La Sghimberla del lunedì – Il Calcetto
Abbiamo già parlato della temibile Terza Categoria, girone dantesco in cui 22 scavezzacollo si affrontano domenicalmente in paludi infestate dai peggiori bulli di periferia. Ebbene, a poche centinaia di metri di distanza da questi luoghi infernali, il calcio srotola un altro suo tentacolo che ultimamente ha raggiunto lunghezze ragguardevoli: il calcetto.
Si tratta di un compromesso, esattamente come la Terza Categoria. Ma è un compromesso per certi versi più aristocratico: i campetti sono quasi sempre costruiti in linea orizzontale (mentre, come si sa, la Terza Categoria si gioca generalmente su suoli di tipo lunare), c’è la copertura per quando piove e gli spogliatoi non sono “okkupati” da orde di scarafaggi in rivolta. Inoltre, punto focale della questione, occorre mettere insieme soltanto 10 pazzi anziché trovarne 22 e quegli esseri rari e leggendari chiamati portieri non sono affatto indispensabili.
Molti sono, in effetti, i giocatori di Terza Categoria che un brutto giorno finiscono col cedere al compromesso del compromesso e a buttarsi quindi su un campo di calcetto, con scarpini privi di chiodi arrugginiti e per questo molto meno letali, palloni morbidi anziché i macigni a sedicimila atmosfere utilizzati in Terza Categoria e un abbigliamento più casual solo di rado burocratizzato da olenti casacche con colori che si rifiuterebbe d’indossare anche Platinette a carnevale.
Eppure, pur non essendo forniti di numeri identificativi, anche i soggetti da calcetto si suddividono in categorie ben specifiche, che ricorrono sempre uguali su tutti i campetti del mondo. Noi vi elenchiamo le otto più comuni, certi del fatto che – almeno una volta nella vostra vita – le avrete incrociate più o meno tutte quante.
1. Il Fanatico
Uomo dal nobile palmares che però nessuno ha mai verificato, il Fanatico è il più temuto rompipalle che abbia mai calcato i campetti in erba sintetica. La sua caratteristica principale consiste nel non aver capito che tutti i suoi compagni non hanno intenzione di darsi al Futsal, ma semplicemente di giocare a calcio senza dover rincorrere il pallone su un campo di 100 x 50 metri. Fissato con tocchi di prima e palla a terra, egli non scende nemmeno in campo se il pallone non è stato gonfiato al millibar e può anche avere un ictus se non viene usato quello a rimbalzo controllato, che è uno strumento di tortura per giovani sportivi, mobile come una palla medica e divertente come una nottata chiusi in ascensore con il ministro Brunetta. La frase celebre del Fanatico, rivolta mille volte al giorno a chiunque si cimenti in un tiro in porta, è: “A calcetto si tira di punta, capito?”.
2. L’Amicone
L’Amicone è per certi versi l’opposto del Fanatico. Amabile, scherzoso e sempre pronto a dare una pacca sulla spalla ai compagni che compiono le più oscene minchiate in campo, costui gioca con un perenne sorriso in volto che generalmente fa incazzare a morte il Fanatico. I veri problemi si hanno quando la partita è tesa allo spasimo e l’amicone fa vincere la squadra avversaria all’ultimo minuto, perché anziché marcare l’attaccante era girato a raccontare una barzelletta sporca al custode. E’ quella l’unica occasione in cui il Fanatico vive il suo quarto d’ora di tollerabilità, dato che per pochi minuti l’odio della massa è rivolto altrove. La sua frase celebre è: “Ma sì, tanto è un gioco!”, cui segue generalmente un’irripetibile bestemmia del Fanatico.
3. Il Boss
Solitamente una sega immane, il Boss ha il posto fisso in squadra perché a lui è destinato il compito di organizzare la partita. Il suo cellulare ha in memoria ottomilaquattrocento nominativi di potenziali giocatori di calcetto e relativi cognati, tanto che alcuni Boss mantengono un telefonino a parte solo per organizzare il calcetto. Questo soggetto si presenta al campo con quattro ore d’anticipo, durante le quali controlla che tutto sia funzionante e se avanza tempo pulisce lo spogliatoio con uno strofinaccio. Nemico giurato del Ritardatario (v. categoria), il Boss dà il meglio di sé quando – a pochi minuti dall’inizio della partita – si registra il classico bidone dell’ultim’ora che riduce immancabilmente in nove il gruppo. A quel punto il Boss caccia fuori il telefonino e spende 1.600 euro in chiamate e sms per recuperare un decimo giocatore, che quasi sempre è la Pippa (v. categoria). La sua frase celebre è: “Allora, quando organizziamo la pizzata?”.
4. Il Metrosessuale
Questo soggetto non scende in campo se prima non s’è agghindato come se dovesse cavalcare il carro principale al gay pride, di fronte a quindicimila fotografi provenienti da tutto il mondo. La maglia è l’originale casacca del Manchester United presa a sole 180 sterline sullo store dei Red Devils. I pantaloncini sono autografati da Roberto Pruzzo e le scarpette in pelle di ostrica del Bangladesh gli sono costate quattro mesi di stipendio. Dotato di fascetta, chili di polsini e braccialetti, orecchini e anelli da ricoprire ovunque con nastro adesivo, del quale si adorna in tutte le articolazioni, il Metrosessuale si pianta nell’area avversaria e non arretra nemmeno se arriva un’armata di soldati Tartari pronti a violentare tutto il gruppo. La sua frase celebre è: “Visto, che colpo di tacco due mesi fa?”.
5. Il Solitario
La caratteristica principale del Solitario è di non aver mai effettuato un passaggio in vita propria. Il Solitario, in effetti, sembra non credere nella forza del gruppo. Fosse per lui, con 10 palloni si otterrebbe un risultato molto più interessante: per questo motivo, ogni volta che entra in possesso della palla, si fionda a tentare la penetrazione nella difesa avversaria venendo quasi sempre ridicolizzato al primo tentativo di dribbling. Quando, per un’imponderabile scherzo del destino, il solitario azzecca la giocata e segna un gol in slalom, generalmente esulta come Napoleone ad Austerlitz e ricorda l’evento per i successivi sei mesi, tutte le volte che qualcuno lo infama per il suo egoismo. La frase celebre è: “Ma se quando l’anno scorso te l’ho passata l’hai persa subito!”.
6. La Pippa
Nomade del calcetto, la Pippa viene chiamata solo in sostituzione di un bidonaro dell’ultim’ora e soltanto grazie all’infinita lista contatti del Boss. Le sue doti tecniche non sono messe in discussione, in quanto generalmente la Pippa non possiede vere e proprie doti, ma è incapace di inquadrare anche solo il concetto di coordinazione motoria e cerebrale. Negato per ogni genere di movimento elementare, questo soggetto diventa in breve l’ago della bilancia, costringendo i compagni a cambiargli posizione mille volte nella speranza di trovare per miracolo la sua vera vocazione. La scena si fa Tarantiniana quando in squadra con la Pippa c’è il Fanatico, la cui sopportazione dura all’incirca tre minuti, dopodiché si può notare una lineare trasformazione del Fanatico: prima sbuffa, poi borbotta, poi polemizza, poi urla, poi minaccia di non giocare più, infine scoppia a piangere negli spogliatoi. La frase celebre della Pippa è: “Peccato, potevamo quasi vincere”.
7. Il Portiere
Figura di ordine quasi mitologico, il portiere da calcetto è generalmente una ex Pippa molto orgogliosa che non s’è arresa al suo habitat primordiale e ha deciso di cimentarsi con impegno nell’unico ruolo in cui gli standard sono rasoterra. Il risultato è che il Portiere sbilancia il gioco esattamente come la Pippa, ma dal lato opposto, perché, dato che la porta da calcetto è larga più o meno come il finestrino di una Seicento, un portiere col pollice opponibile rende generalmente la propria squadra imperforabile. E’ assai raro, infatti, che sullo stesso campetto si verifichi la presenza contemporanea di due Portieri. La sua frase celebre è rivolta al tizio in barriera: “Intendevo la mia destra, non la tua destra”, cui generalmente segue la risposta: “Ma se ero girato pure io dalla stessa parte!”.
8. Il Ritardatario
Se la partita è alle 21.00, quest’uomo arriva al campo da calcetto intorno alle 21.40, vestito di tutto punto, completamente sudato, trascinandosi un borsone lurido, annodato alle caviglie. Quando incrocia lo sguardo assassino degli altri nove, il Ritardatario allarga le braccia e col fiatone fa: “Raga, mi spiace, mi è morta la nonna”. “Di nuovo?” rispondono i compagni. Il Ritardatario entra in partita solo negli ultimi 3 minuti, quando finalmente azzecca un passaggio e dà così il proprio contributo per mettersi l’anima in pace. Nemico acerrimo del Boss, che lo vorrebbe eliminare non solo dalla squadra, ma proprio dalla faccia del pianeta, è sostenuto dall’Amicone, che con una gomitata fa: “Sèh, la nonna… Eri con qualche gallinella, ammettilo!”. La frase celebre del Ritardatario è: “Uagliò, vi giuro che giovedì prossimo arrivo preciso”, seguita in genere da una crisi isterica del Boss.
Tante sarebbero le altre figure che si aggirano in questi campetti d’erba sintetica che generalmente sono impastati di tonnellate di sabbia o peggio ancora dei temibili tondini di plastica che si abbarbicano ai polpacci e devono essere tolti col laser, perché la doccia non è sufficiente. C’è l’uomo che tira da tutte le posizioni perché il campo è piccolo; quello che vuole un calcio di punizione ogni volta che un avversario gravita a meno di sei metri da lui, perché “nel calcetto non esiste contatto“; quello che costringe alla colletta i compagni perché in tasca ha da dodici anni lo stesso pezzo da 500 euro; quello che si presenta con entrambe le braccia ingessate per non fare il turno di cinque minuti in porta… E la lista potrebbe continuare all’infinito. Voi, a quale categoria appartenete?