Continua la nostra nuovo rubrica, “La partita di…”. Siamo lieti di presentarvi la gara che ognuno di noi ha vissuto in modo particolare, quella partita che ha fatto battere i nostri cuori. Vi terremo compagnia con una chicca personale di chi, ogni giorno, vi informa con estrema professionalità su quello che succede nel mondo dello sport in Italia e all’estero. Lo riteniamo anche un modo come un altro di conoscerci più a fondo… Buona Scoperta!
Probabilmente la scelta come partita del cuore di Italia-Corea del Sud del 18 giugno 2002 merita almeno una spiegazione. No, non odio l’Italia o gli italiani, ne ho alcun motivo particolare per tifare Corea del Sud. “Allora perché scegliere come partita del cuore quella che è stata una delle pagine più drammatiche della storia della nostra nazionale?”, vi starete giustamente chiedendo. Semplice, perché quella è stata la prima partita di calcio che ho visto per intero. Ancora non vi ho convinto? Allora, se ancora non vi ho annoiati, provo a dedicare qualche riga al racconto di quella mia giornata, sperando che alla fine di questo articolo possiate capire almeno un po’ questa mia scelta apparentemente masochista.
La prima doverosa cosa da dire, è che fino a quel momento non mi ero mai nemmeno lontanamente interessato al calcio. Mio padre c’aveva provato sin dai primi mesi di vita a riempirmi di vestiti, giocattoli e pupazzi della Sampdoria, ma io preferivo guardare le cartine geografiche e leggere libri di storia, per la gioia della mamma. Eppure quel drammatico pomeriggio di inizio estate mi trovavo (per motivi che non ricordo) a casa dei miei nonni. Nessuna intenzione di vedere la partita, ma in qualche modo c’era da trascorrere il dopo pranzo. E alle 13.30 iniziava la partita: Italia-Corea del Sud. I mondiali…niente cartoni, dev’essere stato il mio primo, triste pensiero. Mio nonno, ovviamente, non aveva alcuna intenzione di perdersi gli ottavi dei mondiali, e allora prendo posto sul divano accanto a lui. L’Italia era Buffon, Panucci, Iuliano, Maldini, Coco, Zambrotta, Zanetti, Tommasi, Totti, Del Piero e Vieri, e alcuni di questi calciatori nonostante la mia ignoranza calcistica avevo imparato a conoscerli nelle prime partite dei mondiali. Mi piacevano i nostri tre attaccanti (in particolare Del Piero), mentre non provavo grande simpatia per Buffon, perché per una qualche ragione mi ero affezionato a Toldo. La Corea del Sud era solo un’accozzaglia di nomi impronunciabili. “Li battiamo vero?”, “Vedremo”, rispose mio nonno, ma io già pregustavo una facile vittoria. Regola numero 1: nel calcio mai dire mai, specie quando si gioca contro i padroni di casa. L’avrei imparato presto.
Una tragedia. Totti viene steso in area. Rigore per noi? No, giallo per simulazione al numero 10 azzurro, che era già ammonito e viene quindi espulso. Tommasi segna. Fuorigioco, ovviamente. E poi la conclusione più ovvia: gol di Ahn Jung-Hwan a tre minuti dalla fine. I cattivi avevano vinto. “Ecco”, commentò placido mio nonno, e spense la televisione. Io non so cosa dissi. Ma piansi. Come molti altri italiani quel giorno non trattenni le lacrime di fronte a tanta ingiustizia. Fino al giorno prima non me ne importava nulla, ma quel giorno ero disperato perché la mia nazionale aveva perso nel peggior modo possibile. Quella giornata mi ha fatto capire, in modo brusco, che non sempre va a finire come nei cartoni animati: non sempre i buoni vincono. Questo è stato il mio “benvenuto” nel crudele mondo del pallone.
http://www.youtube.com/watch?v=Zm_EpltqH6Y