La Sghimberla del lunedì – La mitologia nipponica

Qualche tempo fa il nostro Francesco Filippetto tirò fuori dal cilindro un articolo a mio avviso geniale. Nel pezzo si citavano gli eroi del cartone animato giapponese Holly e Benji e si tentava di trovare un loro emulo nascosto fra le pieghe del calcio moderno. Oggi ho intenzione di riprendere la bella idea di Francesco, approfondendo però l’aspetto sghimberlesco della cosa e sperando, ovviamente, che chi legge abbia visto almeno una puntata di quello che reputo il più bel cartone animato di tutti i tempi, al pari di Griffin e Simpson (ma con parecchi anni in più sulle spalle).

Se, però, qualcuno di voi non ha avuto la fortuna di nascere nel periodo in cui Italia 1 trasmetteva questo capolavoro di tattica, fisica e soprattutto balistica, cercherò di essere più specifico possibile nel raccontarvi le caratteristiche tecniche di ognuno dei suoi personaggi più importanti. Cominciando, ovviamente, coi portieri.

 

 

I PORTIERI. In Holly e Benji i portieri si trascinano un fardello molto pesante, in quanto sono gli unici baluardi posti a guardia della porta. Il motivo di ciò è che, nel cartone animato giapponese, le difese sono utili più o meno come le bandierine del calcio d’angolo durante un calcio di rigore. L’unico compito dei difensori è infatti quello di lanciarsi in oleose scivolate alla ricerca delle caviglie del portatore di palla, il quale zompa sagacemente sollevandosi da terra ogni qual volta uno di questi mentecatti con un numero basso sulla schiena si butta in tackle viscido anziché affrontare l’avversario col vantaggio di rimanere verticale. Data questa propensione dei difensori all’inutilismo scivolato, però, i portieri hanno affinato un’atleticità sovrannaturale, grazie alla quale volano da un palo all’altro come Tarzan col parapendio.

Il portiere più forte è Benji Price, una specie di Gigi Buffon ma molto più scorbutico, che riesce a parare qualsiasi cosa nonostante viva con un cappello da metalmeccanico installato sul cuoio capelluto, ma installato male: in modo che gli copra anche parte della faccia. C’è poi Ed Warner (René Higuita), portiere circense che para col metodo Fosbury, e che è stato fermo a lungo per un grave infortunio, visto che cani e bambini in Giappone hanno questo inestirpabile vizio di soggiornare sulle corsie centrali dell’autostrada.

Collaterali, ma non per questo meno evocativi, sono altri due estremi difensori di successo. Il primo è Teo Sellers (Angelo Peruzzi), una sorta di cubo dall’incerto tonnellaggio, temibile in quanto prima del fischio d’inizio veniva stipato ermeticamente all’interno della porta tramite un’apposita gru. Il secondo è Alan Crocker, la riserva di Benji Price, portiere che cova una leggerissima tara di fabbricazione: soffre di pallofobia. Cioè, in pratica, ogni qual volta il pallone gravita nella sua zona egli fugge in preda ad attacchi di panico lasciandolo rotolare in rete. Per queste e altre caratteristiche, lo farei molto simile a Federico Marchetti durante i mondiali del 2010.

 

I DIFENSORI. Questa figura non è molto amata in Giappone, in quanto diventano difensori soltanto i calciatori con difetti genetici gravi, come la mancanza di un arto o di un organo vitale. E tutti sono di una stupidità che supera il comico e affonda per vari metri nella tragedia. Il difensore più celebre è probabilmente Bruce Harper, che è identico a Leonardo Bonucci sia in faccia che per caratteristiche tecniche. Goffo, ma efficace, il povero Bruce ha i piedi sensibili come due mine anticarro della seconda guerra mondiale, ma ha inventato un colpo rivoluzionario grazie al quale approda perfino in nazionale: il “Gaimen block”, o più amichevolmente la parata facciale. Consiste nell’attendere che l’avversario abbia scoccato un tiro a più di 150 km/h per poi sbucare perpendicolarmente alla traiettoria lasciando che il pallone arresti la propria corsa sul naso di chi lo compie. Sebbene possa sembrare una mossa facile, occorrono approfonditi studi di trigonometria per effettuarla con maestria. Unico difetto: la scritta “sadidA” che resterà tatuata sulla faccia in eterno.

Se escludiamo Clifford Yuma (Marco Materazzi), geneticamente bastardo e forte fisicamente, ma tecnicamente imbarazzante, ci resta soltanto Bob Denver (Fabio Cannavaro). Quest’ultimo è celebre soprattutto per il fatto di giocare a occhi chiusi, il che non significa che è molto bravo e padroneggia il mestiere, ma proprio che non li apre. Pare che anche Cannavaro avesse lo stesso problema prima di passare a Gillette.

 

I CENTROCAMPISTI DIFENSIVI. Dato che, come abbiamo visto, in Giappone le difese sono considerate un male da estirpare, tocca spesso ai centrocampisti ripiegare per evitare che la squadra avversaria superi la tripla cifra nel tabellino. Questi saggi centrali che non disdegnano la fase d’interdizione, però, non sono sovrastimati rispetto ai compagni che se ne fregano, anzi sono considerati molto più sfigati. Il più importante è probabilmente Jack Morris, che con Frank Ribéry condivide non solo il carattere spaccone, ma anche il fatto di essere sfregiato in volto. Mentre, però, il francese ha una comprensibile cicatrice laterale dovuta a un incidente quando era piccolo, Jack Morris si presenta munito di un’inspiegabile croce sulla fronte che ha portato diversi studiosi a ritenere che questo giocatore abbia avuto dei trascorsi nazisti e sia stato catturato dalla cricca di Brad Pitt.

Altro mediano di grande sacrificio è Paul Diamonds, che pur chiamandosi Diamanti non condivide la grande tecnica del jolly del Bologna, ma è molto più simile a una via di mezzo fra Daniele De Rossi e Piero Pelù. Dotato di una criniera folta e lucente, che tiene sempre immobile grazie a tonnellate di gel, Paul è un maestro del gioco aereo per via della sua capacità di modificare le leggi gravitazionali e sollevarsi fin dove l’aria è troppo rarefatta per i normali calciatori.

Altro grande esponente dell’arte mediana è Philip Callaghan (Francesco Totti) che, oltre ad avere un nome piuttosto altisonante che fa molto figo alle feste, rappresenta anche il mio personaggio preferito. Pur essendo un calciatore tecnicamente molto valido e dotato di un tiro formidabile, Philip milita nella Flynet, che non solo significa “rete di mosca”, ma è in pratica una squadra sfigatissima che non ha alcuna speranza di vincere trofei prestigiosi (non che io voglia intendere che la Roma sia sfigata, eh…). E che oltretutto si trova in una regione del Giappone dove nevica anche a metà luglio, tanto che molti giocatori dividono il loro impegno calcistico con quello di sherpa professionista. Le insoddisfazioni professionali di Philip, però, sono in parte rimarginate dalla sua storia d’amore con la bella Jenny (Ilary Blasi), che prima lo tampina ma poi parte per inderogabili impegni televisivi.

 

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