La partita di… Francesco Cucinotta

SIAMO TUTTI UN PO’ BAMBINI – Leggendo il trafiletto che descrive sommariamente la mia persona, avrete certamente notato che non sono catalano, né francese. Ne approfitto per aggiungere che sono uno sfegatato tifoso dell’Inter (anche e soprattutto quando le cose non vanno) e che simpatizzo per il Cagliari, la squadra della città in cui sono nato. E allora vi chiederete perché Barcellona-Lione è la “mia” partita, cosa possa avermi spinto a scegliere una gara del genere, lontana dal mio universo geografico e calcistico. Ebbene, avete presente la musichetta della Champions League? Se, come me, vi scorre il calcio nelle vene, immagino di sì. Ma sentirla dal vivo per la prima volta, farsi inebriare da quel dolce suono che ormai è un inno che accomuna i tifosi di tutta Europa è un’emozione che rimane nell’anima. Come quando si è bambini e ci si fa accompagnare al Luna Park o a Gardaland. Sei talmente emozionato, che non sai da dove iniziare.

Strascichi d’estate 2007. Mi apprestavo a metter piede in quella che per me era la città di Ronaldinho, Henry e Messi, ancor prima che di Gaudì. Da lì a poco avrei iniziato il mio Erasmus a Barcellona, con un impatto tremendo con la ciutat: se non sei donna o “maricón” e se sei uno studente eterosessuale, difficilmente a settembre trovi una camera libera. Ma settembre è anche il mese in cui inizia la Champions e i sorteggi hanno inserito i blaugrana nel gruppo E, assieme a Lione, Rangers e Stoccarda. Il calendario, poi, presenta subito un’occasione succulenta: la sfida fra le due favorite del girone, il Barça di Rijkaard contro l’Olympique Lione, campione di Francia in carica per il sesto anno consecutivo.

Non potevo perdermela. D’altronde alla camera ci avrei pensato la mattina della partita e nei giorni a seguire. Un paio d’ore d’aria potevo pur concedermele! La “missione Camp Nou” ha inizio mercoledì 19 settembre, a poche ore dalla partita e a una decina di giorni dal mio atterraggio in terra catalana. I miei compagni d’avventura sono Paola, una ragazza pugliese in Erasmus, anch’essa appassionata di calcio, e Ruben, un ragazzo di Barcellona conosciuto a una festa qualche sera prima. Siamo senza biglietto, ma Ruben ci tranquillizza: li troveremo sicuramente fuori dai cancelli. L’arrivo allo stadio è deludente. L’impianto più capiente d’Europa si presenta male dall’esterno, non sembra uno stadio, ma una fredda costruzione in cemento. L’acceso movimento di tifosi e polizia, però, mi ricorda che quello davanti a me è davvero il Camp Nou.

Fuori dai cancelli, troviamo un uomo disposto a “prestarci” gli abbonamenti della sua famiglia, in cambio di 60 euro ad abbonamento. Io saluto i miei soldi con la speranza che l’esborso non sia vano e ci mettiamo d’accordo per la restituzione degli stessi a fine partita. Mi appresto a superare i tornelli del Camp Nou con una tessera che riporta un nome di donna, Maribel Pairo Flores, in mezzo a un nuvolo di poliziotti. Mi sento un malavitoso, pur senza aver fatto nulla. Palpitazioni a mille, sono certo di non farcela, ma incredibilmente ci troviamo dentro tutti e tre. Siamo nel settore “Gol Sud”, al primo anello, esattamente dietro una delle due porte del campo. Che emozione, il cuore batte forte.

L’adrenalina di quei momenti è indescrivibile, fra me e un bambino, in quell’occasione, non credo ci fosse grande differenza. Lo stadio pian piano comincia a riempirsi, escono le squadre per la rifinitura. Sono a pochi metri da Ronaldinho, Messi, Deco, Xavi, Iniesta, Henry, Zambrotta. Non ci posso credere. Anche il Lione sfodera fior di giocatori come Juninho Pernambucano, Govou, Benzema. Persino il riscaldamento della terna arbitrale mi elettrizza. Manca pochissimo al fischio d’inizio, alzo gli occhi al terzo anello e vedo i tifosi ospiti, sembrano in Paradiso da quanto sono in alto. Le prime note dell’inno della Champions mi danno la conferma che non è un sogno, sono nel bel mezzo della realtà.

La partita è a senso unico, con il Barcellona che, come al solito, gioca un calcio veloce e di grande stile. Il protagonista della gara è Lionel Messi, un ragazzo di poco più di vent’anni. Incredibile. Il vantaggio catalano nasce proprio da una giocata del fenomeno argentino sotto i miei occhi: Messi s’incunea rapidamente fra due avversari e lascia partire un tiro-cross rasoterra, su cui arriva per primo Clerc, spiazzando il suo compagno fra i pali. Il Camp Nou è una bolgia. A me non me ne frega nulla del Barcellona in sé, ma esulto come se fossi un ultras di vecchia data. Nemmeno l’aggiornamento dello svantaggio dell’Inter, impegnata in Turchia contro il Fenerbahçe, all’intervallo, ha il potere di scompormi.

L’1-0 dopo 45′, in realtà, sta stretto al Barça, che ha creato tanto, ma si è dimostrato impreciso sotto porta. Nella ripresa, il Lione di Perrin si riorganizza e limita le offensive dei padroni di casa. Il pubblico del Camp Nou è impaziente e inizia a fischiare i suoi beniamini. Al 66′ Dinho viene sostituito con Iniesta e Perrin butta dentro un’altra punta, Baroš, sperando di cogliere il pari. Ma a poco meno di dieci minuti dal termine, tocca ancora a Messi far esplodere i 78 mila paganti (già, c’erano 20 mila posti liberi nello stadio, non l’avrei mai detto): Iniesta serve l’argentino in area e Vercoutre è battuto per la seconda volta. In pieno recupero, c’è spazio anche per la terza rete, che porta il marchio d’onore di Thierry Henry.

I 78 mila del Camp Nou iniziano a far festa e a intonare l’inno del Barça: “Tot el camp es un clam som la gent Blau Grana”. Indescrivibili i brividi regalati da quei momenti. Poi guardo ancora in alto, i tifosi del Lione sono sempre là e mi sembrano festanti. D’altronde, che gliene frega a loro?! Lo stadio si svuota, usciamo con ordine e andiamo all’appuntamento per restituire le tessere ai reali proprietari. Mi riapproprio del mio documento e guardo ancora verso lo stadio. Quello che, soltanto poche ore prima, aveva destato in me un senso di profonda delusione, ora rappresenta il luogo di una grande serata di Champions. Sono stato spettatore del passaggio di testimone fra una stella calante del Barça, Ronaldinho, e l’astro nascente, Lionel Messi. L’indomani avrei continuato la mia ricerca “disperata” di una camera in affitto, ma quella sera mi apprestavo ad addormentarmi col sorriso di un bambino.