Home » La partita di… Alessio Milone

La ricordo come se fosse ieri: da quel momento in poi ho iniziato ad appassionarmi di calcio, fu il giorno, anzi la sera, in cui nel sangue iniziò a scorrermi la passione per questo sport che, nel corso degli anni, si è trasformato in parte fondamentale del mio lavoro. Italia-Argentina 1-1: stadio San Paolo, lo stadio del Pibe de Oro, e l’atmosfera era surreale: tantissimi, ricordo, tifavano Argentina. Io, che avevo neanche cinque anni, alzai gli occhioni e chiesi a mio padre: “Pa’, chi è l’Italia?” Mio padre rispose, categorico: “Gli azzurri, quelli con la maglia più bella”. Replicai: “Allora sono quelli con le strisce bianche, guarda: hanno il sole sulla bandiera”. Non so cosa scattò negli occhi di mio padre, ma ancora adesso mi sento fulminato al solo ricordo del suo sguardo glaciale.

Oggi, 12 luglio 2013, son passati tanti anni, ma ancora col mio vecchio ogni tanto ne parlo: ricordo – vagamente, ma ero un piskelletto – il gol di Schillaci, che a quanto mi diceva papà era fortissimo perché la buttava dentro sempre e comunque; poi quello con i capelli lunghi e biondi, Caniggia, “fece uno a uno”. Domandai al vecchio: “e adesso? Vanno tutte e due in finale”? No, si giocò ancora, fino ai calci di rigore.

Inutile ricordarvi come andò: a casa di Maradona vinse lui, perché sbagliarono Donadoni e Serena mentre El pibe de oro no, e buttò dentro quello definitivo. Perdemmo, è vero, però combattemmo. Io, personalmente, vinsi: non da italiano, sconfitto come tutti gli altri in semifinale; ma da tifoso, quello sì. Tifoso di ciò che da quel giorno divenne per me lo sport più bello del mondo.