Segnale disTourbato: The winner is……
Perchè la tappa di ieri meritava la regia di Steven Spielberg.
Le tappe per velocisti rispettano sempre uno schema classico. C’è la fuga che non arriverà mai al traguardo, ma ha lo scopo di mantenere elevato il ritmo del gruppo, c’è il telecronista di turno che ci riempie la giornata di simpatici aneddoti per conservare alta l’attenzione dello spettatore e poi ci sono gli ultimi km, quelli in cui si formano i trenini delle squadre e alla fine vince Cavendish.
Sulla carta la tappa odierna, la Porto Vecchio-Bastia, sembrava dovesse rispettare in pieno tutti questi standard. Siamo alla 100a edizione del Tour, però, e gli organizzatori hanno voluto fare le cose in grande, evitandoci i soliti finali scontati, ma regalando un prodotto di pura fantasia hollywoodiana. Non c’erano gli attoroni statunitensi, ma per un Tour corso interamente in terra francese non poteva essere altrimenti.
Un film che ha lasciato lo spettatore attaccato alla propria poltrona con il cuore a mille. Il ciak si gira inizia ai -13 km quando a interrompere la normale tranquillità della corsa provvede un pullman della Orica, completo di solarium, intento a eseguire una manovra di “inchino” in prossimità della linea del traguardo. Così mentre il gruppo è lanciato a velocità folli, a Bastia ci si ritrova a risolvere l’enigma di come disincastrare questo enorme pachiderma motoristico e di quale punizione corporale scegliere per l’autista. La tappa diventa una folle corsa contro il tempo come in quei film d’azione dove la bomba viene disinnescata all’ultimo secondo nonostante le abbondanti 24 ore del timer. Il regista esagera con i primi piani sulla testa del gruppo per fomentare gli spettatori, immagini che si sposano bene con una “La Cavalcata delle Valchirie” come sottofondo musicale. Fin qui la solita pellicola già vista e invece il colpo di scena arriva con la brillante decisione di anticipare l’arrivo al cartello dei 3 km in un punto comodissimo per trasformare la volata finale in un simpatico domino d’antologia da far passare alla storia del Tour.
Appresa la notizia del cambio sul tracciato alcuni ciclisti fanno subito delle prove, per evitare di arrivare poco preparati all’appuntamento finale. Cade Hoogerland, uno a cui piace assaggiare l’asfalto francese e che ha firmato un contratto a tempo indeterminato con la sfortuna; cadono Hesjedal, Contador, il povero Martin (a cui va un augurio), Sagan, la catena di Greipel e le certezze di vittoria di Cavendish. Si arriva al “The end”, l’organizzazione riporta il traguardo alla posizione originale, confondendo ulteriormente le idee a ciclisti e addetti ai lavori, e la volata finale vede trionfare Kittel; il tedesco, però, rimarrà perplesso fino alla premiazione convinto che Cavendish con uno scatto dei suoi dalle retrovie possa strappargli ancora la vittoria.
Gli organizzatori nel frattempo provano senza fortuna a recuperare la scatola nera dal pullman Orica per determinare i distacchi in classifica, ma i tentativi falliscono e così si arriva alla decisione finale di neutralizzare tutti i distacchi, paventando per un attimo anche l’ipotesi di assegnare la vittoria a tavolino a Cavendish per fare uno scherzo al povero Kittel. Sceneggiatura, regia, montaggio, insomma il Tour numero 100 è pronto a fare incetta di statuine da Oscar e nel frattempo i rumors già anticipano l’uscita di un possibile sequel, convincendo Hoogerland a impiantare un airbag sulla sua bici. Di sicuro, se il buongiorno si vede dal mattino, prepariamoci a un centenario della Grande Boucle ricco di colpi di scena.