La propria squadra del cuore, si sa, oltre alle gioie provocate per un gol o una vittoria, riesce a regalare ai propri tifosi anche dei veri e propri incubi, brutti sogni ad occhi aperti che non si identificano necessariamente in un gol subito o in una sconfitta contro i rivali di sempre, ma in piccole — ma ormai intollerabili — abitudini che rovinano le ore passate davanti alla TV o allo stadio a guardare i propri beniamini.
In queste righe abbiamo provato a racchiudere i dieci incubi che il tifoso della Lazio non vorrebbe mai più vivere.
10 – La giornata-no di Hernanes. Il tifoso biancoceleste ormai ha imparato a riconoscerla dai primi sintomi, in apparenza innocui: un passaggio sbagliato nell’allenamento prepartita o un’apertura infelice nei primi minuti di gioco e scatta l’allarme. E non di rado poi, i sospetti vengono confermati da una verticalizzazione che finisce dritta nella pista di atletica dell’Olimpico. Il problema vero è che quando il volante brasiliano non è in giornata, sbaglia sistematicamente tutti i palloni a disposizione e scatena contropiedi letali che fanno chiudere gli occhi al povero tifoso, nella speranza che San Federico Marchetti salvi capra e cavoli per l’ennesima volta. Kamikaze
9 – Lo stacco aereo di Kozak. Quando l’ariete ceco salta per contendere un pallone di testa ad un avversario, la probabilità che uno dei due ne esca illeso è pressoché nulla. Così come la probabilità che il buon Libor non abbia buona parte della colpa dell’incidente. E piovono cartellini, spesso gialli, alcune volte rossi. Ma soprattutto piovono epiteti all’indirizzo del malcapitato lungagnone di Opava, che, purtroppo quelle braccia larghe quando salta di testa non riesce proprio ad evitarle. Serial killer
8 – La sorpresa sudamericana. Ogni anno il mercato biancoceleste tira fuori il classico sudamericano che dovrà fungere da sorpresa nel corso dell’anno. Una tradizione iniziata da Claudio Lotito che ha portato a Roma giocatori come Leonardo Talamonti, Braian Robert, Gonzalo Barreto ed Emiliano Alfaro. Tutti nomi che non hanno lasciato certo cattivi ricordi all’Olimpico, ma semplicemente perché c’è ben poco da ricordare. Si tratta infatti di meteore che non sono mai riuscite a lasciare un segno, ad eccezione forse di Talamonti, che segnò un gol contro l’Inter regalando il pareggio alla Lazio. Oggetti misteriosi
7 – Marco Delvecchio. Probabilmente l’equivalente per il tifoso laziale dell’orco cattivo per i bambini. Negli anni in cui l’attaccante milanese ha giocato con la Roma infatti, si rendeva protagonista sempre di prestazioni scintillanti, corredate da una presenza fissa nel tabellino marcatori. E persino negli anni d’oro della Roma, con i giallorossi che potevano vantare attaccanti del calibro di Totti, Batistuta e Montella, i tifosi biancocelesti sudavano freddo non appena uno dei tre cominciava a zoppicare, per paura che entrasse lui, l’implacabile Marco. Sentenza
6 – L’intervista a Lotito. Questo, diciamoci la verità, è l’incubo in realtà di qualunque appassionato di calcio che, non appena il presidente biancoceleste prende parola, deve dotarsi di dizionario della lingua italiana e dizionario italiano-latino, nel disperato tentativo di stare al passo con le parole sibilline del vulcanico patron. Ma è una sofferenza che può dare importanti soddisfazioni, qualora si abbia la fortuna di imbattersi in Claudio Lotito in giornate particolarmente ispirate. Perle come “pagare moneta, vedere cammello” o anche “nel calcio ci sono più magnager che manager” sono rimaste nella storia. One man show.
5 – Il fuori rosa. Ogni anno in quel di Formello, c’è un gruppetto più o meno nutrito di giocatori che, come i bambini cattivi della scuola calcio, è costretto ad allenarsi in disparte, senza giocare la partitella finale e senza speranza di essere convocato la domenica per la partita. E nella maggior parte dei casi purtroppo, il motivo non è una scelta tecnica, bensì una disputa contrattuale all’ultimo centesimo finita male tra l’epurato e Lotito. Un rigore per certi versi eccessivo, che ha rischiato di costare caro qualche stagione fa, quando il reintegro in rosa di Ledesma fu decisivo per scongiurare la retrocessione. Autolesionismo
4 – La trasferta di Siena. Il senso di terrore che pervade da qualche anno a questa parte il tifoso laziale che segue in trasferta la sua squadra a Siena, è un qualcosa di inenarrabile. Troppo spesso infatti la partita si trasforma in una Caporetto senza scampo, con l’attaccante di turno, sia esso Calaiò, Destro oppure Emeghara, che fa sfracelli e affonda nella difesa avversaria come una lama nel burro. A tal punto che spesso ci si ritrova a metà secondo tempo ad attendere che termini il supplizio, sperando intimamente che quei meritatissimi tre punti siano gli ultimi che la squadra senese possa raccogliere in tutta la stagione. Frustrante
3 – Il rigore a favore nel derby. In teoria sarebbe un episodio a favore, è vero. Ma in realtà è quell’episodio che crea atmosfera di diffidenza, specie se si è in vantaggio. In caso di errore dal dischetto infatti, la squadra si demoralizza e l’inerzia della partita finisce per cambiare. Non sono pochi i tifosi che nell’ultimo derby di campionato, non appena è stato fischiato il rigore per la Lazio hanno alzato gli occhi al cielo, quasi ad avere il presentimento di quello che sarebbe accaduto. Lo tira Floccari
2 – Lo scandalo. Che sia una Calciopoli, o un Calcioscommesse, la Lazio è tristemente famosa per essere sempre presente negli scandali più bui del calcio italiano. E così iniziano estati di passione, per cercare di capire se le squalifiche priveranno la squadra di elementi importanti e, nei casi più gravi, a verificare che non ci siano penalizzazioni di sorta a rendere il campionato successivo ancora più arduo di quanto non sia. Quando i giornalisti iniziano a parlare di un qualsivoglia scandalo calcistico quindi, un brivido freddo passa sulla schiena del tifoso laziale, chi si prepara psicologicamente al peggio. Neverending story.
1 – Lazio-Roma 1-5. Parlare di Zaccheroni ad un laziale è come parlare ad un francese di Marco Materazzi. Ed il motivo principale risiede proprio in quella maledetta serata di marzo, nella quale tutte le contrarietà possibili si verificarono senza eccezioni. Fu probabilmente la peggior partita nella carriera di Alessandro Nesta, ubriacato costantemente da Montella, autore di un poker sensazionale. E a suggellare il tutto, un cucchiaio beffardo di Francesco Totti. Novanta minuti rimasti a lungo nelle memorie degli sportivi romani, ispirando sfottò e prese in giro durate mesi. Suicidio