Home » La partita di… Luigi Recchia

A volte ci sono delle partite che, nonostante il risultato non proprio favorevole, rimangono comunque impresse nella memoria. Magari perché è stato uno spettacolo dal punto di vista tecnico, o più spesso perché è stata un’altalena di emozioni. E anche se alla fine non va come avevi sperato, le emozioni restano, così come resta quella voglia di rivalsa, di compensazione, che ti fa dire “la sorte dovrà ripagarci una buona volta!”. Ecco. In questa occasione la sorte ripagherà con gli interessi tanta amarezza. E si arriverà addirittura a ringraziare il cielo perché in quel giorno non tutto è andato per il verso giusto.

Ma andiamo con ordine: 15 marzo 2000. La Lazio, dopo aver cominciato una rimonta in classifica che solo tre settimane prima sembrava impossibile, vuole piazzare l’allungo decisivo per raggiungere la Juventus. L’occasione però non è delle più favorevoli, visto che c’è in programma la temibile trasferta di Firenze. I viola sono indietro in classifica e non hanno più nulla da chiedere al campionato, è vero. Ma sono pur sempre la squadra di Batistuta, di Chiesa, di Rui Costa, di Toldo. Non molleranno il colpo tanto facilmente.

In più, c’è un fattore scaramantico che rende inquieti i tifosi biancocelesti: nello stesso periodo la stagione precedente fu compromessa proprio da un pareggio al Franchi che rese possibile il sorpasso del Milan. Fu una partita strana, giocata male dalla squadra biancoceleste, che tuttavia avrebbe anche potuto farcela. Ma l’arbitro Treossi aveva deciso di sorvolare su un plateale contatto in area, negando un solare rigore ai capitolini. Una coda velenosa degna di una partita infausta. Una beffa di quelle che si stampano nella memoria e fanno apparire fantasmi non appena si presenti un’occasione simile.

batistuta fiorentinaPer il popolo laziale, questo è un periodo di grande eccitazione. E anche io, lo ammetto, non facevo eccezione. Avevo solo dieci anni all’epoca, è vero, ma ero già un tifoso al limite del maniacale. Quella stagione aveva tutte le carte in regola per essere “la stagione”: era l’anno del centenario ed era una delle Lazio più forti di sempre. Mi sembrava che i tempi fossero finalmente maturi per festeggiare quel tanto desiderato scudetto. L’idea del bianco e del celeste che ridipingevano a nuovo la città con i festeggiamenti era un sogno. E anche una piacevole novità, visto che in vita mia avevo visto spiccare festanti solo il rosso-nero ed il bianco-nero. Avrei sacrificato tutto o quasi perché si realizzasse il mio sogno. Brutti voti, giochi vari e qualsiasi altra cosa. Per la Lazio avrei fatto qualsiasi cosa, e per me passava in primo piano qualsiasi cosa, anche questioni magari più serie. Dovete capirmi, ero ancora un bambino. Non che ora sia molto più maturo e meno maniacale: se mi chiedete di scegliere tra una notte con Megan Fox e la Champions League alla Lazio, vi risponderei in maniera netta. E voi mi mandereste in un posto che è poco elegante riportare. Perdonatemi, son fatto così…

Erano però anche gli anni della diffusione limitata della pay-tv. Non c’era ancora quella capillarità che conosciamo oggi, quando scendendo le scale di casa, possiamo trovare nel giro di massimo 5 chilometri (per esagerare) un bar o un pub qualsiasi pronto a trasmettere la partita. All’epoca cercavo di arrangiarmi al meglio cercando di raccattare inviti a casa dei pochi possessori della “parabola”. Quando la fortuna non mi assisteva invece, si ricorreva alla radio. Tutto il calcio minuto per minuto, in compagna del pallone di pezza per “emulare” le azioni che venivano narrate sul filo dell’etere. I familiari, esasperati, avevano finito per rassegnarsi a tutto ciò.

Quel pomeriggio, toccava alla radio quindi trasmettermi le emozioni di una partita che almeno nei primi 20 minuti vedeva un dominio territoriale della Lazio non sfruttato però a dovere. La prima squadra ad esultare fu quindi la Fiorentina, con un gol di Batistuta al minuto numero 25. Batistuta era lo spauracchio autentico di tutti i tifosi della serie A all’epoca, forse anche più dei vari Vieri, Ronaldo e Shevchenko. Ogni volta che sentivi nominare il suo nome durante la radiocronaca sobbalzavi, sperando in cuor tuo che si trovasse come minimo dietro la linea di metà campo. Un suo gol insomma, era già messo in preventivo. Per cui non mi scoraggiai troppo.

simeone-300x225 In più, c’è da dire che la squadra all’epoca era in grado di ribaltare le situazioni sfavorevoli in un batter d’occhio, grazie all’elevato tasso tecnico a disposizione. E infatti il gol che arriva dopo due minuti ne è la dimostrazione: velo splendido di Salas e tocco sotto magistrale di Nedved. 1-1 e palla al centro. Nemmeno il tempo di esultare, che subito la gioia si moltiplica, grazie ad una parabola di Sinisa Mihajlovic sfiorata dalla fronte di Boksic. La Lazio va al riposo in vantaggio, tra l’altro ampiamente meritato. Per un tifoso, non può esserci fonte di appagamento maggiore.

Se il primo tempo però è stato appagante, il secondo non è descrivibile con una sola parola. Di sicuro però, non inizia nel migliore dei modi, visto che Enrico Chiesa sigla subito il pari, complice un’uscita poco felice di Ballotta. Ma la Lazio ha a disposizione un solo risultato: la vittoria. E quindi si getta in avanti, trascinata da un Nedved in giornata di grazia. Ed è proprio il ceco a finire a terra in area di rigore a 10 minuti dal termine: rigore!

Sul dischetto si presenta Sinisa Mihajlovic. Da tempo ormai il serbo si contendeva il ruolo di mio giocatore preferito con il capitano Alessandro Nesta. Avevo scelto due difensori e questo può sembrare anomalo, ma nella scuola calcio quello era il ruolo che mi era stato assegnato e quindi cercavo modelli da imitare in quel settore. Nesta aveva il tempismo ed il carisme dei grandissimi interpreti del ruolo, mentre Sinisa era tecnico pur essendo dotato di cattiveria agonistica. Una magnifica coppia centrale. Di fronte a lui però c’era Francesco Toldo, uno dei portieri più quotati della serie A, nonché ottimo pararigori. Qualche mese dopo balzerà agli onori della cronaca per quel famoso Olanda-Italia degli Europei 2000, ma a dir la verità, la parata che il portierone viola compie sul centrale laziale è di gran lunga più difficile di quelle che dovrà opporre ai tulipani. Un tiro secco, angolato e preciso. Ma lui ci arriva comunque.

La vera altalena di sentimenti e sensazioni inizia proprio qui. A un minuto dalla fine infatti arriva clamorosamente un secondo rigore. La vita raramente concede una seconda chance, stavolta ha deciso di farlo. Ed è ancora Sinisa Mihajlovic ad attribuirsi il ruolo di giustiziere: stesso angolo, se possibile ancora con più potenza di prima. Stavolta le mani di Toldo sfiorano soltanto il cuoio, la palla finisce in rete. Il popolo biancoceleste è in tripudio e non può nemmeno lontanamente presagire quanto il destino abbia deciso di essere beffardo. E così, quando la radio annuncia a 20 secondi dalla fine un calcio di punizione dal limite per i viola, iniziano tutte le preghiere,le esortazioni e le scaramanzie del caso, per evitare beffe supreme. Tutto inutile. La parabola di Batigol è perfetta e non lascia scampo a Ballotta e spegne tutti gli entusiasmi che si erano accesi intorno a quella rimonta. L’amarezza è tanta: di nuovo si ha la sensazione che la stagione sia andata in fumo. Cinque punti in quattro giornate da recuperare sono un po’ troppi.

Perché questa partita dovrebbe rimanere particolarmente impressa nella memoria? Per insegnare che non bisogna mai lasciarsi abbattere dalle delusioni e credere. Quella stagione infatti si concluderà in gloria per la Lazio. Un trionfo sofferto, romanzesco, palpitante, che verrà ottenuto ben oltre i tempi canonici, visto l’acquazzone di Perugia. Forse avrei dovuto descrivere quella partita, o quella giornata. Ma quando ripenso a quella fantastica stagione che mi ha fatto innamorare follemente per sempre di questo sport, la prima partita che mi torna in mente è sempre questa. E non potrebbe essere altrimenti. Dentro questa partita ci sono condensate tutte le emozioni che prova un ragazzo che ha voglia di veder trionfare la propria squadra. È anche grazie a quel Fiorentina-Lazio che ancora a distanza di 13 anni, quando parte il calcio di inizio di una qualsiasi partita di calcio provo la sensazione di stare per assistere ad un grande spettacolo, che animerà le passioni di diversi tifosi.