Storie di Provincia: la Cremonese olimpica di Luzzara
Spesso la storia delle squadre di Provincia si intreccia agli ardori di presidenti che si sono guadagnati la qualifica giornalistica di “vulcanici”. Fu così per il Pisa di Anconetani, il Catania di Massimino, l’Ascoli di Rozzi e anche per l’Avellino di Sibilia. Un tratto distintivo improntato allo spirito olimpico caratterizzò invece la presidenza di Domenico Luzzara, patron della Cremonese, dal ’66 fino agli ultimi anni di serie A e oltre.
Capitato nel calcio per caso, avendo rilevato la Cremonese in seguito ad un debito insoluto verso la propria azienda, Luzzara, anche in seguito alla dolorosa perdita del figlio tifoso, decise di intraprendere l’avventura calcistica, interpretando il ruolo del presidente in maniera signorile e pacata.
La squadra di Cremona, dalla caratteristica divisa grigio-rossa, può essere definita come la squadra “ascensore” per eccellenza, stante le tre promozioni subito seguite da altrettante retrocessioni dell’85, del ’90 e del ’92. Ma per Luzzara e per la Cremonese, la soddisfazione era quella legata decoubertinianamente alla partecipazione e alla soddisfazione di lanciare fior di giocatori che avrebbero fatto altrove la storia dell’Italia calcistica, come Antonio Cabrini e Gianluca Vialli. Anche Cesare Prandelli ed Emiliano Mondonico (quest’ultimo anche poi allenatore storico della Cremonese) furono creature di Luzzara.
Tra gli altri nomi della storia grigiorossa, citiamo quello di Alviero Chiorri, giocatore di enorme talento che tuttavia non riuscì mai a superare forti limiti caratteriali. Eppure, a vederlo nelle giovanili e poi alla Sampdoria con Vialli e Mancini, il vero predestinato sembrava proprio lui. Per quanto se ne sa, oggi Chiorri vive a La Havana.
Tra i talenti scovati da Luzzara, anche il portiere Michelangelo Rampulla, che fu anche il primo portiere italiano a distinguersi come goleador, segnando di testa in mischia durante l’arrembaggio finale, in un Atalanta – Cremonese del ’92.
Altro giocatore, stavolta annoverabile tra i bidoni storici, fu il paraguayano Neffa, arrivato giovanissimo con aspettative enormi e oggi ricordato solo per aver suggerito il nome d’arte al più noto omonimo cantante.
Tuttavia, vi furono anni, in cui la Cremonese non si limitò ad interpretare il ruolo di squadra simpatia, ma riuscì a restare in serie A per tre campionati di fila, tra il ’93 ed il ’96, conquistando un 10° e un 13° posto. Furono gli anni della Cremonese di Gigi Simoni, e di una rosa che poteva vantare giocatori importanti, come il portiere Turci, il regista Riccardo Maspero – anche lui, promessa sbocciata solo in parte -, gli attaccanti Florjancic e l’ex laziale Gustavo Abel Dezotti, l’unico giocatore della Cremonese che abbia mai partecipato ad una finale mondiale, con l’Argentina nel ’90.
Con Simoni, arrivò anche la vittoria del trofeo anglo-italiano, vinto a Wembley nel ’93, battendo per 3-1 il Derby County. Da segnalare come episodio storico che la Cremonese fu la seconda squadra italiana, dopo il Milan nel ’63, ad espugnare Wembley. In quella Cremonese, si segnalò anche il centravanti Andrea Tentoni, che Simoni stesso definì come “il più forte centravanti d’Italia finché si gioca in contropiede”. Non fiorì invece il talento di Alessio Pirri, presentato come un piccolo Del Piero ma poi finito a giocare poi nelle serie inferiori.
Così, tra talenti cristallini e promesse irrisolte, flop imprevisti ed exploit inaspettati, senza dimenticare un buon numero di mestieranti affidabili – come il difensore Gualco, poi divenuto anche presidente della squadra, in seguito alla scomparso di Luzzara –, si è dipanata la singolare parabola della Cremonese. Oggi la squadra naviga da qualche anno in serie C. Ma chissà che poi non arrivi “l’ascensore” a riportarla su, magari anche per presentare qualche altro campioncino al grande pubblico.