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Che la Capitale fosse divisa dall’amore per le due squadre che la rappresentano lo sapevamo già tutti; che però lo fosse anche tra i tifosi di una stessa squadra, la Roma, è un qualcosa che stiamo intuendo in questi folli giorni di mercato e costruzione dell’As Roma che verrà. La presentazione della nuova maglia giallorossa ha acceso definitivamente la scintilla: nell’Urbe, adesso, c’è caos, procurato da scelte societarie che convincono veramente poco.

Già il nuovo logo aveva suscitato profonde polemiche: semplice, troppo semplice, a tal punto da sembrare, vox populi, “quello delle bancarelle”. Piazzato, poi, su una maglia “presa dal derby del cuore” – altra vox populi – non è che renda l’atmosfera dalle parti di Trigoria entusiasta e festosa. A queste cose, aggiungiamo i problemi legati al rinnovo di Totti (lui chiede due anni, Pallotta & friends gliene vogliono concedere uno, e poi chissà), alla sua battuta “questa sarà la mia ultima maglia giallorossa”, alla questione stadio, al mercato ancora in subbuglio, alla scelta dell’allenatore avvenuta a sua volta in maniera poco decisa (Garcia, con profondissimo rispetto per lui, è stata la terza scelta: Allegri la prima, Mazzarri la seconda. E c’era pure Mancini).

Insomma, incertezze tante, dubbi altrettanti, sicurezza ben poca. Si diceva di un mercato nel caos, ed effettivamente così è: perché preso Strootman, ottimo acquisto – e ben pagato -, ora c’è da trovare il portiere: questione ancora in alto mare. Marquinhos e Osvaldo non si sa ancora che fine faranno, Jedvaj è una scommessa per il futuro, così come lo è Łukasz Skorupski, estremo difensore classe 1991 prelevato nelle scorse ore dai giallorossi.

Dunque: riassunta in breve la situazione, tracciamo adesso una linea, sommiamo le cose, e proviamo a calcolare quello che potrebbe essere la risultante di tutte queste situazioni insieme. Ciò che si produce sembra proprio la stessa condizione vissuta nelle due stagioni passate, con l’oramai eterno “progetto” da portare avanti, ma stavolta con un ingegnere capo in meno, Baldini, e un team leader diverso, Garcia. Ecco: nelle mani di quest’ultimo, nel suo carisma, nelle sue ambizioni, nella sua capacità di fare gruppo e gestire la squadra c’è il futuro prossimo della Roma; una Roma che, adesso, sembra tutt’altro che italiana, tutt’altro che romana. Perché, non ce ne vogliano, ma mr. Pallotta e mr. Zanzi stanno, sì, mettendoci voglia e idee, però… con tutta sincerità: non ci siamo. Stile approssimativo, perfino pacchiano in alcuni casi, lavoro di bassa fattura nonostante alcune intuizioni comunque eccellenti, come lo sviluppo dei social network e la diffusione sempre maggiore del marchio As Roma.

Cari ‘mmerecani, per dirla come l’avrebbe detta lui, romano e romanista doc, sua maestà Alberto Sordi: siete venuti nella Capitale, volete fare gli italiani, iniziate a ragionare, allora, come si fa da queste parti. Cominciate a immedesimarvi nei tifosi, ma a farlo davvero: non chiedendo loro di che colore fare la maglia, per poi ‘autoprodurre’ un qualcosa che a qualcuno – a pochi, per dir la verità – piace, e a molti altri no. Cominciate a vivere lo stadio, la città, la romanità, e sentire sulla pelle la passione per questo sport che in Italia infiamma le domeniche e tiene vive le settimane. A voi lasciamo i panini, il football, il baseball e ok, anche il basket; però “il calcio è un’altra cosa – disse Fabio Caressa ai mondiali 2006, presentando Italia Stati Uniti – Nel calcio… vogliamo comandare noi”.