Tutto pronto, o quasi, all’evento calcistico dell’anno. Più importante di qualsiasi partita giocata da Agosto ad oggi, la finale della Champions League 2012-2013 parla tedesco. Borussia Dortmund e Bayern Monaco si contenderanno, nello storico e suggestivo scenario di Wembley, la coppa dalle grandi orecchie. Dalle grandi orecchie e delle grandi occasioni, che spesso capitano una volta nella vita.
Non una ma varie volte Robben e compagni si sono qualificati per la finalissima. All’atto decisivo, per esempio, un anno fa in Germania la coppa premiò un’inglese. Ora, nella terra di Sua Maestà, sarà per forza Angela Merkel a sorridere, congratularsi coi vincitori, suggellare un anno calcisticamente prestigioso: chi vincerà?
A leggere giornali e tivu, si tratti di media nostrani o stranieri, sarà lotta vera, fra il Bayern non ancora di Guardiola ma già irresistibile, e il BVB ora piacevole sorpresa, assassino di vittime illustri e ricche (Manchester City, Real Madrid), creatura perfetta del creatore Klopp. E verrebbe da parlare di questa gara soprattutto in quanto tedesca, degna rappresentante di un modello in salute, di alto livello, strutturalmente forte.
La verità è una e dice che il calcio tedesco sta bene, gli stadi, gli incassi, le curve piene ma con l’equo canone sui biglietti. E via discorrendo: tanta carne al fuoco, struttura indelebile e duratura, gente che fa le cose per bene.
E poi ecco le dolci rêverie di un passato anche recente, della finale UEFA 1998 dove Parigi parlò italiano (era Lazio-Inter, era il trionfo del Fenomeno), o al 2003, quando Old Trafford fu invasa da italiani sul campo e sugli spalti. Dieci anni passano in fretta, no? Il legno preso da Conte, l’assenza di Nedved (l’arbitro in semifinale doveva sacrificare il giallo per blasone del calciatore?), lo stoico sforzo di Roque Junior.
In termini di spettacolo propriamente detto, non il migliore del mondo: 0-0, poche chance, molta tattica. Però nel tempio di Ferguson si sfidavano Lippi e Ancelotti, Del Piero e Shevchenko: la Serie A era in salute, come lo era la Liga nel 2000 (Real Madrid-Valencia, sembra un secolo fa), o la Premier League ai tempi di Mosca (Stadio Lužniki: Manchester United-Chelsea). A ognuno il suo momento, la Champions League moderna come cartina di tornasole.
Dulcis in fundo, chi scrive conosce un’altra via: guardare la partita e basta. Pizza e pinta, soli o con amici, è pur sempre l’evento calcistico dell’anno. A dirci dove si gioca il calcio migliore, se in Germania, Inghilterra, Spagna, Italia o su Marte, ci pensano già in tanti. Per una volta, godiamocela e stop: evviva il calcio non razionalista, evviva il football delle serate in compagnia.