Home » La partita di… Francesco Piacentini

“Sta per finire il primo minuto di recupero, l’unico, vediamo se entrerà Leko, palla in area… la mischia furibonda, conclusione, gooool! Goool! In zona Turchia! Semih, uno a uno! Cose mai viste a Vienna!”

E’ così che voglio aprire questa storia. Una storia “sempre uguale e sempre diversa“, per dirla con Don Camillo. Sempre uguale, perché il minimo comune denominatore della nostra serie di articoli è l’emozione, l’urlo, il battito del cuore. Sempre diversa, poiché non si sa dove andremo a parare. C’è chi parla della propria squadra del cuore, chi della propria Nazionale e chi invece ha indelebile nella memoria uno Stefano Bizzotto al fulmicotone, che esplode nel racconto del pareggio della Turchia contro la Croazia all’ultimo minuto dell’ultimo tempo supplementare, durante l’Europeo del 2008. Se poi aggiungiamo il fatto che il gol balcanico era arrivato appena 120 secondi prima, bè, siamo davanti a una partita che “val bene una messa“.

bilic croazia pp mpGLI ATTORI – Dietro la quinta sinistra, c’è una Croazia che arriva da un girone di qualificazione dominato, in cui elimina l’Inghilterra e perde solo contro la Macedonia, in una gara distratta. Chiude a pieni punti, invece, il Gruppo B, dove le suona alla Polonia, ai padroni di casa austriaci e alla neonata Germania targata Joachim Löw. L’allenatore Slaven Bilić può contare su alcuni over-30 arzillissimi ed esperti, che rispondono al nome di Robert Kovač, Niko Kovač e Josip Šimunić: tutta gente che in Germania ha recitato parti da protagonista. C’erano poi i talenti nel fiore della carriera, tra cui un Ivica Olić ancora letale e un Dario Srna già completo. E poi i baldi giovani: Ćorluka, Rakitić, Kranjčar e un tal Modrić, che finisce l’Europeo con il contratto del Tottenham in mano.

Fatih TerimDalla quinta destra, ecco spuntare una Turchia con grande talento, allenata da una vecchia volpe come Fatih Terim. Arda Turan, Servet Çetin, Hamit Altintop, Belözoğlu Emre, Nihat Kahveci direi che bastano come introduzione a una Nazionale con gli attributi. E’ il peregrinare che li porta ai quarti di finale che passa però alla storia: batosta contro il Portogallo alla prima uscita e due vittorie all’ultimo respiro contro Svizzera e Repubblica Ceca. Arda Turan e Nihat i rispettivi eroi di serata, con l’allora punta del Villareal che fa 3-2 ai cechi con una doppietta nel finale: assurda la papera di Cech, spettacolare il bolide al 90′.

 

LA RAPPRESENTAZIONE – Sul palco si presentano quindi due compagnie diverse: dai Balcani arrivano al gran completo dei talentuosi attori principali, contornati da allievi che supereranno i maestri; dai Dardanelli, invece, si Hamit Altintop, Niko Kranjcarpresentano ventitré individui: otto sono indisponibili, molti sono ottimi monologhisti, altri li guardi e pensi al teatro dell’assurdo. L’arbitro Rosetti apre il sipario e si comincia. Lotta, spunti, mezze idee e una buona dose di ignoranza in mediana. Attimi di eccitanti opere shakespeariane si mischiano a sacre rappresentazioni da coma istantaneo e irreversibile. La classe di Arda Turan e Hamit Altintop deve fare i conti con l’arteriosclerosi di Emre Aşık; la divina tecnica di Modrić sbatte contro qualche compagno non troppo sveglio.

Alla fine succede ciò che era prevedibile: una Croazia fluida che gioca a memoria, contro una Turchia attaccata con lo scotch, ma che combatte come pochi. Partita lenta di ritmo, a volte bloccata, ma con pregevoli trovate d’ingegno. La tattica e l’attesa sono merito dei condottieri: un Fatih Terim con camicia bianca aperta in stile “vacanza homo a Mykonos” e uno Slaven Bilić in trip da acidi, che vaga per l’area tecnica con sguardi assatanati.

Semih Senturk, TurchiaLA SCENA MADRE – Si va tranquillamente ai supplementari, molto poco vivaci, finché accade qualcosa. Srna viene in pratica fucilato al limite dell’area, ma la sfera arriva lo stesso sulla linea di fondo. Rüştü, fin lì impeccabile, ritorna bambino e si ricorda quando, nelle strade di Antalya, giocava a ruba bandiera con gli amici del quartiere. La bandiera è il pallone, l’avversario Modrić. Il croato arriva prima, il portiere innesta una retromarcia da Vin Diesel anatolico, palla in mezzo e il neo-entrato Ivan Klasnić la mette dentro di testa. E’ il 119′ minuto. Una storia meravigliosa: dopo un doppio trapianto di rene, il buon Ivan porta in semifinale la sua Nazionale. No.

Rüştü deve porre rimedio e rinvia alla “viva il parroco” (o meglio, alla “viva l’imam”): la palla arriva in un mucchio di maglie, repentinamente ne esce e si infila direttamente nel sette difeso da Pletikosa. Nel momento in cui Semih Şentürk zittisce lo stadio, nel mio salotto si sente un urlo da Bruce Rustu Recber, Stipe PletikosaDickinson dei tempi d’oro. Quella rete mi fa esultare e rimane scolpita nella mia memoria, forse per le emozioni che avevo provato visitando Istanbul, viaggio che mi portava a tifare Turchia, o forse per l’ammirazione verso quel gruppo di matti in maglia rossa con stella e mezzaluna.

Arrivano gli ormai insperati rigori. A parte Srna, gli altri tre tiratori croati sbagliano tutti i tiri dal dischetto. Forse trovarsi tra i pali un individuo a metà tra un narcotrafficante e la mia prof di greco, con le guance solcate da due strisce nere, che agita le braccia come un forsennato non ha giovato alla tranquillità dei ragazzi di Slaven Bilić. A proposito, memorabile la reazione del CT balcanico al gol turco: egli scatta come una molla e si precipita dal quarto uomo, inveendo in idiomi di lontano senso logico, per il fatto che il direttore di gara non ha dato il via libera alla sostituzione chiesta dalla panchina. “Vediamo se entrerà Leko“, Croazia, Vedran Corlukadiceva Bizzotto in cronaca, ricordate?

APPLAUSI E INCHINI – E così si conclude la nostra serata in teatro: il pubblico applaude, i tifosi a scacchi un po’ meno. La Turchia si inchina di fronte alla platea di Vienna, il terzo miracolo consecutivo è avvenuto: ora è semifinale contro la Germania. Sul palco potranno salire in 14, la panchina più corta della storia, causa infortuni, espulsioni e macumbe lanciate da cechi, svizzeri e croati. Paradossalmente, sarà la gara giocata meglio dalla truppa di Terim a decretarne l’uscita dai giochi. Philip Lahm sarà l’attore principale: suoi i meriti dei tre gol tedeschi, sue le distrazioni che porteranno alle due marcature turche.

Forse fu meglio così, poiché, con quell’andazzo, in finale ci sarebbero arrivati in otto. Scarsi.