Le emozioni di Italia-Brasile, la gara dei titoli mondiali, la crème de la crème del calcio mondiale, a livello storico (e non solo). Quelle dei tantissimi altri sport che, da un lato all’altro del globo, hanno coinvolto giocatori, professionisti, addetti ai lavori e tifosi. Con enfasi variabile: in Pakistan tira di più una partita di cricket, ma ciò che conta è la pelle d’oca.
Il gesto sportivo, la partita come happening. Analizzare, scomporre e raccontare: noi ci proviamo, noi lo facciamo. A 360°, sempre. Pronti alle sfide che gli eventi stessi lanciano, pronti a trovare il dettaglio che rende l’analisi speciale, a suo modo imperdibile.
Ci sono state le emozioni di Italia-Brasile, ce ne sono state altre. Ne pesco una (non proprio a caso), in un luogo: Brisbane, città d’Australia. Centro di 2 milioni di abitanti, luogo di sport. Nel paese dove Del Piero ha aperto una breccia dedicata al soccer, ci siamo emozionati con la partita delle partite. Parlo di rugby: è il tour dei British and Irish Lions, è il modo che storia e modernità hanno per fondersi, è un amplesso sportivo lungo 80′ e denso di sentimenti.
Si sa, la palla ovale fa storia a sè: rivalità, ma anche patti fra gentiluomini. L’Irlanda, in un caso più unico che raro, ha una nazionale unica, senza la divisione fra Eire e Irlanda del Nord. In mischia, bandiera e sforzo unico. È unico e ancora più spettacolare lo sforzo dei Lions, una forza che dal 1888 periodicamente unisce il meglio del meglio delle vecchie Isole Britanniche, delle vecchie Home Nations.
British ma anche Irish, giù all’altro Emisfero per dare la caccia ai giganti. Argentini, sudafricani, neozelandesi o australiani che siano. Ebbene, Sabato mattina i Lions sono andati a vincere a Brisbane, infliggendo agli Wallabies un ko risicato ma pesante. Più che sul dato tecnico, voglio riflettere sulla continuità fra il 28 aprile 1888 e questo giugno sudato e intenso, avverto il peso della storia mentre guardo e riguardo ogni azione, placcaggio e riciclo che sia.
Eccoli lì, ce li ho in mente. Tutti quanti, dai professionisti attuali a quell’uomo dalla storia lontana e leggendaria che era Bob Seddon, capitano di quelli che poi sarebbero stati classificati i primi Lions. Vedo tutto, vedo il mondo dello sport internazionale che si dà continuità, che allunga l’epopea, che rende epico il viaggio di chiunque, in tv o allo stadio, assista a un avvenimento sportivo.
Poi, sul più bello, ecco l’australiano Beale correre 50 metri, fare la differenza. Lo vedo, pochi minuti dopo, scivolare mentre scaglia il calcio della vittoria. Afflitto, frustrato, consolato dai compagni. Dentro quell’espressione, ne sono certo, c’è Baggio a Pasadena, c’è Gyan alla Coppa del Mondo 2010, ci siamo tutti noi in certe fasi della vita. C’è Terry a Mosca, più di tutti.
Tremano le gambe allora, di fronte al peso della storia che si palesa e arricchisce tutti noi, mentre assistiamo a uno spettacolo che non è inferiore alla grande arte, alla grande letteratura. Prendete Australia-Lions: sicuri che Shakespeare avrebbe saputo scrivere di meglio?
Noi ci siamo e lo raccontiamo, confezioniamo epiche gesta in piccoli ma grandi pacchetti di informazione, dando ragione al tweet di Gary Lineker di sabato pomeriggio: “chissà se le persone cui non piacciono gli sport hanno la minima idea di cosa si stanno perdendo“.