Estate, tempo di cambiare
La prima cosa che voglio dire è che, a dispetto di avanzare degli arretrati dalla società, sembra proprio che Daniel Hackett sia disposto a ridursi considerevolmente lo stipendio pur di rimanere a Siena. O pur di non andare a Milano. Quindi: rimanere nella squadra con cui ha vinto lo scudetto, allontanandosi però dall’allenatore con cui lo ha vinto. In altre parole: da qualsiasi lato io guardi la situazione, non capisco quale sia il male minore. A ogni modo, la vera notizia, ora come ora, non è tanto relativa agli emolumenti di Hackett, quando al possibile forfait che il giocatore di Forlimpopoli dovrà dare alla Nazionale.
Sì, perché l’estate porta con sé il calciomercato, gli approfondimenti inusuali durante la stagione regolare, nonché gli immancabili scandali di stagione. Ma non riesco a non pensare a come, tutto sommato, l’estate sia anche quel tempo in cui il calcio, finalmente, lascia spazio ad altro. Come l’atletica e la scherma (e il primo che fa battute sul presidente della FIS, Giorgio Scarso, peste lo colga).
Oppure, appunto, la pallacanestro, con cui abbiamo aperto. Tempo di Cestomercato, sicuro: ma, con i playoff terminati ormai da un mese, solo adesso si comincia a entrare nel vivo delle trattative. Quindi rivolgiamoci ad altro: anzitutto alle nostre nazionali “altre”. Quelle che durante l’anno non hanno possibilità alcuna (malgrado qualche recente apertura della LegaBasket), quelle che a volte ci hanno regalato persino nuovi giocatori (è stata una costante dell’èra-Recalcati: rilanciare in nazionale qualche nome del sottobosco cestistico nazionale).
E poi, non potendo nascondere una personale predilezione per la palla a spicchi, voglio usarla come paradigma per i prossimi due mesi. Anche se forse il meglio è già passato, perché a livello di Under20 abbiamo fatto quasi en plein: campioni europei nel settore maschile, a un passo dal chiudere il cerchio con le ragazze. Una rondine non fa primavera, e neppure due; e anzi, forse questi successi vogliono proprio invitarci a non abbassare la guardia. A seguitare nel reclutamento e nella costruzione dell’umano prima ancora che del giocatore o della giocatrice.
Significativo del trionfo maschile è anche il premio al miglior giocatore, che Amedeo Della Valle si è guadagnato con una finale da vero trascinatore: sue le triple che hanno respinto ogni tentativo di rimonta da parte dei padroni di casa (e favoriti) della Lettonia. Significativo il premio perché il ragazzo ha fatto una scelta complessa: andare a giocare per Ohio State, negli USA, ricavandone una stagione vissuta più a guardare (e imparare) che sul parquet. Però deve avere imparato benino: oro alla sua squadra, menzione speciale per lui.
Anche se l’immagine, quella vera, è anche quella che vedete in cima a questo editoriale: quella dell’allenatore Stefano Sacripanti, autore quest’anno di una salvezza serena a Caserta in una situazione difficile da gestire, e da poco tornato a Cantù. Qui invece lo vediamo al comando del suo gruppo, al momento dell’onore. Pensiamoci bene: com’è possibile scontrarci così tanto durante l’anno, per poi riunirci (non tutti, ma tanti) quando c’è la nazionale? (Tralascio considerazioni sul mancato senso civico generale, “riscattato” dal tifo per qualsiasi canotta azzurra: concetto giusto, ma ormai trito e ritrito.)
Come possiamo riscoprirci uniti da una maglia “trasversale”, per poi ricominciare il solito ballo dell’insoddisfazione quando si tornerà a parlare di club? Vero, c’è chi fa obiezione di coscienza anche per le nazionali: qualcuno (giustamente, da par suo) pensando di non poter esaltare gli avversari di tutti i giorni, qualcun altro perché di fede parziale (non ha tempo per il calcio: è troppo impegnato a insultare ministri), qualcun altro ancora perché non seguiva e non segue.
Ma noi, tutti quelli che non siamo coinvolti in alcun genere di eccezioni; tutti noi per cui Balotelli (o Awudu Abass, per rimanere alla palla a spicchi) veste i nostri colori, punto; tutti noi che adesso ci sorridiamo: sfruttiamo la pax pro nazionale per capirci anche durante il resto dell’anno. Per cominciare a costruire un progetto di sport, e di Paese. Gli Europei in Slovenia (dietro casa, peraltro) si giocheranno in settembre: Hackett o non Hackett, non partiamo favoriti. Ma partiamo, tutti assieme.
Sarà una lunga estate. Facciamo che ne venga fuori qualcosa di duraturo.
Poscritto. Forse avremmo potuto e dovuto parlarvi della possibile/probabile cessione dell’Inter. Sinceramente: quando Moratti se ne andrà, sarà in ogni caso un’epoca che si chiude. Però, e questo è il punto, prima o poi si chiude qualunque epopea: per stanchezza, per difficoltà, per normale ricambio. C’è attesa, non può non esserci; ma, anche qui, andiamoci piano: Moratti, pur con i suoi difetti, è solito parlare a bassa voce, ed è giusto rispettarlo.