Meglio Verratti oggi o Pirlo domani?

Alla fin fine, si tratta di scegliere tra qualcosa oggi e un futuro possibile. Dilemma dei dilemmi: è giusto che Verratti e Destro giochino l’Europeo Under21, o avrebbero dovuto disputare la Confederations Cup? Proviamo a fare i conti in tasca ai due allenatori, tanto per cominciare.

Cesare Prandelli: al terzo anno (con un contratto di quattro) sulla panchina azzurra, è reduce dall’aver riportato armonia nel clima della Nazionale, grazie a un aplomb radicalmente diverso da quello dell’ultimo predecessore. Vero è anche che la vera Calciopoli la soffrì Lippi, e che Prandelli, pur sventolando un codice etico, è uomo pragmatico che affronta le difficoltà di quando la tempesta vera è già passata. Si è guadagnato sul campo la partecipazione alla Confederations Cup, arrivando in finale agli Europei: fatto sta che le prime crepe del ciclo precedente le vedemmo proprio in circostanze analoghe (anche se, ai tempi, il rapporto giornali-Lippi era ancora molto mieloso).

Devis Mangia, adesso: non nasce tecnico federale. È stata spesso e volentieri una tradizione: Vicini, Maldini, lo stesso Tardelli (che aveva iniziato con l’Under16, prima di provare con i club e poi tornare), Gentile, in qualche misura anche Ciro Ferrara (che ha orbitato in nazionale ai tempi di Lippi). Però ha un curriculum di tutto rispetto. Giovanili ovunque (a partire da Voghera, per arrivare a Varese), seguito da esperienze che lo hanno portato a scalare fino alla Serie A: due promozioni e una salvezza col Varese, una bella stagione alla Tritium, il ritorno a Varese per allenare la Primavera (allestita di nuovo dopo 25 anni), poi Palermo, partendo dalla Primavera, passando in prima squadra (senza patentino: deroga federale) e chiudendo in inverno (non mangiando il panettone: esonero a pochi giorni da Natale). Poi, in pochi giorni, a luglio 2012 il patentino di prima categoria e la nomina ad allenatore dell’Under21.

Di certo, Prandelli ha fatto meno serie minori, probabilmente anche perché è stato un calciatore migliore. Di certo, però, entrambi sanno che le loro panchine scottano: quella maggiore per motivi evidenti, quella più giovane perché da troppi anni rimaniamo digiuni. Ultima vittoria nel 2004, poi la semifinale nel 2009, ma anche l’umiliazione di non qualificarci, due anni dopo.

Quindi, tornando al punto: si tratta di fare una scelta tra un brodino caldo subito oppure un possibile pollo arrosto in futuro. Tenuto da conto che adesso la nazionale maggiore affronta sì una competizione preparatoria al Mondiale, ma non è che sia unanimemente riconosciuta come un trofeo fondamentale per gli esiti dell’estate successiva. In altre parole: per Verratti e compagnia, semplicemente, non è detto che sia così importante giocare adesso una competizione di cartone, quando possono lottare per un trofeo vero. Perlomeno: in Italia, in questi casi, si ragiona così.

L’uovo oggi, o la gallina domani; sapendo che le possibilità di vincere un Mondiale sono sempre, giocoforza, bassissime (specie in un momento in cui i fuoriclasse, a queste latitudini, mancano). Gilardino giocò e vinse da protagonista a gli Europei Under21 del 2004, quando tutti lo volevano convocato invece per il Portogallo (dove venimmo “biscottati” da Danimarca-Svezia 2-2). In campo con Gilardino c’erano anche Amelia, Zaccardo, Barzagli e De Rossi: tutti campioni del mondo, solo due anni dopo. Non c’è la controprova, ma potrebbe essere stata una palestra utile. E non mi è parso che, dopo la vittoria sugli inglesi, qualcuno si sia ancora lamentato della presenza di Verratti con gli azzurrini.

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Pietro Luigi Borgia