Non rendiamoli protagonisti
L’essere nativo di Genova e aver visto molto da vicino gli scontri avvenuti nel capoluogo ligure nel luglio 2001, seppur fossi ancora un bambino, sicuramente hanno cambiato il mio modo di reagire a determinate circostanze. Una di queste sta mettendo a soqquadro il Brasile, uno dei paesi emergenti al mondo: attualmente organizzatore della Confederations Cup, nei prossimi anni ospiterà prima il Mondiale e poi i Giochi Olimpici. Una prospettiva di tutto rispetto, un modo come un altro per entrare nel “radar” delle potenze più grandi. Anche se non sempre è oro quel che luccica, perché la corruzione è più vicina di quanto ci si possa aspettare; basta vedere com’è cambiata la Grecia dal 2004 a oggi: dalle Olimpiadi di Atene al disastro economico degli ultimi anni.
Non un bel precedente quindi per il Brasile e i brasiliani, un popolo che la sofferenza la conosce non per sentito dire, ma perché ci convive tutti i giorni. La povertà ti stritola lentamente, prima privandoti delle tue stesse ricchezze e poi togliendoti anche quel poco di dignità che ti è rimasta: quindi non sarà di certo vedere uno stadio nuovo di zecca costruito in mezzo al nulla a farti cambiare prospettive per il futuro. A maggior ragione se, quella nuova infrastruttura, sai che sarà messa sul tuo conto grazie all’aumento dei prezzi per i mezzi di trasporto, una beffa che in pochi saprebbero sopportare porgendo l’altra guancia. Giusto quindi manifestare tutti insieme, uniti per far sentire la propria voce ai piani alti, dove le decisioni spesso vengono prese da persone che non si rendono conto di ciò che li circonda.
Il vero problema, però, sorge quando i soliti imbecilli sfruttano il disagio delle persone comuni per scombussolare un’intera nazione, mettendo a repentaglio l’esistenza di giovani vite umane; quella stessa nazione che sta facendo tutto il possibile per uscire dalla mediocrità e dalla fame. Una nazione in cui la parola equità probabilmente non dovrebbe neppure essere pronunciata, visto che dai lussuosi grattacieli alle baraccopoli spesso ci sono soltanto pochi metri di differenza. Quei metri vanno colmati il più presto possibile, e organizzare eventi così importanti a livello mondiale può essere la soluzione, ma solo se i soldi vengono utilizzati nella maniera opportuna, evitando di generare ulteriori sperequazioni che indebolirebbero una già fragile struttura economica. Sia la Confederations Cup che il Mondiale 2014, però, generano lavoro e turismo; l’essere il centro del mondo anche solo per un mese all’anno, di questi tempi, è oro che cola. Per non parlare delle Olimpiadi, un evento che catalizza l’attenzione come nessun altro.
Tornando agli imbecilli, perché di imbecilli si tratta, è assolutamente deplorevole utilizzare il disagio dei propri connazionali soltanto per ottenere cinque minuti di celebrità, attaccando le forze dell’ordine o un palazzo governativo con il solo scopo di generare violenza. Non è questo il modo di far sentire la propria voce, non è mettendo un video su YouTube che si cambia un paese; la protesta vera, quella generata dall’esigenza di sopravvivenza, è stata vinta. L’aumento del prezzo dei trasporti è stato per fortuna cancellato, e questa vittoria vale più di molti gol per chi la sofferenza la vive da vicino, ma ama distrarsi per novanta minuti alla ricerca della felicità, o forse anche solo di un sorriso. E non c’è nulla di più bello, nei momenti di difficoltà, che fermarsi ad apprezzare le cose belle ma banali della vita; anche solo per due o tre secondi, è fantastico non dover pensare a nulla oltre a urlare “GOOOOOOOOL!” con tutte le proprie forze, abbandonando i veri problemi della vita quotidiana. Non sempre, però, questo è possibile…
Il dover piangere anche quest’oggi centinaia di feriti e almeno due morti è drammatico, soprattutto pensando a quelle povere famiglie che, in questo momento, non possono fare altro che disperarsi. Per loro sarà impossibile emozionarsi davvero al gol della propria nazionale, per loro sarà impossibile abbandonare i problemi che la vita ha posto loro davanti; per loro, da adesso in poi, tutto non sarà più come prima. E il modo migliore per ricordarli, secondo me, è far sentire ancora di più la propria voce, isolando e rendendo sterili le gesta di questi imbecilli.
Non rendiamoli protagonisti, non più: per far si che il Brasile non venga ricordato come il paese a cui è stata negata la possibilità di crescere (è a rischio l’organizzazione dei Mondiali) per colpa di quei pochi che hanno deciso di remare in direzione contraria rispetto agli altri. Sorridere è bello, ma farlo con la consapevolezza che davanti a sé vi sia un futuro migliore, lo è ancora di più.