La Libreria di MP: “La squadra spezzata” di L. Bolognini

Ci sono libri di cui vale la pena parlare, anche se al momento sono di difficile reperibilità. Tra questi, segnaliamo il bel romanzo di Luigi Bolognini, “La squadra spezzata – L’Aranycsapat di Puskás e la rivoluzione ungherese del 1956”.

Intrecciando le reali vicende storiche della leggendaria squadra di calcio ungherese, entrata oggi nella mitologia del pallone, e quelle di Gàbor, bambino che all’epoca dei fatti si trova nell’età di passaggio verso il mondo adulto, Bolognini ricostruisce una memoria storica dell’epoca, evocativa tanto delle atmosfere de “I ragazzi della Via Pal” quanto delle fotografie storiche della cronaca del ‘900. Il tutto, tenuto insieme da un’accurata ricostruzione calcistica.

L’Ungheria del dopoguerra è un Paese che la delimitazione delle zone di influenza europee stabilita a Yalta, ha collocato nel versante sovietico. Grandi speranze di rinnovamento rivoluzionario e difficoltà economiche quotidiane convivono nel percorso di Gàbor, che come tutti gli ungheresi, è affascinato dal mito di una squadra che si sta imponendo all’attenzione sportiva del mondo, grazie ai suoi campioni come il fenomenale Puskàs, il regista Bozsik, il finto centravanti Hidegkuti, il colpitore di testa Kocsis e l’ala sgusciante Czibor. Alle loro gesta è vivamente interessato anche il regime di Rakòsi, segretario del partito comunista ungherese, che intuisce come i successi sportivi possano rappresentare meglio di qualsiasi ambasciata l’immagine di un’Ungheria da presentare come avviata felicemente sulla strada del progresso.

Bolognini ci illustra, con gli occhi di Gàbor, le rivalità tra Ferencvaros (tifoseria definita di destra) e Honved (la squadra dove confluirono i migliori talenti), l’emozione di un Paese intero dopo “la partita del secolo” del 25 novembre 1953, quando l’Ungheria strapazzò a Wembley (3-6) i maestri inglesi e una folla festante attese al confine e a tutte le fermate del treno il ritorno in patria degli eroi del popolo; ricorda la rivincita voluta dagli inglesi a Budapest (7-1 sempre per l’Ungheria) e l’avventura trionfale alle Olimpiadi di Helsinki; ma anche la svalutazione del fiorino e l’uso invalso di usare la carta moneta per tappezzare gli interni domestici, il caffè di cicoria e i razionamenti dei viveri. Ci racconta di come Puskàs fosse in virtù del suo successo il prescelto sia per inaugurare il Ponte delle Catene sulle sponde del Danubio sia per premiare quei lavoratori che si erano distinti per i livelli di produzione mensile. E lascia trasparire anche le insofferenze dei giocatori verso una pressione sempre più autoritaria degli organi di partito sulle loro attività.
Snodo cruciale è la finale di Berna contro la Germania Ovest, quando i tedeschi, sotto di due gol dopo 8 minuti, pareggiarono segnando a loro volta due gol in dieci minuti, nel finale, passarono in vantaggio e grazie anche ad un gol annullato a Puskàs (sceso in campo azzoppato dopo un’assenza durata per quasi tutto il mondiale a causa di un pestone rimediato proprio da un tedesco, quando nella prima fase del torneo l’Ungheria aveva annientato i panzer per 8-3) e ad un miracolo del portiere all’ultimo secondo, vinsero il titolo e impartirono l’unica sconfitta patita, dal 1950 al 1956 alla “Squadra d’Oro” (in magiaro, “Aranycsapat”).

Fu quello il momento in cui lo sfogo del malcontento diede la stura ad un’insofferenza via via crescente, destinata nel tempo ad andare ben oltre il fatto calcistico. Anni dopo Sebes, l’allenatore ungherese, si disse convinto che senza la sconfitta di Berna, probabilmente non ci sarebbe stata nessuna Rivoluzione.

Ma la Caduta degli Dei aveva denudato l’apparato scenografico, e nessuna illusione poteva più coprire la miseria di una quotidianità ben lontana dalle aspettative sognate. Gàbor si ritrova sempre più coinvolto nei fatti che portarono all’insurrezione del ’56 e alla successiva repressione dei carrarmati sovietici, segnando la storia di una generazione di ungheresi, mentre Puskàs e compagni dovettero andare a giocare altrove in Europa.

“La squadra spezzata – L’Aranycsapat di Puskás e la rivoluzione ungherese del 1956” di L. Bolognini, Limina Edizioni.

Per nota di cronaca, questo fu il percorso dell’Ungheria, in quei mondiali fatidici:

17/06/1954 UNGHERIA – COREA DEL SUD: 9 – 0 – 12’ Puskas, 18’ Lantos, 24’, 36’ e 50’ Kocsis, 59’ Czibor, 75’ e 83’ Palotas, 89’ Puskas;

20/06/1954 UNGHERIA – GERMANIA OVEST: 8 – 3 -3’ Kocsis (U), 17’ Puskas (U), 21’ Kocsis (U), 25’ Pfaff (G), 50’ e 54’ Hidegkuti (U), 67’ Kocsis (U), 73’ Toth (U), 77’ Rahn (G), 78’ Kocsis (U), 81’ Herrmann (G)

27/06/1954 UNGHERIA – BRASILE: 4 – 2 – 4’ Hidegkuti (U), 7’ Kocsis (U), 18’ D. Santos (B) rig., 60’ Lantos (U) rig., 65’ Julinho (B), 88’ Kocsis (U)

30/06/1954 UNGHERIA – URUGUAY: 4 – 2 dts – 13’ Czibor (Un), 46’ Hidegkuti (Un), 75’ e 86’ Hohberg (Ur), 111’ e 116’ Kocsis (Un)

04 / 07 / 1954 – Germania Ovest – Ungheria 3 – 2

Germania Ovest: Turek; Posipal, Kohlmeyer; Eckel, Liebrich, Mai, Rahn, Morlock, O. Walter, F. Walter, Schaefer – Allenatore: Herberger
Ungheria: Grosics; Buzanszky, Lantos; Bozsik, Lorant, Zakarias, Czibor, Kocsis, Hidegkuti, Puskas, Toth – Allenatore: Sebes

Reti: 6′ Puskas (UNG), 9′ Czibor (UNG), 11′ Morlock (GER), 18′ e 84′ Rahn (GER)

Published by
Paolo Chichierchia