Home » La partita di… Matteo Portoghese

Un francese va a Dortmund, con alcuni compari inglesi e uno scozzese attempato ma d’acciaio. Ci sono anche un tedesco dal cuore immenso, oltre che un gigante finlandese.

Divertente ed emozionante, ripensare alla “partita di” molti collaboratori, perché la scelta è soggettiva e parla la lingua delle ragioni del cuore. La mia cade allora su Liverpool-Alaves, finale della Coppa UEFA 2001, primo vero seme di una passione vivissima per la squadra ora allenata da Brendan Rodgers, serata indimenticabile fatta di 5 mila lire volanti e di montagne russe grazie alla leggenda di Robbie Fowler.

Coppa UEFA, perché in una storia che evade dal calcio moderno e dal quarto opposto obbligato e maledetto servono i nomi veri. Si chiamava così, era più bella così. Qualcuno l’aveva già declassata, sacrificata sotto l’altare del dio denaro e della Champions League non più solo dei “champions”, ma l’Europa era ed è la sede storica naturale del Liverpool, club fra i più titolati del Vecchio Continente. L’occasione era anche storica, perché varie ferite si erano appena rimarginate (almeno sul piano sportivo): tornare in una finale continentale voleva dire voltare pagina, voleva dire prima finale da quella tragica (e maledetta) notte dell’Heysel. Era un po’ anche la risposta al treble del Manchester United di 2 anni prima, era un piccolo ma importante passo nella storia.

JordiL’avversario? L’Alaves, meteora spagnola di quegli anni, nella cui formazioni ad oggi scorgiamo alcuni “talenti” in realtà non rivelatisi tali. Con ordine, fra gli altri, Cosmin Contra e Javi Moreno, le cui maglie non sono proprio state ritirate dal Milan. E pure Jordi Cruyff, giocatore a mio avviso sottovalutato o in generale bistrattato per via del peso di un nome. Un nome sulla maglia che, se a volte è grimaldello capace di aprire le serrature più toste, altre volte ti schiaccia sotto il peso dell’aspettativa.

Pochi giorni prima, scommisi 5 mila lire col mio migliore amico. Due euro e cinquanta, avremmo detto un anno dopo: era l’ultima coppa Uefa con lire, franchi, marchi e pesetas. Volevo vedere vincere il Liverpool, volevo che questa squadra un tempo regina europea (fino ad allora, 4 Coppe dei Campioni in bacheca) brillasse e trionfasse. Volevo fosse un viatico alla vittoria, in futuro, della Premier League ma sto ancora aspettando: il calcio è romantico ma anche spietato.

Pronti via e allora Markus Babbel batte Martin Herrera e la sblocca. Che giocatore, il tedesco! Ex Bayern, 50 presenze con la Germania, esperienza immensa. Faceva compagnia a Sami Hyypiä (leggenda vera, capitano), Stéphane Henchoz e Jamie Carragher (leggenda in progress) in una pacchetto difensivo che di gol ne avrebbe presi 4 in un colpo solo, fatta però di muscoli e intensità, in una partita dove a un certo punto saltarono gli schemi, e non è un luogo comune giornalistico.

Con ordine, un ragazzo di Liverpool di 21 anni, cugino di un giovane che ad Hillsborough era andato per vedere una partita di calcio e non vi aveva più fatto ritorno, raddoppia al 16′ e allora sì, eccolo il Liverpool tornare grande. Eccolo l’alloro europeo, dopo la FA Cup conquistata 4 giorni prima e la League Cup presa a Wembley in Febbraio.

McAllister Gerrard Liverpool 2001Ma non può essere una finale del Liverpool se non è complicata, nel bene e nel male uno si accorge di queste cose. Il pensiero vola, a posteriori, al 2005 (Champions League), o a quella rocambolesca finale di FA CUP con il West Ham, la finale di Gerrard.

Già, non può essere facile, non così e allora l’Alaves, che finalmente ricorda il copione scritto e la parte assegnatagli dagli dei del football, la rimette in piedi con caparbietà. Iván Alonso accorcia le distanze al 26′ e la cosa si sta facendo di nuovo complicata. Meno male che c’è Michael Owen, che si procura un rigore calciato da quell’eroe di Gary McAllister: 3-1 e tutti al riposo, anche io con quel vecchio Telefunken. Così vecchio da non avere il televideo, per dire.

Al rientro, Javi Moreno trafigge 2 volte in pochi minuti Sander Westerveld  (6 presenze in nazionale in tutta la carriera, ma mi manca!) e l’inerzia è tutta spagnola, tutta di questo piccolo club che sta scalando l’Olimpo dello sport europeo ed è pronto a regalare ai suoi tifosi giunti al Westfalenstadion l’imperitura gioia. Qua diventa tutto un po’ magico, perché questo Liverpool era fatto di maghi, nel classico mix di gente giovane e gente esperta. Mi sembra di vederla in questo momento, la vecchia tv dove finalmente vedo entrare Robbie Fowler, semplicemente uno dei calciatori più brillanti che io ricordi.

È grazie (o per colpa di…) gente come Fowler che amo questo sport, se lo adoro e continuo ad appassionarmici nonostante scandali, scommesse, disillusioni generazionali: da sinistra verso il centro, gol e buonanotte, gente così non ne vedrò più. In verità ci sono il pari di Cruyff e l’autogol, nei supplementari, di Delfí Geli ed è 5-4, è Coppa UEFA, è tris di coppe!

UEFA CUP FINAL. LIVERPOOL V ALAVES. PIC. ANDY HOOPER CARRAGHER ANS FOWLERCosa resta, adesso, di una squadra così pazza? Prendere 4 gol in una finale, farne 5 in 120′, vedere Fowler subentrare a Heskey (non quello dei memes, ma un giocatore rispettabilissimo) e fare quel gol lì? Rimane Gerrard, che nelle pagine della sua autobiografia parla di questa partita con un entusiasmo tale da fartelo rivivere, tale che passeresti più che volentieri altre 2 ore, a 14 anni appena compiuti, davanti a quel vecchio televisore che ha fatto vincere il Liverpool.

5 mila lire di ricordi, un’adorazione pressoché religiosa per Gary McAllister e qualsiasi cosa lo riguardi, la mente che quando Owen e Carragher si sono ritirati è corsa subito a quel 16 maggio 2001.

Cose che nessun quarto posto in campionato potrà mai regalare.

http://www.youtube.com/watch?v=jSWrN65VvBY