Quando si raggiunge un certo livello, specie nel calcio professionistico, non è più come a scuola; a giustificarti non ci sono più i genitori, pronti a mettere una firma per certificare quel mal di pancia che non ti ha permesso di studiare durante il pomeriggio. Sia chiaro, trovare una persona che abbia studiato più di Andrea Stramaccioni è veramente difficile: il tecnico romano ha sempre dimostrato competenza, sotto tutti i punti di vista.
Il problema è che la pratica è differente dalla teoria, come in ogni ambito. E l’esperienza conta almeno quanto la bravura, specie se le tue interrogazioni si svolgono ogni maledetta domenica, davanti a 50.000 testimoni pronti a fischiarti a ogni minima indecisione. Saper uscire dalle situazioni difficoltà con un colpo di genio spesso non basta, perché a quel punto sei già fregato. Non fa nulla se, in quel di Catania, rovesci lo spogliatoio caricando a mille i tuoi giocatori e riesci a ribaltare il risultato; perché su dieci, una volta ti va bene… le altre nove no.
Ok, su una cosa siamo tutti d’accordo: Andrea Stramaccioni ha avuto la fortuna di sedersi in “tenera età” su una delle panchine più prestigiose d’Italia, ma questo per certi versi ha rischiato di penalizzarlo pesantemente. Sono fortemente convinto che la sua competenza tattica e tecnica sia talmente elevata che riuscirà – prima o poi – a ritagliarsi uno spazio importante nel mondo del calcio; magari mentre l’Inter sarà ancora alla ricerca del suo Mourinho 2.0, un allenatore che a tratti è sembrato più un maestro delle scuole elementari. Già, perché in certe situazioni lo studente deve farsi coraggio, tirare un bel sospiro di sollievo e diventare insegnante di se stesso per trarne vantaggio e imparare la lezione in fretta.
Per altri versi, invece, non è stato decisamente fortunato; in primis per gli infortuni, che hanno dilaniato una rosa che all’inizio dell’anno sembrava fin troppo lunga. Nemmeno gli arbitri lo hanno aiutato, perché qualche decisione sfavorevole nei momenti chiave della stagione è arrivata. Potrebbe fare appello addirittura all’incompetenza della dirigenza, che nel mercato di riparazione gli ha consegnato “fenomeni” quali Kuzmanovic, Schelotto e Rocchi, non propriamente tre su cui costruire la squadra del futuro.
Però basta alibi. Basta davvero. Basta giustificarsi sempre e comunque, quasi fosse ormai l’abitudine a parlare al posto tuo. La verità è che l’Inter, per moltissimi tratti della stagione, ha mostrato un gioco lento e prevedibile indipendentemente dalle assenze, con pochi lampi di genio dovuti alle forti individualità presenti nell’undici titolare. Non mi piace analizzare freddi numeri, ma se questi sono filtrati a dovere possono risultare uno dei pochi metodi efficaci per giudicare l’operato di un allenatore.
L’Inter di inizio stagione ha avuto ottimi risultati: partendo da questa base, però, è impossibile non ricordare la polemica con giornalisti e addetti ai lavori, che definivano la squadra di Stramaccioni “provinciale” perché correva tanto e ripartiva in contropiede, sia che di fronte ci fosse il Milan o il Torino. Però alla fine i risultati gli davano ragione, perché sul campo l’Inter aveva una difesa difficilmente penetrabile e un attacco cinico; tanto è vero che, all’apice della stagione nerazzurra in quel di Torino contro la Juventus, ci volle un errore arbitrale grottesco per far subire gol ad Handanovic. Niente paura, però, perché Strama avrebbe superato anche quell’esame; certo aver iniziato la preparazione un mese prima rispetto agli altri può aver aiutato. Ma le interrogazioni, sino allora, stavano andando alla grande.
Il finale di stagione, invece, è stato tormentato per i motivi detti, ri-detti e stra-detti.
Per questo motivo, nella nostra analisi consideriamo solo il periodo che va dall’inizio di novembre (dopo la vittoria contro la Juventus) alla fine di gennaio: in questo arco temporale, in cui la squadra aveva sì qualche infortunio di troppo ma come qualunque compagine impegnata su tre fronti, l’Inter di Stramaccioni ha raccolto 3 vittorie, 4 pareggi e 5 sconfitte. Le vittorie sono arrivate contro due retrocesse, Pescara e Palermo, e il Napoli di Mazzarri. 13 punti in dodici partite sono un bottino da salvezza o poco più: troppo poco per guadagnarsi la riconferma in una squadra che, seppur in difficoltà, resta sempre tra le più blasonate del nostro campionato.
Non finisce qui però, perché c’è anche spazio per le aggravanti: troppi cambi di modulo, non solo all’interno di una stagione ma anche di una stessa partita. Una cosa che, per l’appunto, può accadere al massimo nel campionato primavera, di certo non in Serie A dove ogni allenatore avversario studia ore e ore di filmati sulla tua squadra.
Stramaccioni non ha mai perso la fiducia di Moratti. Nemmeno ora che è pronto a esonerarlo. Semplicemente gli è sfuggita la situazione di mano, trovandosi in una situazione al momento più grande di lui: difficile dire se Mazzarri sia l’uomo giusto o meno, però di certo si tratta di un allenatore esperto che ha sempre dato un’impronta definita alle proprie compagini. Farà meglio di Stramaccioni? Probabile. Anche per quanto riguarda gli alibi, però, visti i precedenti.