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Confederations Cup: l’abbiamo vinta noi

Siamo giunti alla fine anche di questa grande manifestazione, che ha chiuso le danze stanotte con la finale Brasile-Spagna, stravinta dai verdeoro padroni di casa.

Ma, infondo, cosa ci resta di questa Confederations Cup 2013?
Prima di tutto, lasciatemelo dire, una bella e convincente vittoria della nostra redazione di MondoPallone.
Copertura totale della manifestazione, a partire dalla presentazione delle otto squadre, passando da tutte le cronache (e sghimberlo-cronache per la nostra nazionale) delle partite in programma e finendo con le principali dichiarazioni dei protagonisti.
Un lavoro encomiabile della nostra squadra di redattori dedicati, premiato, prima che dalle mie parole, da voi lettori e dai numeri fatti in termini di visite in queste due settimane. Grazie, a tutti voi.
Un successo, tra l’altro, che bissa quello avuto con l’Europeo under 21 e che pone le basi per il prossimo Mondiale. Continuate a stare con noi, non ve ne pentirete.

Tornando su discorsi di calcio giocato e non scritto, la Confederations Cup ci lascia un’Italia dai due volti: bella e solida contro la Spagna e in parte contro il Messico, ballerina e disunita contro Giappone e Brasile. Quella vista ieri contro l’Uruguay è una giusta via di mezzo tra le due.
Dal Brasile ci portiamo dietro alcune delusioni: prima fra tutte la difesa a quattro, non adatta, allo stato attuale, ai nostri azzurri, specie con un centrocampo con Pirlo, Montolivo e De Rossi.
Arrivati in Sud America con alcune convinzioni, le abbiamo smarrite tutte con il passare dei giorni. El Shaarawy e Cerci dovevano essere le nostre armi intorno a Balotelli e ci siamo ritrovati a giocare con Marchisio e Giaccherini per quasi tutte le partite. Del Faraone e dell’ala del Torino nessuna traccia.
Lo stesso Marchisio, avendo giocato fuori ruolo per tutta la competizione, è la terza delusione della nostra spedizione. Mai incisivo, mai entrato davvero nel ritmo delle gare. Essere una mezzala di qualità non vuol dire essere un trequartista, nel suo caso si è visto bene.

Oltre agli aspetti negativi, però, ci sono anche dei ricordi positivi da portare con noi in Italia: le prestazioni di alcuni singoli come Giaccherini, De Sciglio e Candreva, per esempio, che hanno dimostrato come si possa essere determinanti anche senza un’esperienza internazionale elevata.
O la compatezza e la bellezza dei primi 60 minuti contro la Spagna, grazie alla difesa a tre e a un gioco davvero spumeggiante. La crescita di Balotelli, sempre più leader del nostro attacco.
Insomma, alla fin fine una medaglia è pur sempre una medaglia e, vista la magra figura fatta nella Confederations del 2009, si può dire che sia un ottimo punto di partenza in vista del Mondiale 2014.

E gli altri? Gli altri sono Brasile e Spagna e, al momento, ci sono superiori.
Sottovalutando un Brasile che in attacco schiera Fred e Hulk laddove si sono alternati Romario, Ronaldo, Rivaldo, Ronaldinho e Kakà nel corso degli anni ho fatto un personalissimo grosso errore di valutazione. La compattezza della difesa guidata da Thiago Silva e la fisicità del centrocampo affidato a Luiz Gustavo, oltre alla classe infinita di Neymar, hanno fatto la differenza portando i verdeoro a vincere meritatamente la competizione. Sono loro i favoriti anche per l’anno prossimo.

Sulla Spagna, invece, c’è da fare un discorso diverso. Gli spagnoli — considerando anche il Barcellona — negli ultimi anni hanno rivoluzionato il gioco del calcio con due cose: possesso palla e pressing asfissiante. Dopo aver vinto tutto, però, si sono convinti che basti solo il primo. E sbagliano.
La Spagna vista durante la competizione, con il suo possesso lento e orizzontale, ha ricordato il Barcellona visto quest’anno contro il Bayern Monaco.
Fine di un’era? Forse è meglio dire, sempre ammesso che sia vero, “fine di una generazione”, perché poi arriveranno i De Gea, gli Alcàntara, gli Isco e i Muniaìn e, vedendo anche la finale dell’Europeo under 21, ci ritroveremo nuovamente a rincorrere.
La Spagna, cari miei, non muore oggi.