Nell’anno della decentralizzazione russa in Europa (tra le squadre impegnate nelle coppe lo Zenit, l’Anzhi e il Rubin sono quelle che sono durate più a lungo) il titolo nazionale torna a una squadra della capitale, il CSKA, dopo sette lunghi anni durante i quali il trofeo aveva girovagato tra San Pietroburgo e Kazan.
E’ stato un torneo strano (il primo secondo l’intervallo autunno-primavera), che il CSKA ha saputo tenere in controllo principalmente per due motivi: l’assenza di gare europee infrasettimanali e il regolare andamento con le “piccole”. Se a tutto questo ci aggiungiamo l’autodistruzione delle dirette concorrenti (lo Zenit in autunno, l’Anzhi in primavera), il titolo non poteva far altro che finire meritatamente tra le mani di Slutskiy. Ed è stato proprio l’ex allenatore del Krylya Sovetov uno dei maggiori artefici di questo successo.
Ma non è stata una stagione così tranquilla per quelli dell’armata rossa. In quest’annata si possono individuare tre momenti abbastanza critici:
1) Luglio-Agosto: l’inizio del CSKA è tutt’altro che positivo; i rossoblu stentano nelle prime giornate, battendo soltanto grazie a un indecisione di un distratto Salata il Rostov in casa e tracollando abbastanza clamorosamente in casa dell’Amkar e con lo Zenit (sempre col punteggio di 3-1). E’ il periodo più difficile del 2013, Slutskiy rischia tantissimo (lo ha ricordato lui stesso dopo la festa “scudetto”, “dopo la sconfitta con lo Zenit ero già pronto ad andarmene”). L’incredibile eliminazione in Europa League con l’Aik Solna (0-2 in casa dopo aver mancato una moltitudine di occasioni da rete) è il punto più basso per i moscoviti, considerando anche un cammino da testa di serie gettato al vento. Il presidente Giner però decide di tenere Slutskiy e dare fiducia a questo gruppo. Scelta che si rivelerà poi azzeccata.
2) Novembre-Dicembre: i ragazzi dell’armata rossa sfruttano al meglio il settembre nero dello Zenit (che prima dell’arrivo di Hulk e Witsel era in vetta nonostante un calendario terribile e un sacco di assenze pesanti) e si portano al comando del campionato, cedendo soltanto nel derby con la Dinamo. In una settimana, però, il CSKA deve affrontare sia Zenit che Anzhi fuori casa, e il risultato non è quello sperato. A San Pietroburgo Slutskiy e soci si salvano grazie alla mancanza del pubblico Sinye-Belo-Golubye sugli spalti, pareggiando con un rigore quantomeno dubbio di Elm. Ed è proprio lo svedese uno dei trascinatori dei campioni di Russia. L’altra trasferta, a Makhachkala, è un assolo di Eto’o e compagni, e il CSKA non può far altro che assistere alla sua quarta sconfitta stagionale.
3) Aprile: il vantaggio sullo Zenit è abbastanza importante, otto punti, ma in tre giornate si riduce fino a 3. Il calendario mette in fila incontri complicati con Dinamo, Spartak e Rubin. I due derby si concludono entrambi in parità, con lo Spartak acciuffato soltanto con un rigore di Vagner Love (che ne aveva già sbagliato uno nella stessa sfida) in pieno recupero; a Kazan invece il CSKA si dimostra poco solido con le “big”, e permette allo Zenit di avvicinarsi ulteriormente
L’ufficiosità del successo arriverà poi dopo il roboante 4-1 in casa della Lokomotiv, che coincide con l’avventato pari dello Zenit a Rostov. Per l’ufficialità basterà attendere una settimana e lo 0-0 col Kuban Krasnodar.
Chi sono stati i protagonisti di questa grande cavalcata? Come detto Slutskiy, e qui va un plauso anche a Giner che l’ha tenuto nonostante il sopracitato catastrofico inizio, ha dato continuità al suo lavoro, che aveva già portato il CSKA alla vittoria in coppa di Russia (2011) e agli ottavi (2012) e ai quarti (2010) di Champions League. Slutskiy e il CSKA sono il connubio perfetto post Gazzaev, risultato di un’intesa che Zico prima e Juande Ramos poi non avevano avuto. E poi ci sono gli acquisti mirati di una società brava a gestire in maniera oculata le risorse e a cedere i suoi big per cifre ragguardevoli (vedi Jo nel 2008 e Zhirkov nel 2010). I nuovi arrivati hanno lasciato il segno: si pensi a Rasmus Elm, centrocampista svedese prelevato in estate; visione di gioco, qualità e gol. E’ stato lui il crack della stagione. Mati Fernandes si è rivelato un acquisto azzeccatissimo, e pure Wernbloom e Cauna hanno dato il loro contributo alla causa. E poi a gennaio è arrivato anche Vagner Love…
La prolificità di Elm ha salvato nella prima parte di stagione il CSKA: senza Doumbia e Necid, con il solo Musa (giocatore molto volenteroso, rapido, ma spesso confusionario) e con un Dzagoev intento a farsi squalificare per più giornate per la squadra moscovita potevano nascere problemi di natura realizzativa. Nella seconda parte di campionato invece il ritorno di Vagner Love, che ben si è inteso con Musa, ha fornito solamente certezza al reparto offensivo. La retroguardia, composta da colonne del calcio russo come Ignashevich, Berezutskij e Akinfeev, ha patito poco, coadiuvata come detto dall’arrivo del forte laterale cileno Mati Fernandes.
Con la vittoria in campionato il CSKA si è assicurato la fase a gironi della Champions League. A seconda di chi si qualificherà si troverà in seconda o in terza fascia. Riuscirà ad eguagliare i risultati delle scorse annate?