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Benitez: il curriculum del secondo della classe

benitez-juventus“Da qui a cento anni, il Benfica senza di me non vincerà mai una Coppa”. Più o meno in questi termini l’allenatore dei lusitani Bela Guttmann pronunciò la propria maledizione cinquant’anni fa ed effettivamente, con quella di mercoledì sera, sono sette le finali europei perse dalla compagine di Lisbona. Ma forse, nel bilancio esoterico della serata, avrà pesato anche quel “fattore C” che molti riconoscono all’allenatore spagnolo Rafael Benitez, fresco vincitore della Coppa Uefa e già silurato dal Chelsea (secondo una moda europea che vede alzarsi da panchine ancora calde di gloria anche Ancelotti, Heynckes – per lui, comunque vada sarà un successo – e Ranieri).

Uomo scontroso, permaloso e poco incline all’ empatia dionisiaca, Benitez negli ultimi anni ha lasciato dietro di sé code di polemiche e rivalità irrisolte, attirandosi le antipatie dei colleghi, in particolare Mourinho e Ferguson. Eppure, il suo curriculum – quello che Ferguson gli rimproverava di esibire troppo frequentemente, come un “lei non sa chi sono io” proferito ai critici – parla comunque di tanti successi conquistati, sia a livello territoriale che europeo. Ma vediamolo questo curriculum, perché in fondo, sappiamo bene tutti che è facile scrivere “inglese fluente”, salvo poi balbettare all’interlocutore di turno “can you repeat?”.

Ripercorrendo la carriera di Benitez, il primo successo arriva con la promozione nella Liga dell’Extremadura, regione famosa soprattutto per gli allevamenti suini e i pregiati prosciutti. E forse sarà stato proprio durante quei festeggiamenti che Ràfa ha arrotondato gli angoli della pancia, non certo del carattere.
Ma è nel Valencia che Benitez acquista notorietà e consenso e inizia la sua avventura da… secondo della classe. Ereditata da Cuper una squadra che aveva stupito l’Europa con un gioco fatto di corse (fin troppe corse, stando alle voci sul doping) e campioni rivenduti a carissimo prezzo (i vari Mendieta, Farinos, Gerard, tutti floppati appena fatti due passi fuori dal Mestalla), Benitez porta a Valencia il titolo del 2002, bissandolo nel 2004, anno in cui conquista anche la sua prima Coppa UEFA.

Poi, la lunga avventura al Liverpool, dove prende in mano una squadra a lungo guidata da Houllier. Alla prima stagione, Benitez riporta dopo vent’anni il Liverpool sul tetto del mondo, nella storica notte di Istanbul, rimontando tre gol al Milan e imponendosi, anche con un po’ di fortuna, ai rigori. Nella stagione successiva, mentre il rendimento sulla lunga distanza del campionato non è esaltante, ecco arrivare altre tre esperienze da annotare sul palmares dei Reds e sul curriculum di Benitez: i successi insulari in FA Cup e nel Community Shield, quello europeo della Supercoppa UEFA. Quando non restano che pallide braci del ciclo con i Reds, Benitez cambia aria e campionato.

Ed eccoci all’esperienza con l’Inter. Questa volta il predecessore è Josè Mourinho, artefice del Triplete nerazzurro, allenatore al quale i giocatori sono ancora molto legati. Benitez stenta a legare con i giocatori, vive nell’ombra di un fantasma e la sua opera è messa in discussione dai giocatori stessi, che non ne riconoscono l’autorità e finiscono per contrastarlo (come fu con Materazzi) o anche per irriderlo, secondo quanto si mormora circa il contenuto degli sms scambiati con Mou. Benitez resta poco a Milano, ma ha l’occasione di disputare tre finali: quella italiana di supercoppa, vinta contro la Roma, quella di Supercoppa UEFA, persa contro l’Atletico Madrid e quella della Coppa del Mondo per Club, vinta contro i congolesi del TP Mazembe (che va detto, non erano proprio un Dream Team). Altre due righe sul curriculum, Benitez aggiunge, saluta e se ne va.

Poi l’esperienza con i Blues del Chelsea, dove ancora una volta deve fare i conti con un predecessore, Roberto Di Matteo, vincitore della precedente Champions. Tra i fischi e l’ostilità del pubblico nemico-amico, Benitez sembra navigare a vista, esce dall’Europa che conta e si acciglia sempre di più. Fino al colpo di coda finale, con il piazzamento in Champions League e la conquista della UEFA. Il curriculum si allunga.

Oggi Benitez è libero e se avesse voglia di ritentare l’avventura italiana, forse qualche possibilità ci sarebbe. Magari alla Roma, dove il fantasma di Andreazzoli potrebbe non incutere tanta paura o al Napoli, dove potrebbe rimpiazzare un allenatore che pure non ha la fama di simpaticone. Due squadre che ripartiranno con obiettivi diversi, ma che hanno l’esigenza di superari i propri limiti, di contesto (come la Roma) o di esperienza internazionale (come il Napoli). In fondo, alla fine Benitez ha dimostrato che l’inglese lo sa parlare e l’ Europa, se ci fosse bisogno di ripeterlo, parla quella lingua. Sia mai che ci scappasse anche qualche altra riga per il curriculum di Rafa.