È finita, o quasi. Siamo al termine di un viaggio durato 18 giorni, fatto di previsioni, formazioni ufficiali, inni nazionali. E gol, perché lo spettacolo è stato godibile, pur nella tensione dell’evento.
18 giorni e 3 editoriali della domenica, tutto attraverso una copertura che era dedicata soprattutto al lettore. Che ha trovato, sulle nostre pagine online, analisi e dettagli dell’evento dell’anno per chi segue il calcio femminile. E non solo, probabilmente.
La questione è annosa, dibattuta, approfondita. Ne vale la pena? Secondo me sì, perché negli Europei femminili ci ho visto il massimo livello continentale di un calcio in piena crescita, fatto di spinte al sacrificio e giorni ritagliati da lavoro e famiglia per allenarsi, prepararsi, farsi trovare pronte all’appello.
Pronte, al femminile, sì. Ci si abitua, scrivendo e occupandosi di questo calcio. Nei tabellini, marcatore diventa marcatrice e ammonito diventa ammonita, e così via. Alcune giocatrici sono professioniste, altre lo sono a metà e altre ancora devono destreggiarsi in attività che sportive non sono, per andare avanti.
È forse questo il bello, di questo mondo: il senso dell’epoca dei pionieri, pur in una storia lunga e degna di nota. La sensazione è che match di qualità (nei gesti tecnici, nel ritmo) bassa come Inghilterra-Spagna della fase a gironi si alternino a partite memorabili, giocate di corsa, tecnica e intensità con piani partita intelligenti, quali Svezia-Germania, semifinale che ha messo due mostri sacri della panchina una di fronte all’altra.
L’Italia, purtroppo, non ce l’ha fatta. L’abbiamo vista fare bene nella fase a gironi, certo schiantarsi contro le padrone di casa ma in un incontro senza significati in termini di qualificazione. Poi c’è stata la sfida con le tedesche, semplicemente più forti e ora pronte a vincere l’ennesimo europeo.
La partita, la finalissima, la sfida dell’anno, ve la consigliamo. Basta sintonizzarsi su Eurosport oggi a partire dalle 16, Germania-Norvegia. Si avverte la sensazione di un football che dà il meglio di sé, mettendo però la passione al centro di tutto: un po’ come una macchina del tempo, hai visto mai che le donne del calcio sono il vero antidoto a plusvalenze e sceicchi.