La partita di… Giuseppe Pucciarelli

È tutta una questione di toponomastica. Se capitate a Salerno, provate a chiedere a un passante dove si trovi “via Lázzaro, numero civico 94“. È inutile qualsiasi tentativo di ricerca su navigatori satellitari dell’ultimo grido o, per gli appassionati del “vintage”, sui sempre utili stradari cartacei perché via Lázzaro, numero civico 94, a Salerno non esiste. Eppure se chiedete di questa strada a un salernitano, avete il 90% di possibilità che questi vi abbracci e vi offri da bere e da mangiare (il restante 10% è destinato a un ricovero forzato al reparto di neurologia del locale ospedale). D’altro canto, se capitate a Napoli, ripetete lo stesso giochetto e chiedete al primo passante dove si trovi “via Lázzaro, numero civico 94“. Come sopra, questa via non è contemplata nella toponomastica della città partenopea, ma voi chiedete lo stesso. In questo caso, però, avete il 50% di possibilità di essere mandati a quel paese con un sorriso e il 40% di possibilità di essere mandati a quel paese in una maniera non proprio garbata. E il restante 10%? Beh, in quel caso, spero che abbiate con voi un’abbondante scorta di disinfettanti, bende e cerotti.

Ma per quale ragione un indirizzo, che nella realtà quotidiana neanche esiste, è causa di reazioni talmente differenti tra due luoghi divisi da una cinquantina di chilometri? Per cominciare a dipanare la matassa, bisogna necessariamente fare un salto nel tempo di undici anni e mezzo e ritornare a quel 27 gennaio 2002. È una domenica e il campionato di Serie B 2001/2002 osserva un turno di riposo. Ma, al “S.Paolo” di Napoli si gioca il recupero dell’ottava giornata di andata. E che recupero, dato che si tratta di un derby tra il Napoli dei patron Corbelli e Ferlaino e allenato da Gigi Di Canio e la Salernitana del presidente Aliberti e guidata in panchina da uno Zdeněk Zeman in cerca di rivincite, dopo essere stato esonerato dal Napoli la stagione precedente in serie A dopo cinque partite. Una gara molto importante poiché la vincitrice sarebbe rimasta attaccata a Como, Modena, Empoli e Reggina che già occupavano i quattro vagoni del treno che portava verso la massima serie (“occupazione” che poi sarebbe durata fino a fine campionato). E poi, ovviamente, importante perché ci si gioca la supremazia calcistica campana. Ma quest’ultimo aspetto, sulla carta, interessa solo a Salerno, perchè a Napoli, in una città che ha visto esibire il più grande calciatore della storia di tutti i tempi e che può vantare due scudetti e una Coppa Uefa, trofei tutto sommato non ancora impolverati, cosa mai potrebbe importare di fregiarsi del primato calcistico in Campania? Infatti, non gliene importa. Non gliene importa e intanto allo stadio ci sono sessantamila persone, record di spettatori del campionato, che resterà imbattuto fino alla fine della stagione. Non gliene importa e intanto in tribuna autorità ci sta perfino il sindaco, Dr.ssa Rosa Russo Iervolino, che va per la prima (e forse unica) volta al “S.Paolo” nelle vesti di inviata speciale per la trasmissione di Rai 2 “Quelli che il Calcio“. Non gliene importa e intanto in tribuna accanto a Corbelli compare nientemeno che un autentico “mito” napoletano (e non solo) come Carletto Pedersoli, meglio noto come Bud Spencer. Non gliene importa e intanto, in curva “B”, i tifosi napoletani mostrano uno striscione che copre l’intero perimetro del settore con sopra scritto “Salerno, città da rottamare”. E i 5.000 tifosi della Salernitana, provenienti da Salerno e provincia? Stipati nel “gabbione” situato tra curva “A” e tribuna, con cordone di poliziotti a presidiarli e presenti perchè, nonostante ai tifosi del Napoli non gliene importi del derby, non si può mai sapere.

Ma c’è sicuramente qualcosa che interessa a tutti: la partita. Che inizia puntualmente alle 15:00, sotto la direzione dell’arbitro Roberto Rosetti della sezione di Torino. Il Napoli, pur orfano del bomber Stellone, parte a spron battuto, ma la Salernitana riesce (cosa insolita per una squadra zemaniana) a difendersi bene, ringraziando anche Graffiedi per aver sciupato un paio di potenziali occasioni. Sembrerebbe che solo le palle inattive potrebbero sbloccare la situazione. Profezia che si avvera al 18′ della ripresa. Punizione per i partenopei da 20 metri, batte Sesa ma Botticella riesce ad alzare sulla traversa. Dal successivo calcio d’angolo, tocchi e controtocchi e Villa trova lo spiraglio giusto per trafiggere il pur bravo Botticella. Esplode il “S.Paolo”, anche se, beninteso, ai tifosi napoletani continua a non importare proprio nulla del derby. Infatti, la splendida sciarpata della curva “B” è un chiaro segnale di disinteresse totale. La Salernitana prova a rialzare la china, ma il Napoli applica proprio quella tattica che, ironia della sorte, nacque proprio a Salerno nell’immediato dopoguerra grazie a Gipo Viani, il catenaccio. Graffiedi però decide che quella deve essere la sua “giornata no” e si fa espellere. Si apre quindi una falla nello scacchiere tattico partenopeo e allora Zeman tenta il tutto per tutto. Fuori capitan Fusco, dentro l’oggetto misterioso della rosa granata, l’attaccante argentino Leandro Lázzaro, ventottenne proveniente dallo Sparta Praga e sul quale il tecnico boemo sembra crederci molto, tant’è vero che per fargli spazio in rosa ha deciso di privarsi, senza battere ciglio, di Peppe Mascara (ancora oggi si tengono delle conferenze per tentare di dare spiegazioni plausibili a questa “perla” zemaniana). Però, fino al 40′ della ripresa di quel derby, Lázzaro si era visto poco. Qualche scampolo di presenza, ma nessun gesto tecnico da consegnare ai posteri. Quella giornata, incredibile ma vero, Lázzaro si fa notare già quando si trova sulla linea di centrocampo per entrare. Non è mica colpa sua, ovviamente, se, mentre sta attendendo il cambio, qualche cretino travestito da tifoso, che evidentemente non conosce chi era Vincenzo Paparelli,  spara un razzo dai distinti verso la curva “B”, fortunatamente non colpendo nessuno. Passata la paura, Lázzaro entra. E si mette di buona lena. Lotta e sgomita con i difensori partenopei Luppi e Bonomi e fa salire la squadra, ma la fortezza napoletana non lascia sbocchi. Passano i minuti, si entra nel recupero, che Rosetti fissa in tre minuti. Per gli uomini di De Canio sembra fatta, ma non avevano fatto i conti con il “fuoco amico”. Un ennesimo cretino travestito da tifoso, invade il campo proprio mentre sta per iniziare l’ultimo minuto di recupero. Evidentemente, non conosce bene il regolamento del gioco del calcio e non sa che il tempo di recupero è effettivo, quindi il suo “minuto di gloria” non frutta la vittoria al Napoli poiché Rosetti, correttamente, fa giocare regolarmente il minuto che non si è potuto disputare. Dopo aver scodellato la palla, la Salernitana si guadagna una punizione sulla sinistra. Tutti in area, compreso il portiere Botticella. I granata però scelgono la soluzione corta, toccando la palla per Giorgio Di Vicino, attaccante esterno della Salernitana e napoletano di Pianura. Questi, dopo un paio di dribbling, si porta la palla sul sinistro al limite dell’area e calcia una bordata che si va a stampare sul palo destro della porta del Napoli, difesa dal compianto Franco Mancini. Un tiro di una potenza incredibile, tant’è vero che leggenda vuole che, se si compiono indagini geofisiche in quella zona, si possono registrare ancora dei picchi di risonanza del palo. La sfera torna nell’area e su di essa, indovinate chi si avventa? Proprio lui, Leandro Lázzaro. L’argentino conclude e la palla si piazza nell’angolino alla sinistra di Mancini. Un secondo dopo, Rosetti emette il triplice fischio. È il 94′ esatto. Da “oggetto misterioso” a eroe in eterno della piccola, ma allo stesso tempo grande storia della Salernitana, il passo è più breve di quello che si possa immaginare. E l’ex Sparta Praga riesce anche in due altre imprese che non si vedranno più nei campi di gioco. In primis, riesce a far correre per la gioia Nicola Campedelli, centrocampista granata, che neanche il miglior Usain Bolt. Ma, soprattutto, riesce a far perdere a Zeman il suo classico “aplomb“, perché il boemo esulta come mai abbia fatto in carriera. Per carità, niente corse a perdifiato stile Mourinho o Malesani. Si tratta solo di una semplice superamento dell’area tecnica con convinti abbracci verso i propri calciatori, ma rappresenta già un “unicum” nella carriera del boemo. Contemporaneamente, 50 km a sud dell’impianto di Fuorigrotta, si festeggia e si contano i contusi delle “scarpe volanti” lanciate da chi virtualmente ha tirato quella palla assieme a Lázzaro (e anche il sottoscritto rientra in quell’elenco). Ma, soprattutto, si assapora la gioia della consapevolezza che in Campania non esiste solo l’azzurro, ma anche il granata può fare la sua bella figura. Tutto questo grazie a un ventottenne argentino ex Sparta Praga. Chi se lo sarebbe mai potuto immaginare?

Da quel momento in avanti, parecchia acqua è passata sotto i ponti. Il Napoli del patron De Laurentiis ora lotta per lo scudetto e sta per affrontare la sua seconda Champions League nel giro di tre anni, la Salernitana disputerà il campionato di Prima Divisione Lega Pro da neopromossa, dopo essere risalita in giro di due anni dall’inferno della serie D, alla quale era approdata (con il nome di Salerno Calcio) per il fallimento dovuto ad Antonio Lombardi, sei anni dopo quello di Aliberti. Ma, chissà, magari tra qualche anno, potrebbe esserci ancora derby. Il Napoli probabilmente lo affronterà con in bacheca un paio di scudetti, una Champions League, un Mondiale per club, qualche Supercoppa italiana e/o europea, quindi cosa mai potrebbe importare ai propri tifosi di una partita con la Salernitana per il primato calcistico regionale campano? Nulla, infatti. Ma potrebbe interessare gli impiegati dei comuni di Napoli e Salerno. La toponomastica potrebbe aver bisogno di qualche nuovo aggiornamento……….