Le Finali degli altri
Comunque vada, alla fine risuoneranno i “prost”. Che i boccali si alzino in Baviera oppure in Renania, il vincitore di questo Derby d’Europa parlerà tedesco.
Ma chi indosserà i panni del favorito?
Una risposta ci sarebbe ma la lasciamo in sospeso, anche perché, visto che parliamo di Bayern Monaco e Borussia Dortmund, la ragion pura teutonica dispensa da timori scaramantici ambedue le squadre – che in attesa di scendere in campo probabilmente prefigureranno più un crescendo wagneriano che un basso profilo propiziatorio – e con l’occhio periferico del Bel Paese, dal nostro trespolo di spettatori non paganti, possiamo adottare una prospettiva vichiana e considerare i corsi e ricorsi storici delle due squadre finaliste.
Ben nove le finali disputate dal Bayern Monaco, con quattro successi festeggiati, ma anche con un primato di cinque sconfitte.
Le prime tre vittorie arrivarono tutte in fila, un magnifico filotto conquistato dal 1974 al 1976, sull’onda di un periodo d’oro per il calcio tedesco, coronato anche dal successo ai Mondiali casalinghi del ’74 e agli Europei del ’72. Franz Beckenbauer, Sepp Maier, Gerd Müller, Uli Hoeness e Paul Breitner (autore dell’unica marcatura tedesca nella storica finale mondiale del Bernabeu, vinta dall’Italia per 3 -1 nell’ 82) costituivano l’ossatura di una squadra che seppe dar seguito all’imperativo categorico di vincere contro Atletico Madrid, Leeds e Saint-Etienne.
Ma già nell’ 82, le cose andarono diversamente e il favorito Bayern Monaco di Kalle Rummenigge si piegò di fronte all’Aston Villa del talentino, mai del tutto esploso, Gary Shaw.
Ancora peggio andò ai bavaresi nell’87, quando al Prater di Vienna, il Porto dell’algerino Madjer (il tacco di Allah), dell’imprendibile Paulo Futre – altro talento assoluto, mai del tutto realizzato – e del brasiliano Juary, giocatore passato in Italia da Avellino ed Ascoli e giudicato ormai a fine carriera, andò a conquistare una Coppa dei Campioni che sembrava già impacchettata su un aereo per Monaco.
E forse il Bayern non partiva favorito, ma certamente si sentiva già in tasca la Coppa, almeno una volta giunti al 90°, quando in una delle più belle finali di tutti i tempi, il Manchester United di Ferguson e Beckham ribaltò nei minuti di recupero lo 0 – 1, grazie alle reti di Sheringham e Solskjaer.
Dopo tre vittorie e tre sconfitte, il Bayern riuscì a portare a casa nuovamente il trofeo nel 2001, nella finale giocata a Milano, superando il Valencia, anche se solo grazie ai calci di rigore.
Più recenti le sconfitte del 2010, contro l’Inter di Mourinho e nel 2012 contro il Chelsea di Di Matteo. Ambedue con Robben in campo, grande giocatore che tuttavia, considerando anche la finale mondiale persa con la maglia dell’Olanda, non sembra esattamente baciato in fronte dalla sorte.
Quanto al Borussia Dortmund, la storia è più semplice: una sola finale di Champions disputata, ma vinta per 3 – 1, proprio a Monaco di Baviera, contro la Juventus di Lippi e contro ogni pronostico.
Correva l’anno 1997, quando il Borussia, le cui maglie in seguito furono tacciate di essere contaminate da un colorante tossico che poteva causare impotenza, impartì un’inaspettata dimostrazione di forza all’ambiziosa squadra di Peruzzi, Deschamps, Zidane, Jugovic, Boksic e Vieri, schierando una formazione assemblata con molti scarti bianconeri: lo stopper Kholer, il terzino Reuter, l’esterno Andy Moeller e il regista portoghese Paulo Sosa, autore di una stagione da fenomeno nel primo anno dell’era Lippi e poi ceduto, in seguito ad un calo di rendimento. Con loro anche Sammer, ex interista che non lasciò in Italia un ricordo indelebile e Riedle, ex centravanti della Lazio, primatista mondiale del salto in alto e inzuccata a seguire.
Fu proprio Riedle a trafiggere per due volte Peruzzi nel primo tempo, prima che Del Piero riaccendesse il lumicino della speranza, immediatamente oscurato dal subentrante Ricken, ragazzo prodigio che all’epoca alternava i compiti in classe di matematica alle partite di Coppa e che infilò il gol del 3 – 1 in meno tempo di quanto non sia trascorso da quando avete letto il suo nome tre righe sopra: al primo pallone toccato, azzeccò il tiro della carriera, che di lì in poi non fu poi così splendente come si preventivava.
Visti i precedenti, percentualizzando le statistiche, contabilizzando le coincidenze astrali e considerando l’influenza delle luci della ribalta sui giovani umori eccitabili, siamo davvero sicuri che il Bayern sia favorito? Magari nel Borussia, c’è qualche talento che vuole godersi questa notte magica, fosse pure per una finale e via.