Scopriamo così, grazie ad Alec Cordolcini, che anche l’Olanda ha avuto in un’ epoca epica i padri costituenti del pallone, quelli che in Italia si chiamano Meazza, Piola o Valentino Mazzola, e che qui si chiamavano Bep Bakhuys, “l’Angelo di Pekalongan”, o Faas Wilkes, “la Monna Lisa di Rotterdam”, che qualche nonno potrà ricordare nell’Inter dei primi anni ‘50. Goleador implacabili o dribblomani immarcabili, tuttavia penalizzati nel volo della propria fama dal confinamento fiammingo, dovuto alla tardiva apertura al professionismo della federazione olandese.
Impareremo a conoscere le vicende dell’ Ajax di Amsterdam (gli “ajacidi”) e del Feyenoord di Rotterdam, rivali storiche, a tratti interrotte dal PSV di Eindhoven, squadra da sempre vista con una certa sufficienza per la sua derivazione aziendale. E non mancherà un rapido tratteggio impressionista, anche per squadre colorite di campagna, come i “superboeren” (supercontadini) di Doetinchem, cittadina nota per la squadra del De Graafschap ma forse più per i mercati di formaggio.
Terra di attaccanti l’Olanda, talvolta bomber di razza in patria ma non profeti fuori, come Wim Kieft, che transitò per Pisa e Torino più coi sandali del turista che con gli scarpini del bomber, e che risolse la semifinale degli Europei ’88. Oppure come Dennis Bergkamp, il caso più clamoroso: bidone all’Inter, eroe all’Arsenal, ma sicuramente giocatore dotato di una classe sopraffina. L’ultimo di questi casi, è quello del “cacciatore” Huntelaar.
Certo, poi ci sono i fenomeni assoluti, quelli dotati tanto di stazza quanto di classe e visione di gioco, come Marco Van Basten, che ovunque mise d’accordo tutti, tranne la sorte, che per lui riservò un iniquo ritiro precoce. O come Gullit, “cervo che esce di foresta”, colosso di classe e potenza, capace di centrare tanto le porte avversarie quanto l’attenzione dei media (e per questo motivo forse oggi perfino trascurato nei ricordi calcistici dei più).
Quella Orange è anche terra di allenatori importanti: da Rinus Michels, il Santone che insegnò al mondo il Calcio Totale (“Totaalvoetbal”)a Hiddink, a Van Gaal o allo stesso Van Basten. Spesso fautori di un gioco spettacolare, ma ancor più spesso frenati dalla scarsa attitudine a gestire spogliatoi perennemente divisi in clan: Ajax vs. Feyenoord, vecchi contro giovani e talvolta perfino bianchi contro neri.
Ma la tappa saliente di questo turismo calcistico resta ovviamente la “visita” all’Olanda Anni ’70 di Cruijff, Van Hagenem, Krol, Neskeens, Rep e Resembrick e al Museo delle Finali Perse: quella ormai inattesa del ’74 contro la Germania – dopo aver incantato il mondo intero come forse prima capitò solo alla “squadra d’oro” dell’Ungheria e al Grande Torino – e quella segnata del ’78, contro l’Argentina di Passarella (e dei generali). Se vi eravate riproposti prima o poi di conoscere i protagonisti arancioni di quella Rivoluzione, oggi diventata quasi un marchio storico di quel periodo e anche di una certa atmosfera propria di quegli anni, questa è l’occasione giusta. E se alla fine vi resterà quella simpatia che si riserva agli sconfitti meritevoli, almeno potrete consolarvi, leggendo anche il racconto della vittoria agli Europei dell’ 88, targata sempre Michels, ma firmata da Gullit e Van Basten.
(Se al ritorno dal viaggio letterario vi rimarrà un retrogusto d’ Olanda, potrete sempre ricevere le cartoline dal campionato di Eredivisie di Giorgio Crico, su Mondo Pallone )
“La rivoluzione dei tulipani. Storie e protagonisti di cento anni di calcio olandese” di Alec Cordolcini, Bradipolibri Edizioni.