Guarire è possibile: la storia di Giacomo “Jack” Sintini

A volte, nella vita, capitano cose che ti obbligano a fermarti. Che ti obbligano a fermarti e a combattere. A tirare fuori il meglio di te, quel meglio che non sai nemmeno di avere, quel meglio che ti rende, nel momento della vittoria, una persona diversa. Forse anche migliore.

Una di queste cose è capitata a Giacomo Sintini, per gli amici e per gli appassionati della pallavolo Jack. Nel giugno del 2011, dopo una stagione spettacolare a Forlì, decide di andare a giocare in Polonia. Raggiunge un accordo con lo Jastrzębski Węgiel allenato da Lorenzo Bernardi (e chi conosce la pallavolo avrà avuto un sussulto a sentire questo nome) e prepara le sue valigie. Tutto è pronto. E lì, proprio a lui, succede quella cosa che ti obbliga a fermarti.

La cosa per Jack ha un nome non molto lungo ma che, al momento stesso, suona dannatamente spiacevole: tumore al sistema linfatico. Una di quelle cose che ti stendono, che ti obbligano a fare resoconti, che ti fanno crollare addosso anni di progetti e di certezze per il futuro. Una di quelle cose che ti distruggono fuori, ma soprattutto dentro. Una di quelle cose che ti obbligano a combattere, perché con un tumore o vinci o perdi, non ci sono altre vie d’uscita.

E Jack, da grande sportivo quale è, accetta la sfida. E comincia a lottare. I suoi sono mesi duri, intensi, più stancanti di qualunque allenamento a cui si era mai sottoposto prima perché, in questi casi, l’allenatore è uno di quelli peggiori sulla piazza: ti chiede il massimo, ti spreme come un limone e tu ti alleni rispondendo colpo su colpo, ma non sapendo se giocherai ancora un’altra partita.

Ma Jack lotta, lotta e alla fine vince, vince come solo un grande sportivo sa fare. Vince e decide di tornare a fare la cosa che sa fare meglio, ovvero giocare a pallavolo. Si allena e quasi un anno esatto dopo la notizia del tumore, l’8 maggio del 2012, ottiene l’abilitazione medica all’attività agonistica. L’Itas Trentino gli offre un contratto come riserva del palleggiatore titolare Raphael al posto del partente Łukasz Żygadło, e Jack accetta. Gioca poco perché Raphael è fortissimo e la squadra gioca bene, ma lui non si lamenta perché è tornato nel suo mondo, è tornato a fare la cosa che sapeva fare meglio, è tornato da vincente, prima che nel mondo della pallavolo, nella vita. E la squadra lo ripaga, vincendo la Coppa del Mondo per club e la Coppa Italia ed arrivando in finale Scudetto contro Piacenza.

E lì succede un’altra di quelle cose che ti obbligano a fermarti e a combattere: in gara 4 Raphael, il fortissimo palleggiatore, si fa male. Il mister chiede a Sintini se se la sente di giocare. Lui, senza neanche pensarci due volte, accetta ed entra in campo con quel carattere che solo una persona che ha sconfitto un tumore conosce. I compagni lo sentono e si caricano. Trento in gara 5 va al tie-break, soffre dannatamente ma vince 3 set a 2, vince il terzo scudetto della sua storia e vince con Sintini, che viene nominato, come nei migliori “happy end” che si rispettino, MVP della partita.

Voglio terminare questo articolo con la dedica che Giacomo “Jack” Sintini ha fatto alla fine della partita con Piacenza. Dedica che, per me, dice davvero tutto: Dedico questo successo a mia moglie, a mia figlia, a tutta la mia famiglia, ai medici che mi hanno curato, agli amici e a tutte le persone che mi sono state vicine durante il mio periodo difficile. Spero che questo successo possa essere un messaggio ulteriore per le persone che stanno male e che cerco di aiutare tramite l’Associazione che ho creato: il messaggio che vorrei lanciare ancora una volta è che guarire è possibile, bisogna crederci, credere che è possibile rialzarsi. Un ultimo grazie lo vorrei dare al mondo della pallavolo che mi è sempre stato vicino facendomi sentire il suo sostegno”.

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Stefano Pellone