In queste poche righe abbiamo deciso di provare a racchiudere i dieci incubi che il tifoso della Fiorentina non vorrebbe mai più vivere:
10 – La balaustra. C’è stato un tempo in cui Vittorio Cecchi Gori, presidente della Fiorentina, soleva issarsi sulla balaustra di tribuna, a raccogliere l’applauso dei tifosi nelle partite migliori della sua gestione. C’è stato un tempo in cui Vittorio Cecchi Gori condusse la Fiorentina prima in B, per una disgraziata gestione tecnica e qualche anno dopo in C2, per una scellerata gestione economica. Ora quel tempo è finito, e alla balaustra, si affacciano solo fantasmi.
9 – Il sedere di piombo di Gilardino. Ok, premettiamo che il Gila ha fatto tanti gol, spesso belli, spesso decisivi, sia in Campionato che in Champions. E lo ricorderemo soprattutto per questo. Ma negli ultimi tempi della sua permanenza fiorentina, il rapace dell’area di rigore s’era trasformato nella sequoia del parco pubblico, dove solitamente vanno a sbattere i ragazzini col pallone. Mai un dribbling, mai un tiro da fuori area, autentico centravanti di non-manovra. Siccome gli vogliamo bene, diciamo che in quel periodo è stato implacabile, nella marcatura del centrale difensivo avversario.
8 – Il centravanti che non vede la porta. Non è necessariamente un giocatore scarso, magari è una promessa che si affermerà in seguito o uno straniero e nel suo campionato era un goleador, fatto sta che una volta indossata la maglia viola, la sua attitudine al gol diventa ripiegamento introspettivo e il puntero triste si limiterà, come si suol dire, a fare molto movimento. Buon ultimo di questa stirpe, “El Tanque Silva”, ma prima di lui anche Pazzini, che si narra avesse così tanta difficoltà nel vedere la porta, che anche negli spogliatoi entrava dalla finestra.
7 – L’alleggerimento difensivo. E’ l’ultimo incubo alla moda, quello montelliano, legato all’imperativo categorico di non spazzare la palla. Da Savic a Roncaglia, da Pizarro a Tomovic, tutti si sono prodotti in questa prova da brivido, anche se, il primato resta all’ottimo Gonzalo Rodriguez, uno che è fortissimo, ma lo sarebbe ancora di più dopo una lezioncina privata di Pietro Vierchowod sull’arte di spazzar palla in tribuna.
6 – Le volate di De Silvestri. I due anni precedenti alla gestione Montella sono stati duri per il tifoso viola. Carenza di tasso tecnico complessivo, povertà di idee, giocatori a corto di idee. Scegliamo simbolicamente De Silvestri, uno arrivato a Firenze come cursore d’assalto dalle straripanti potenzialità atletiche e finito a centrar terzini con precisi cross dalla tre quarti. Con grande tenacia, non ne ha mai mancato uno. Di terzino.
5 – La “ciliegina” e la “corvinata”. Così Vittorio Cecchi Gori chiamava l’acquisto a sorpresa, da regalare ai tifosi golosi. Quando nella stagione 1998 –’99 la Fiorentina chiuse in testa al Campionato il girone d’andata e i tifosi invocavano il centrocampista che garantisse il salto di qualità, arrivò Ficini dall’Empoli. Non finì bene. Nella gestione del DS Corvino, si passò dalle “ciliegine” alle “corvinate”. Come Bonazzoli e Castillo. Onesti professionisti, per carità. Chi non vorrebbe averli, nei momenti decisivi?
4 – Il gol dell’ex. Il gol dell’ex è un luogo comune nel mondo del calcio. Ma alla Fiorentina è proprio un abbonamento: da Baggio a Batistuta, da Osvaldo a Riganò e Pazzini, e quest’anno anche Santana, Cerci e Montolivo. Motivo in più per cedere Jovetic all’estero.
3 – Il Carneade. “Carneade, chi era costui?” è la celebre frase di Don Abbondio, spesso coniugata nelle varianti fiorentine di fronte al giorno di gloria di oscuri giocatori, dimenticati dal mondo se non fosse per quel guizzo proprio contro la Fiorentina. Cominciò molti anni fa Gustavo Bartelt, argentino ‘finto Caniggia’ della Roma, che nell’unico quarto d’ora della sua esperienza italiana, propiziò due gol per un’insperata rimonta giallorossa. Quest’anno, hanno vestito i panni di Carneade anche l’ellenico bolognese Christodoupoulos e il brasiliano dell’ Udinese Maicosuel, soprannominato “il mago”. Difatti, è già sparito.
2 – Full Metal Mister. Ci sono stati mesi, tra il 2010 e il 2012, in cui l’evento più emozionante da associare ad una partita della Fiorentina era il panino fuori dallo stadio. Era la Fiorentina del “Full Metal Mister”, Sinisa Mihajlovic: un affollarsi di terzini dispersi nell’ambiente e attaccanti malinconici, alla ricerca dello zero a zero perfetto. Roba da far dire a Fantozzi “Vabbè, torno dentro a rivedermi la Corazzata Potëmkin”.
Lo spauracchio di Sinisa è rimasto comunque latente e ancora oggi, ai bambini tifosi che non vogliono andare a dormire, si minaccia:”Guarda che richiamo Mihajlovic, eh!”.
1 – La “mano di Zauri”. Lamentarsi degli arbitri. Un malcostume, sostengono in molti. Una fonte inesauribile per l’arte dell’invettiva, si può sostenere, a ragione, a Firenze. Dal celebre gol-scudetto di Graziani annullato nell’82 da Mattei, all’arbitro Soriano Aladrez nella finale UEFA con la Juve del ’90, fino al norvegese Ovrebo che ignorò un chilometrico fuori gioco di Klose, che si trovava sull’altra sponda di un fiume, durante una decisiva partita di Champions con il Bayern. Ma nel maggio 2005, accadde un episodio che va oltre: all’Olimpico, in una partita decisiva nella lotta salvezza, il laziale Zauri sulla linea di porta para con la mano un tiro di Jorgensen. E’ chiaro a tutti, ai tifosi allo stadio e a quelli davanti ai televisori. Lampante come il sole d’estate, come la pioggia durante un diluvio. Ma non per l’arbitro Rosetti, che per colpa di una supernova che gli era finita in un occhio, non vide e ingenerò una frattura spazio temporale nel continuum naturale degli eventi storici, di modo da trasformare quell’evento in un “non è successo niente”, che ancora oggi, mi fa credere, che forse, davvero, l’uomo non è mai arrivato sulla luna e quella foto di Neil Armstrong con la bandierina sia stata scattata ad Hollywood, dalla mano di Zauri.