Ci sono diversi buoni motivi per cui Allegri non dovrebbe muoversi da dov’è. Uno di questi è il bene di una società, il Milan, che con il tecnico toscano aveva annunciato di voler aprire un ciclo, ai tempi del suo arrivo in rossonero. Un’eventuale sua partenza non farebbe altro che confermare, da un lato, la superficialità di un presidente che non perde occasioni per dimostrare il suo egocentrismo; dall’altra, palesare definitivamente la situazione di precaria serenità che si vive in quel di via Turati (ricordiamolo: Galliani sta facendo di tutto affinché l’allenatore resti a Milano).
Mandare via Allegri non sarebbe una mossa efficace. Lui, un tecnico ben visto dalla tifoseria rossonera, oramai inserito perfettamente nel meccanismo Milan, campione d’Italia tre stagioni fa, l’anno dopo vicecampione e, nel campionato appena concluso, medaglia di bronzo (sì, seppur a fatica); un allenatore che ha provato – forse non riuscendoci appieno, ma diciamolo: non era semplice – a dare un’identità al Milan dopo gli addii di Thiago Silva e Ibrahimovic (addii, ricorderete, prima smentiti pubblicamente, poi divenuti realtà, perché pecunia non olet); un tecnico che ha cercato di gestire l’improvviso ricambio generazionale della rosa rossonera, e che ha lanciato giovani di assoluto livello quali El Shaarawy e De Sciglio. Un tecnico, insomma, che non si merita il benservito, soprattutto per far posto a un Clarence Seedorf tutt’altro che pronto per sedersi in panchina. Tutt’altro che ben visto dalla tifoseria milanista.
Allegri non merita il benservito, non merita di cambiare aria, soprattutto, non merita di lasciare una piazza che lo apprezza, per approdare in una città, Roma, in cui dovrebbe costruirsi ex novo la sua fiducia, avendo tra l’altro sulle spalle un incarico piuttosto pesante: far dimenticare i recentissimi dolori. L’Urbe è una piazza calda, molto più calda di Milano a livello mediatico; pressione: tanta, forse troppa anche per lui che sì, ha accumulato esperienza in rossonero, ma chissà se a sufficienza per tenere botta alle pressioni della Capitale. Inoltre, Allegri è un tecnico che – si è visto con Pirlo – non scende a compromessi: segue la sua filosofia e stop, anche se c’è da rinunciare a un grande giocatore. E a tal proposito, il dubbio assale immediatanente: quale sarebbe l’eventuale rapporto con il quasi 37enne Totti? Impossibile saperlo ora ma, di certo, il feeling col numero 10 capitolino sarebbe uno dei passaggi da tenere sotto stretta osservazione. Infine, l’attaccamento alla maglia: ci mancherebbe, nessuno dubita della professionalità del tecnico toscano, però è fuori discussione che attualmente Allegri si senta ancora fortemente parte del progetto rossonero. A tal punto che spera, ovviamente, di rimanere a Milano. Una sua cacciata, e un suo arrivo a Roma, mi saprebbe tanto di “chiodo schiaccia chiodo”: Roma, insomma, per dimenticare Milano. E si sa: anche nei rapporti tra adolescenti il chiodo-scaccia-chiodo non porta mai benefici.
Per chiuderla qui, sembra veramente che per far funzionare le cose tutto debba rimanere com’è, in casa Milan. Avanti con Allegri, stop a chiacchiere e discussioni controproducenti, un mercato da programmare, una prossima stagione da affrontare. In quel di Roma, invece? Guardare altrove, di allenatori bravi ce ne sono in giro. Anche se nell’Urbe giallorossa, prima ancora del tecnico, bisognerebbe pensare a rifondare la società. Sabatini, Baldini, Pallotta: sicuri che siano figure appropriate per la Roma? Dubbi, tanti dubbi. Disorganizzazione, scelte dubbie, lavoro infruttuoso, e Allegri sarebbe l’ennesima incertezza. In casa giallorossa, attualmente, c’è bisogno di una rifondazione, che parta dal vertice della piramide, che passi per i ruoli dirigenziali, e arrivi fino in panchina. Vietato sbagliare, vietato azzardare ancora. Vietato sprecare altri anni, come i due appena trascorsi e gettati, mestamente, alle ortiche.