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Stevan Jovetic nasce nel 1989 a Podgorica, come Dejan Savicevic, si fa notare giocando nel Partizan Belgrado e sbarca a Firenze nel 2008, a 19 anni. Come tanti giocatori dell’Est, spenderà la maggior parte della propria carriera lontano da casa: prossima fermata Manchester, lato sceicchi.

Nell’ultima stagione, insieme a Cavani, era considerato uno dei pochi top player che ancora ‘pandeggiavano’ nel campionato di serie A. Oggetto del desiderio bianconero, in molti lo avevano già ribattezzato “Juvetic”, eppure, vuoi per l’impuntatura economica dei dirigenti viola, vuoi per il ripiegamento dei notabili juventini su Tevez, alla fine il montenegrino porterà altrove il suo cospicuo bagaglio tecnico.

Il City acquista un attaccante moderno, ottimo nel controllo di palla, capace di saltare l’uomo e di concludere di precisione, né ala né punta esterna, senza il fisico del bisonte d’area ma con un’agilità nei movimenti e una capacità di intuire gli spazi liberi, per appoggi o inserimenti, che lo renderebbero il perfetto centravanti di manovra in una squadra a vocazione concertistica, come avrebbe potuto essere il Barcellona. E soprattutto prende un giocatore di ventiquattro anni, nel pieno della carriera, ambizioso, riflessivo e pronto a rappresentare per il Manchester City quello che in passato furono Platini o Zidane per la Juventus: giocatori capaci di dettare un salto di qualità europeo a degli organici già forti in ambito nazionale.

A Firenze non c’è tempo per rimpiangere “Jo-Jo”, è già sbarcato Mario Gomez, il bomber teutonico destinato a prenderne il posto, autentico monolite d’area, centravanti puro e ariete da “triplete” nel Bayern Monaco di quest’anno.

Del resto, il “progetto Montella” ha dimostrato di poter girare anche senza Jovetic, autore di un’ultima stagione in chiaroscuro, se di scuro si può parlare quando comunque si mettono a segno 13 centri. Qualche fragilità muscolare di troppo, una scarsa propensione al sacrificio fisico e un certo contingentamento dell’impegno in campo avevano già diluito il rapporto d’affetto tra Jovetic e la Fiorentina. Degli anni in maglia viola, restano 35 gol in 113 partite e un ottimo ricordo dell’avventura in Champions League, vissuta ai tempi di Prandelli. “Lasciamoci così, senza rancore”, si potrebbe anche chiosare.

Al City, Jovetic maturerà anche un notevole scatto in avanti dell’ingaggio percepito. L’errore – almeno sportivamente, s’intende – sarebbe accontentarsi di questo. Ma la sensazione è che stavolta gli sceicchi abbiano comprato il giocatore giusto, da affidare all’allenatore adatto, quel Manuel Pellegrini amante dei calciatori tecnici e del calcio palla a terra, in grado di poter valorizzare le fantasie balcaniche dell’ex gioiellino viola. Prima del croato Mandzukic, che quest’anno ha firmato la vittoria del Bayern, era dai tempi di Savicevic e Mijatovic (anche quest’ultimo montenegrino di Podgorica) che un giocatore dell’ex Jugoslavia non firmava una vittoria in Champions League. Adesso tocca a Stevan Jovetic, dimostrare dove vuole arrivare.

Chi si impoverisce è sicuramente il patrimonio tecnico complessivo della serie A, che, oltre a Cavani (classe ’87) perde a colpi di petroldollari forse il miglior ’89 del panorama calcistico internazionale.
A ventiquattro anni, Van Basten, Gullit, Maradona, Zidane, Kaka, Batistuta e Shevchenko, una volta giocavano nel campionato italiano.
Ciao Stevan, mandaci una cartolina.