La Libreria di MP: “I piedi dei Soviet. Il futból dalla Rivoluzione d’Ottobre alla morte di Stalin” di M. A. Curletto

Sono sempre esistiti forti legami tra regimi totalitari e sport. Non fa eccezione nemmeno l’Urss del periodo stalinista, conscia dell’enorme potenzialità del futból in termini propagandistici.

Mario Alessandro Curletto analizza la storia del calcio sovietico partendo dal periodo precedente alla Prima Guerra Mondiale – e quindi antecedente alla Rivoluzione. Il percorso è per certi versi simile a quello vissuto in altri paesi: organizzazione di campionati prima su base cittadina e poi estesa a tutto il territorio, istituzione di una rappresentativa nazionale, passaggio da dilettantismo a professionismo. Proprio quest’ultimo punto riveste un’importanza fondamentale: i calciatori erano spesso (se non sempre) legati a un’industria, quindi svolgevano l’attività di calciatore dopo l’orario di lavoro. L’avvento del professionismo era osteggiato, in quanto espressione dell’ideologia borghese occidentale. La ritrosia sovietica ha però dovuto cedere alla creazione di un campionato e una coppa su base nazionale, unica via per competere con le squadre straniere.

L’avvento della Seconda Guerra Mondiale sconvolge il panorama calcistico sovietico, ma si continua a giocare persino durante l’assedio portato dai tedeschi. Durante questo periodo viene disputato un match destinato a entrare nella storia, la cosiddetta partita della morte tra prigionieri sovietici e una selezione nazista. Tenutasi il 9 agosto 1942 a Kiev, di essa è difficile stabilire con esattezza i fatti: le varie fonti infatti divergono su diversi punti, cambiando il numero di morti e le circostanze.

Il secondo dopoguerra segna l’entrata dell’Urss nella Fifa: il massimo organismo calcistico mondiale non riconosceva infatti L’Unione Sovietica, a cui era preclusa ogni attività ufficiale in anmbito internazionale. La prima grande occasione fu la disputa delle Olimpiadi di Helsinki nel 1952. Il messaggio indirizzato ai giocatori e al selezionatore, Boris Arkad’ev, era molto chiaro: bisognava vincere. La corsa sovietica si interruppe però contro la Jugoslavia – una gara particolarmente sentita, visto il dissidio politico tra le due potenze. I sovietici furono autori di una vera e propria impresa, pareggiando 5-5 dopo essere stata in svantaggio di quattro reti; la ripetizione però premiò la selezione jugoslava. La sconfitta portò a una severa reazione dell’Urss, che aveva chiesto ai propri giocatori la vittoria.

“I piedi dei Soviet. Il futból dalla Rivoluzione d’Ottobre alla morte di Stalin” di M. A. Curletto, il melangolo