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Allenatori, via alle grandi manovre

Mourinho di ritorno al Chelsea ormai non è una novità: si era detto già ai tempi dell’esonero di Roberto Di Matteo, con poi varie conferme annunciate lungo i mesi. Quindi: non è una notizia — potrebbe diventarlo se riuscisse a portarsi dietro Cristiano Ronaldo.

Parte quindi il valzer delle panchine: è un valzer, anzi un domino rally. Se si libera il Real Madrid, qualche nome ingombrante dovrà andare a vestire la camiseta blanca, liberando qualche altro posto importante. Esempio più facile: Ancelotti candidato a Madrid, e ricchissimo Paris Saint-Germain a disposizione di qualcun altro, forse Luis Enrique. E qui cominciamo a guardare a casa nostra.

Perché è strano come a Roma, con l’idea di inseguire un progetto costruito attorno a un gioco propositivo fatto con attori giovani, siano riusciti a bruciare prima proprio Luis Enrique, poi Zeman. È uno strano modo di fare: cambiare allenatore per salvare il progetto, dicono. Come se l’uno non facesse parte dell’altro, come se non fossero due cose strettamente collegate. Come se questa mossa avesse senso, ecco.

Pensiamo ancora una volta all’Inter, che sembra sia sempre sul punto di cacciare Stramaccioni. L’arrivo di Mazzarri, per esempio, sarebbe un modo per cercare un nuovo Mourinho. Nel senso che si tratta di un allenatore convinto di sé (anche troppo), che non vuole rimanere simpatico, capace di tirare dritto per la propria strada, e che più volte, pur di difendere la propria squadra, ha innalzato polemiche ad arte (e rivolte un po’ a chiunque). Poi, certo, i due palmarès sono molto differenti, ma l’identikit è quello dell’allenatore da battaglia (magari anche meno preparato tatticamente, ma capace di imprese ritenute impossibili). Semmai, mi sfugge come mai Mazzarri debba salutare la seconda forza del campionato per andare ad allenare una squadra di centroclassifica.

Passiamo poi a Rafa Benítez, per esempio, che da tutti viene ritenuto una seconda scelta, eppure riesce sempre a sedersi dove molti altri non arrivano: lascerà il posto a Mourinho pur dopo aver vinto l’Europa League, ma dovrebbe accollarsi la responsabilità di convivere con De Laurentiis (e lo si poteva capire da tempo). Allegri viene dato lontano dal Milan (malgrado smentite di rito), probabilmente per prendersi la panchina della Roma (in bocca al lupo: la nuova proprietà non ha brillato per costanza, sugli allenatori).

Il punto, in tutto ciò, è: le uniche panchine sicure, a oggi, sembrano essere quelle della Juventus (e pure sul futuro di Conte si ricama sempre) e probabilmente quella della Lazio (Lotito ha un caratteraccio, e magari non avrà gradito il sorpasso romanista all’ultima giornata, però sa di potersi rifare domenica). Persino il Cagliari, malgrado un ottimo undicesimo posto, avrebbe appena dato il benservito a Diego Lopez: le vie di Cellino sono infinite.

Per gradire e per chiudere: a spasso rischia di rimanere addirittura Roberto Mancini. Finita l’esperienza al Manchester City, potrebbe rimanere a guardare per un po’. E a rendersi conto che, nel calcio italiano, tutti questi giri di panca servono solo a cambiare tutto perché nulla cambi. E allora non vale la pena di tornare.