ma non solo). Imprenditoria sportiva ai massimi livelli.

Il 2013 potrebbe essere l’anno dell’Inter: forse un po’ di delusione per il calcio americano (il cui primo obbiettivo, la costruzione di uno stadio di proprietà a Washington, per ora langue ancora), forse l’idea ghiotta di fare spesa in un paese malato di calcio, e farlo in direzione di un marchio stra-noto a livello mondiale (rinverdito nel 2010: li abbiamo ancora negli occhi). Se il disegno è piuttosto evidente (e Thohir sembra intenzionato a investire il giusto, almeno in una prima fase), dobbiamo anche pensare al ritorno totale: la Serie A, campionato che ormai è sempre più chiuso su se stesso, che si apre invece a palcoscenici internazionali (non è difficile immaginare una migliore vendita dei diritti televisivi nel Sud-Est asiatico). Anche se questo aspetto non credo (giustamente) interessi Moratti, in quanto proprietario uscente.

In tutto ciò, il punto è uno solo: perché le squadre rimangano eterne, devono cambiare. E anche passare di mano. Moratti senior aveva costruito un’epopea; Moratti junior ha speso tantissimo a vuoto, poi ha vinto tutto il vincibile. Ragionevole anche una certa stanchezza, post-Triplete. Più il fair play finanziario da rispettare. Sulla solvibilità dell’acquirente, garantisce il fratello: nome “familiare”, Garibaldi Thohir è da anni nell’esclusivissima lista dei miliardari (in dollari) mondiali, lavorando nel settore degli idrocarburi. Qualcosa che avvicina la famiglia Thohir ai Moratti.

A dividerli, però, è il cuore. Massimo Moratti ha immesso nell’Inter, in 18 anni, oltre un miliardo di euro; e lo ha fatto per DNA nerazzurro, per la storia di suo padre (sì, chiaro, ci sarà anche l’ambizione personale… ma c’è soprattutto l’aria di casa). In qualche modo, è un presidente romantico: innamorato della sua squadra, del gioiello per il quale ha speso e spanso, togliendosi sfizi e soddisfazioni (e perdendo anche dolorosamente, nel primo decennio). I giocatori passano, i proprietari pure, anche se con tempi molto dilatati: Zanetti è ancora lì, per un anno, e fa eccezione. Forse Thohir non sarà un cuore nerazzurro, ma quello, dopotutto, devono mettercelo anzitutto i giocatori. Diciotto anni da proprietario: l’esperienza di Massimo Moratti è maggiorenne, matura per lasciare la troppo amata Beneamata.

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Pietro Luigi Borgia