Home » La partita di… Alessandro Lelli

REMUNTADA – Era scritto ovunque in quel di Barcellona: negli angoli delle strade, sui grattacieli e anche sugli striscioni all’interno dello stadio. Per non parlare della coreografia mastodontica che quasi centomila tifosi riuscirono a costruire, persona dopo persona. Nella città di Gaudì, ogni singolo abitante della Barcellona blaugrana sognava che la propria squadra “costruisse” l’impresa, rimontando il 3-1 subito in quel di San Siro: un risultato che, vista la rete iniziale di Pedro, nessuno sarebbe mai riuscito a prevedere a partita in corso.

Personalmente parlando, in quei giorni mi trovavo a Vienna in gita scolastica: nemmeno a dirlo, l’attesa per la partita aveva letteralmente messo in secondo piano qualunque altra cosa, quel 28 aprile 2010. Una data che a posteriori sarebbe diventata storica per qualunque tifoso di fede interista, ma negli attimi immediatamente precedenti alla partita la tensione si tagliava con un coltello. In fondo si battagliava pur sempre contro il Barcellona di Leo Messi e Ibrahimovic, proprio quell’Ibra che tante gioie aveva regalato ai tifosi nerazzurri.
Qualche minuto prima dell’inizio del match, io e i miei compagni ci fiondiamo in un bar; all’interno quasi solo tifosi del Barcellona, una superpotenza mondiale che ha fatto proseliti anche in Austria: che sarebbero stati novanta minuti di sofferenza, in fondo, lo aveva messo in preventivo chiunque.

L’incontro inizia e i nervi sono quasi già saltati: dopo pochi minuti Pedro scatta sulla sinistra, rientra sul destro e scarica un tiro che termina abbastanza lontano dalla porta difesa da Julio Cesar: non importa, si soffre comunque. In pochi credevano di poter davvero giocare novanta minuti di difesa contro il Barcellona: “Se andiamo là sperando che il tempo passi, ce ne fanno almeno quattro“, era più o meno il pensiero di tutti gli interisti presenti con me in quel momento.
Proprio per questo motivo, dopo aver osservato i primi minuti di incontro, la fiducia non era proprio alle stelle; zero tiri in porta, poco possesso e sostanzialmente mai il pallino del gioco in mano.

Thiago Motta Inter PPQuasi fosse uno stillicidio, il tempo passava in una maniera a dir poco lenta: si attendeva l’episodio decisivo, quel contropiede o quella punizione che ci avrebbe permesso di segnare il gol qualificazione. Ma non sarebbe mai arrivato: anzi, al 27′ minuto del primo tempo arriva quella che può essere considerata più di una doccia fredda. De Bleeckere, dopo una manata di Thiago Motta nei confronti di Busquets, sventola il cartellino rosso in faccia all’italo-brasiliano: se di beffa si poteva parlare forse anche in diretta, rivedendo il replay nel tifoso interista si scatena un misto di rabbia e delusione, vista la palese simulazione del centrocampista spagnolo, colpevole anche di aver dato un’occhiata all’arbitro mentre si rotolava per terra tarantolato.
Se di impresa si poteva parlare già in 11 contro 11, con l’uomo in meno si trasforma immediatamente in uno di quegli avvenimenti da narrare a figli e nipoti. La tensione continua a salire, così come la quantità di birra ordinata nel modestissimo bar della periferia di Vienna: pochi minuti più tardi Messi chiama al miracolo Julio Cesar, che devia con un riflesso felino un tiro che sembrava destinato nell’angolino basso.

Il primo tempo finisce a reti inviolate, e nella ripresa Mourinho decide di schierare un atipico 4-4-1, con Sneijder unica punta e Milito-Eto’o sugli esterni, per contrastare anche dal punto di vista fisico le sfuriate dei catalani. Guardiola risponde praticamente con un 2-6-2, vista la mole di calciatori presenti nella metà campo nerazzurra: dal 60′ in poi inizia un vero e proprio assalto, con Samuel e compagni costantemente sotto pressione. Mourinho si copre ulteriormente inserendo Cordoba al posto di Milito, e questo fa capire in anticipo che gli ultimi quindici minuti saranno d’inferno. Tuttavia la fiducia inizia ad aumentare, due gol in pochi minuti non sono facili da segnare nemmeno se sulla maglia hai lo stemma del Barcellona.

Julio Cesar Inter BarcellonaBojan – entrato a metà ripresa – si divora un gol clamoroso spedendo a lato, di testa, un perfetto cross di Messi. “Abbiamo scampato anche questo pericolo, è quasi finita…“, invece no: pochi minuti più tardi Piqué dribbla Julio Cesar e con il destro fa 1-0. In fuorigioco.
Quella che prima si sarebbe potuta chiamare comunemente tensione, adesso si trasforma in paura; essere eliminati a pochi metri dal traguardo, infatti, sarebbe stato difficile da digerire.
Xavi spaventa Julio Cesar con un tiro dai trenta metri, ma l’episodio che blocca le coronarie di ogni tifoso nerazzurro arriva nei minuti di recupero: Yaya Tourè serve Bojan in area di rigore, e lo spagnolo fa 2-0. Anzi no, perché De Bleeckere annulla il gol per un presunto fallo di mano e spedisce l’Inter con un biglietto di sola andata in finale di Champions League.

I novanta minuti più lunghi della mia vita sportiva, ripagati da una gioia immensa nel post-partita. La sconfitta più bella, per una squadra che negli ultimi anni, in Europa, era passata alla storia soprattutto per diversi scivoloni.

http://www.youtube.com/watch?v=RLzmichjLKw