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Stefano, l’angelo custode del calcio

Può capitare di affezionarsi a delle persone, pur non avendole mai conosciute personalmente, per chissà quale alchimia. Quando poi vengono a mancare, ti trovi a ringraziarle idealmente per quello che hanno fatto, per l’esempio che hanno dato. Perché da innamorato di calcio quale sei, non puoi (e non vuoi) esimerti dal farlo. In mezzo a tanta sporcizia, infatti, ci sono loro. Sono gli “angeli custodi” di questo sport, quelli che ti riconciliano con esso quando le cose vanno male, che ti fanno ricordare come e perché hai ceduto al suo fascino. Stefano Borgonovo è uno di questi. E anche se fisicamente non c’è più, si sente forte la sua presenza e la si sentirà a lungo. Stefano era già un angelo custode del calcio da quel 5 settembre 2008, giorno in cui annunciò di essere stato colpito dalla SLA, la sclerosi laterale amiotrofica, una malattia che ti consuma nel fisico e nei muscoli, ma non nel cervello. No, perché per fortuna su quello Stefano ha costruito la sua forza. Come quando scendeva in campo con le maglie di Fiorentina e Milan, infatti, è “sceso in campo” contro un terribile mostro con la lucidità di un campione. Perché è facile esserlo sul terreno di gioco, meno nella vita.

Nato 49 anni fa a Giussano, in Brianza, Borgonovo ha esordito in Serie A con la maglia del Como, per poi essere acquistato dal Milan e girato alla Fiorentina nel 1988. Proprio in maglia viola dà sfoggio di tutte le sue qualità: 14 gol nella stagione 1988-89, qualificazione in Uefa e convocazione in Azzurro. Ma soprattutto l’inizio di un’intesa con Roberto Baggio, che diventerà presto amicizia e durerà fino alla fine dei suoi giorni. L’anno successivo, finalmente, l’esordio col Milan in una stagione agrodolce: prima l’infortunio al ginocchio, poi il rientro decisivo per la volata che regalerà ai rossoneri la Coppa Campioni. Ma Stefano ormai è innamorato di Firenze e non può più farne a meno, tanto che, dopo una sola stagione, si riveste di viola, per finire poi la carriera da calciatore con le maglie di Pescara, Brescia e Udinese. Dopo una breve esperienza da allenatore con il Como, Borgonovo inizia la sua battaglia più difficile, quella contro la “Stronza”, come egli stesso l’aveva definita.

Il suo avversario non ha più i colori della Juventus, come la volta in cui fece impazzire la curva Fiesole, segnando di testa il gol del 2-1 contro i bianconeri, né quelli dell’Inter campione d’Italia nel 1989, caduta a Firenze anche grazie ai colpi di Borgonovo. Stavolta il suo nemico non indossa una maglia e non ha tifosi. Il campo della sfida non è più il terreno di gioco, ma la vita. Pur essendo una lotta impari, nei suoi 90 infiniti minuti, Stefano combatte e lo fa col cuore e con l’appoggio di una famiglia sempre presente. Da innamorato della vita qual è, decide di non piangersi addosso e di giocare la sua partita con la stessa fantasia e la stessa tenacia che metteva in campo quando era giovane. Realizza il suo gol più bello con la Fondazione onlus Stefano Borgonovo, per sostenere la ricerca contro quel male incurabile. Costretto alla completa paralisi e a comunicare attraverso un sintetizzatore vocale, Stefano Borgonovo organizza partite benefiche per raccogliere fondi, scrive per La Gazzetta dello Sport e pubblica un libro, Attaccante nato, in cui racconta la sua esperienza e ci regala il suo personale inno alla vita. Ma il bello di Borgonovo è che tutto ciò che fa, lo fa sempre col sorriso: “E poi mi piace ridere, ancora adesso che all’apparenza non ne avrei motivo. Non sono cambiato da questo punto di vista, felice di essere felice, nonostante tutto. Ho imparato ad apprezzare ciò che mi è rimasto. Gli amici, le sensazioni positive, qualche raro movimento. Prendo il buono della vita e mi sento comunque fortunato, so che addirittura c’è chi ha meno di me. Quindi rido”.

Nei minuti di recupero, la “Stronza”, quella maledetta malattia che non lascia scampo, ha prevalso. Ma stavolta ha dovuto faticare per avere la meglio su Stefano Borgonovo ed è uscita dal confronto pesantemente indebolita. L’umanità, la dignità, la forza, il coraggio e la passione trasmesse da Borgogol, oltre che fornire un esempio costante per chi soffre, hanno garantito alla ricerca contro la SLA passi da gigante. Ma bisogna fare ancora tanto perché questo esempio non sia vano. Lunedì pomeriggio si terranno i funerali nella basilica SS. Filippo e Giacomo di Giussano. Nel frattempo, lassù, un angelo custode se la ride, alla faccia di un morbo, che, nemmeno dieci anni fa, era poco più che uno sconosciuto.