#RoyalBaby
Alla fine è nato. Il nuovo erede della famiglia reale d’Inghilterra, figlio di Kate e del principe William, è venuto al mondo. Benvenuto Royal Baby.
Non che sia stata un’attesa per la quale avessimo perso il sonno di notte, né un avvenimento che ce lo toglierà dall’emozione. Ma in rete e sui social non si parla d’altro.
Le frasi più lette, specie su Twitter, sono “Il #RoyalBaby è nato, è maschio, pesa circa quattro kg e sta bene”, “Il travaglio di Kate per il #RoyalBaby è durato sempre meno di un discorso di Letta sull’importanza del governo delle larghe intese”, “Il #RoyalBaby sarà in uscita giovedì prossimo con il settimanale “Chi””, per concludere con “Nato il #RoyalBaby, Galliani ha già detto che anche lui è sempre stato milanista”.
Insomma, se ne legge di ogni. E, per quanto pare che l’avvenimento non interessi a nessuno, è l’argomento più discusso — per distacco — delle ultime ore.
Ma infondo anche noi pallonari, che ci riduciamo a leggere pure queste notizie in assenza del campionato italiano, non stiamo un po’ aspettando la nascita del prossimo Royal Baby del calcio?
Questo, d’altronde, è il periodo ideale per fare ipotesi, formazioni, fantasticare sull’esplosione definitiva di qualche talento della nostra squadra del cuore.
Per la stagione 2013/2014 chi potrebbe essere il successore di El Shaarawy, che nonostante una seconda parte di campionato sotto tono è senza dubbio l’ultimo Royal Baby nato in Serie A?
I nomi ci sono e sono tanti. Potrebbe essere l’anno della consacrazione definitiva di Pogba, che dopo essersi messo in luce con la Juventus ha guidato la Francia Under 20 alla conquista del Mondiale; o quello di Icardi con la maglia dell’Inter, dopo le dieci reti segnate nello scorso campionato con la Sampdoria; o, ancora, quello di Cristante e Saponara del Milan o quello, finalmente, di Insigne a Napoli.
Tutti giovani talenti in attesa di sbocciare definitivamente, magari grazie — soprattutto — alla fiducia dei loro allenatori e a un pizzico di fortuna.
Ma se invece di guardare all’obiettivo singolo, come può essere la nascita di una nuova stella, le nostre squadre si concentrassero su un progetto a più ampio raggio, come la crescita di tutto il movimento calcistico in Italia? Sarebbe decisamente meglio.
Bisogna ritornare a puntare sul gioco del calcio, è quello il vero asso nella manica, la migliore arma a disposizione per vincere.
La giocata del singolo non dev’essere il mezzo attraverso il quale esprimere un calcio scintillante ma, viceversa, l’esaltazione di un’organizzazione corale.
Tornare a vedere il gioco come causa ed effetto, punto di partenza e punto di arrivo, come già da altre parti fanno con successo. Solo in questo modo le giovani stelle delle nostre squadre troverebbero l’ambiente ideale per esprimersi al meglio senza l’eccessiva paura di sbagliare per via delle troppe responsabilità. E, migliorando il gioco, migliorerebbe lo spettacolo offerto, aumenterebbero i tifosi allo stadio e tutto il nostro movimento riconquisterebbe fiducia.
L’estate, così come l’attesa per la nascita del nostro #RoyalBaby, prosegue e tra poche settimane inizierà una nuova lunga stagione — che ci condurrà al Mondiale brasiliano — che durerà nove mesi, come una gestazione.
Con la speranza che i dottori, venendoci incontro per darci la lieta notizia, ci dicano: “Signori, siete fortunati: è un bel Calcio”.